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Poroshenko: “la tregua regge”. Sull’Ucraina aumenta il dissenso tra Ue e Usa

Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha parlato oggi di un “reale” cessate il fuoco in Ucraina, dopo ventiquattr’ore senza scontri armati per la prima volta dopo sette mesi. “Non potete immaginare quanto questo sia importante per me. È la prima volta che non mi annunciano che un soldato ucraino è stato ucciso o ferito durante la notte. Ma tutto resta molto fragile”, ha dichiarato l’oligarca nel corso di una visita ufficiale in Australia.

Teoricamente la tregua è in vigore dal 9 dicembre scorso, ma ieri tre soldati ucraini erano stati uccisi e otto feriti in diversi combattimenti nell’est del paese assediato dall’esercito e dai battaglioni punitivi di estrema destra o al servizio degli oligarchi che si sono impossessati del potere a Kiev con il golpe del febbraio scorso.
Ieri mattina un portavoce del governo ucraino, Andriy Lysenko, aveva affermato che nelle 24 ore precedenti erano state segnalate ben ventidue violazioni della tregua. “I terroristi stanno violando gli accordi e continuano a sparare sulle posizioni dell’esercito ucraino e sui civili. Sono usati tank e colpi di artiglieria, ma le nostre forze non hanno risposto” si era vantato Lysenko. Poco dopo però era arrivata la notizia che le milizie popolari della Repubblica di Donetsk aveva cominciato a ritirare l’artiglieria pesante dal fronte. “La milizia ha iniziato a ritirare le unità di artiglieria con calibro più grande di 100 millimetri nel sud della Repubblica”, ha detto Denis Pushilin, rappresentante del “consiglio del popolo” della Repubblica di Donetsk.
Intanto da Mosca proprio ieri arrivava la notizia che solo nelle regioni sudorientali dell’Ucraina, da quando nello scorso aprile l’esercito ha lanciato la cosiddetta operazione antiterrorismo contro le province ribelli del Donbass – bombardamenti dal cielo e d’artiglieria, assalti armati e blocco economico – sarebbero ben 5000 i civili morti e 10 mila quelli rimasti feriti. A fornire le terribili cifre è stato il Comitato russo d’inchiesta formato dal parlamento di Mosca che ha elevato assai il conteggio ufficiale delle vittime civili del conflitto. Secondo i conteggi resi noti dalle Nazioni Unite infatti l’insieme delle vittime in tutto il paese dal golpe in poi sarebbe vicino alle 5000 persone, tra militari e civili di entrambi gli schieramenti, ma il bilancio ufficiale è stato più volte criticato in quanto calcola soltanto i caduti ammessi dalle autorità di Kiev e delle Repubbliche Popolari che, per motivi opposti, tendono a ribassare il vero numero di morti. La commissione russa ha aperto intanto più di 30 inchieste penali nei confronti delle autorità civili e militari ucraine responsabili di stragi, bombardamenti, rapimenti e uccisioni di operatori umanitari e giornalisti. Ventitré fascicoli chiamano in causa direttamente rappresentanti delle forze di sicurezza e dell’esercito ucraini, ha precisato Aleksandr Dyrmanov, direttore ad interim del Dipartimento investigativo di Mosca. Tra i reati ipotizzati: utilizzo di armi proibite, rapimenti anche di bambini, genocidio, uccisione di civili inermi, compresi alcuni cittadini russi.
Mentre nel Donbass assediato con l’arrivo della neve le condizioni della popolazione sono ulteriormente peggiorate, l’economia di Kiev continua a crollare. Secondo quanto riferito dal Finan­cial Times il governo Yatseniuk avrebbe chie­sto urgentemente al Fmi ben 15 miliardi di dol­lari per evi­tare il col­lasso defi­ni­tivo mentre il G7 deve decidere se concedere a Kiev un ulteriore aiuto di 4 miliardi di dollari. Nonostante il feroce taglio della spesa pubblica già operato dall’esecutivo nazionalista le casse dello Stato sono vuote e il potere di ricatto della Troika Ue e del governo degli Stati Uniti diventa sempre maggiore.
E più aumenta il potere delle potenze straniere in Ucraina e più cresce la competizione tra Washington e Bruxelles per il controllo del paese, emerso già nei giorni scorsi a proposito dell’ingresso nella Nato di Kiev. Una priorità per gli Stati Uniti, uno scenario da rimandare “sine die” per l’Unione Europea già preoccupata dal fatto che il nuovo esecutivo ‘nazionalista’ ospita ben tre ministri stranieri – un lituano, una statunitense e un georgiano – e vari funzionari provenienti da altri paesi, di fatto espressione degli interessi statunitensi. “Il mini­stro degli esteri tede­sco Frank-Walter Stein­meier ha detto a Der Spie­gel che, dell’Ucraina nella Nato, nean­che a par­larne e per la Ue, Kiev ha davanti un lungo lavoro di moder­niz­za­zione «di alcune generazioni»” ricordava Fabrizio Poggi su Il Manifesto di ieri. Ma nell’agenda del governo Yatseniuk l’abolizione da parte del parlamento dello status di paese militarmente neutrale, condizione per l’ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica, sembra una priorità. E la notizia che il Pentagono starebbe pensando alla possibilità di riposizionare alcuni missili nucleari da crociera in Europa per contrastare la “minaccia russa” la dice lunga sul clima che si respira da quelle parti.

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