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Ancora accuse alla Turchia: sostiene l’Isis e compra il “suo” petrolio

Nuove polemiche e accuse contro il governo turco per il suo sostegno con gli islamisti radicali dello Stato Islamico. A puntare nuovamente il dito contro il governo del Partito Giustizia e Sviluppo di Erdogan e Davutoglu è il giornale turco Bir Gün secondo il quale sono emerse nuove prove sul coinvolgimento delle autorità di Ankara nel sostegno all’organizzazione jihadista. Secondo il giornale «elementi dell’organizzazione continuano a viaggiare liberamente tra la Turchia e la Siria, senza che il governo turco del Primo Ministro Ahmet Davutoglu prenda misure per fermarli» nonostante le recenti assicurazioni in tal senso pronunciate dalle massima autorità turche durante una visita del premier britannico David Cameron. Il quotidiano rivela che «un leader dell’Isis, Y. Dursun, arrivato dalla Siria, ha soggiornato per diversi giorni, la settimana scorsa, nel quartiere di Haji Bayram ad Ankara e poi è tornato in Siria senza le che agenzie di sicurezza turche abbiano fatto nulla per fermarlo».

Secondo Bir Gün il comportamento del governo turco ha infastidito Europol che «accusa il governo di Ankara di chiudere deliberatamente un occhio di fronte alle attività dell’Isis in Turchia, dove i cittadini di questo paese continuano ad aderire all’organizzazione, e si permette un flusso continuo di combattenti tra la Turchia e la Siria». Non solo. Il quotidiano di sinistra accusa anche il governo liberal-islamista turco di aver forzato nel paese “una trasformazione culturale” delle nuove generazioni orientandole ad una versione radicale dell’islamismo che favorisce il reclutamente dell’Isis in Turchia.

Nel frattempo accuse durissime nei confronti di Erdogan e Davutoglu giungono anche dall’Iraq, dove il ministro delle Finanze (ed ex Ministro degli Esteri) Hoshyar Zebari ha di fatto puntato il dito contro le autorità di Ankara, colpevoli di permettere ai jihadisti di contrabbandare e vendere il greggio rubato Iraq e in Siria. “I mercenari estremisti controllano una serie di giacimenti del greggio in Siria e in Iraq e che contrabbandano questo petrolio via terra, attraversando la Turchia o altri paesi confinanti”, ha detto Zebari nel corso di un’intervista con Al-Jazeera. “L’Isis, con un patrimonio netto stimato di 2 miliardi di dollari, é tra le più riccche organizzazioni terroristiche del mondo”, ha proseguito Zebari secondo il quale “i militanti hanno ricavato circa 500 milioni di dollari dalla vendita del petrolio di Mosul, Tikrit e altre città irachene”. Intanto il governo iracheno sta per approvare una nuova legge per punire chi fa affari con gli estremisti dell’Isis. A dare la notizia è stata per prima l’agenzia di stampa Bas News secondo la quale il disegno di legge punirà le persone accusate di impegnarsi in contrabbando di petrolio con i militanti dell’Isis. Secondo un rapporto, elaborato dalla commissione d’inchiesta e presentato alla leadership parlamentare dell’entità curda dell’Iraq del Nord, ben 15 esponenti curdi al momento sono stati arrestati per il reato di contrabbando di petrolio con organizzazioni terroriste e diverse altre persone sono sotto inchiesta. La BasNews, citando Firsat Sofi, un membro del comitato del commercio del Petrolio, ha annunciato che un gruppo di parlamentari hanno chiesto alla leadership parlamentare del Kurdistan iracheno di approvare una legge che punisce contrabbandieri di petrolio nella regione del Kurdistan dopo che una legge simile è stata già approvata in altre parti dell’Iraq.
Per quanto riguarda la Siria, l’Isis trasporta ogni giorno il petrolio estratto dalle riserve della regione di Raqqa, da tempo sotto il loro controllo, in territorio turco dove poi il greggio viene venduto. 

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