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La Troika fa campagna contro Syriza, ma Bce e Merkel trattano con Tsipras

In un clima di forte polarizzazione e di duri confronti politici è iniziata oggi in Grecia, ufficialmente, la campagna elettorale per le elezioni generali anticipate. Il premier greco Antonis Samaras è stato ricevuto questa mattina dal Presidente uscente della Repubblica Karolos Papoulias per decidere le questioni di carattere tecnico – lo scioglimento del Parlamento e la data delle elezioni – secondo quanto prevede la Costituzione greca. Oggi stesso Papoulias dovrà firmare il decreto presidenziale per lo scioglimento del Parlamento e fissare la data delle elezioni che secondo quanto annunciato dal premier si dovrebbero tenere il 25 gennaio prossimo.

Ieri Samaras, parlando ai ministri del governo bocciato dal voto parlamentare di ieri sul successore di Papoulias, durante l’ultimo Consiglio dei ministri, ha invitato tutti “a fare il loro dovere” e ha voluto ricordare che “la Grecia si trova molto vicino alla salvezza definitiva, ma potrebbe anche entrare in una nuova avventura mai conosciuta sinora. Se il popolo fa la scelta giusta – ha aggiunto Samaras – il populismo questa volta sarà sconfitto definitivamente”.
Insomma un invito ai suoi collaboratori a non risparmiarsi in una campagna elettorale che si annuncia assai combattiva e la rivendicazione di un risultato – aver traghettato la Grecia fuori dalla crisi nonostante i duri sacrifici sopportati – che nella realtà non corrisponde ai fatti concreti.
Da parte sua il vice premier Evanghelos Venizelos, leader del Pasok (socialisti) che insieme a Nea Dimokratia di Samaras sostengono il governo di coalizione uscente, ha addebitato esplicitamente ai parlamentari di Chysi Avgi (il partito nazista) quella che ha definito “l’interruzione artificiale della legislatura”. “Ci troviamo di fronte ad un ricatto delle istituzioni con l’aiuto del partito di Chrysi Avgi – ha detto Venizelos – Si tratta di un’interruzione artificiale della legislatura avvenuta contro la volontà del popolo greco”. In realtà lo stesso candidato governativo Dimas aveva affermato nei giorni scorsi che se fosse stato eletto anche in virtù dei voti positivi dei parlamentari di Alba Dorata – otto dei quali, in carcere, sono stati condotti temporaneamente in aula per il voto di ieri mattina a bordo dei cellulari della polizia – avrebbe rinunciato all’incarico. Semmai il fatto politico che Venizelos si è ‘dimenticato’ di segnalare è che a favore dell’ex commissario europeo ed ex ministro conservatore hanno votato due deputati passati da Alba Dorata al gruppo degli indipendenti, accolti da minacce e sputi da parte dei loro camerati.
Toni apocalittici e ultimativi quelli dei due leader della maggioranza che hanno a disposizione poche settimane per convincere i greci a non mandare a casa la maggioranza che ha governato finora il paese sotto dettatura di una troika che partecipa anch’essa alla campagna elettorale con esternazioni quanto mai invadenti.
A ben vedere la Commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale sono già entrati nel dibattito elettorale con tutto il loro peso, nel tentativo di frenare un possibile spostamento a sinistra del panorama politico. Ad esempio il FMI, per bocca del suo portavoce Gerry Rice, ha emesso un comunicato in cui annuncia la sospensione del programma di salvataggio di Atene – la concessione di nuovi prestiti – finché non sarà possibile trattare con il nuovo governo uscito dal voto di fine gennaio. Inoltre il commissario europeo agli Affari Economici, Pierre Moscovici, ha esplicitamente avvertito che “un massiccio appoggio tra i votanti e i leader politici al necessario processo di riforme dirette a migliorare la crescita sarà essenziale per la Grecia”. Al tempo stesso la Commissione Europea ha incitato i cittadini e i politici ellenici a mostrare un forte impegno nei confronti dell’UE e delle riforme ‘suggerite’ da Bruxelles che prevedono più libertà di licenziamento per le imprese private e l’amministrazione pubblica, un ulteriore taglio a pensioni e salari, più privatizzazioni.
L’Eurozona, sotto la spinta di Berlino, ha concesso ad Atene una estensione del periodo di salvataggio fino alla fine di febbraio ed in parallelo ha prorogato la disponibilità dei buoni del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria nella riserva del Fondo di Stabilità Finanziario Greco utilizzata per ricapitalizzare le banche elleniche. La proroga si è resa necessaria dal momento che l’intervento europeo sarebbe scaduto il 31 dicembre, data dopo la quale la Grecia sarebbe rimasta senza il sostegno finanziario degli altri membri dell’Ue e di fronte al mancato accordo con i creditori internazionali su una ulteriore tranche di ‘aiuti’ da parte della troika si sarebbe trovata con le casse vuote. Una ‘rottura’ che Berlino e soci si sono premurati di evitare, concedendo per l’appunto una proroga che costituisce un formidabile tema di ricatto nei confronti della società greca in vista del voto del 25 gennaio che le istituzioni politiche ed economiche continentali si prefiggono esplicitamente di condizionare.
Infatti la chiusura a febbraio del 2015 dell’attuale revisione del piano di salvataggio costituisce una ‘precondizione’ per lo stanziamento finale, così come per qualsiasi altro credito ad Atene da parte dell’Eurogruppo.
Il leader della principale forza di sinistra del paese, cosciente del ruolo che il ricatto e le istituzioni europee avranno in una campagna elettorale che di fatto rappresenta un referendum pro o contro la sudditanza del paese alla troika, tenta di mandare all’elettorato messaggi rassicuranti. “Con la mancata elezione del presidente della Repubblica, il popolo greco ha vinto una battaglia. Ora il popolo ha l’esperienza, la conoscenza e la scelta nelle sue mani. Potrà scegliere la strada dei memorandum oppure quella della salvezza sociale” ha affermato Alexis Tsipras.
Se dovesse vincere Nea Dimokratia – ammesso che riesca a formare un governo – tutto rimarrebbe come negli ultimi anni, anche se forse l’Unione Europea potrebbe essere incitata comunque ad allentare un poco la corda di Atene per evitare di strozzare il paziente.
Ma se dovesse vincere Syriza e il partito di sinistra fosse in grado di trovare alcuni partner per formare un governo alternativo non è detto che lo scenario sarà quello di uno scontro frontale tra Atene e Bruxelles.

Negli ultimi mesi una delle attività principali di Alexis Tsipras è stata quella di accreditare il partito nato da una coalizione tra gli ex comunisti del Synaspimos ed altre realtà di sinistra come una forza responsabile presso la politica, i media e l’imprenditoria continentali. Il che, lo abbiamo visto in queste settimane, non ha evitato che i mercati finanziari accogliessero con un tonfo lo scioglimento del parlamento e la sconfitta dell’attuale maggioranza di governo.
Ma secondo vari analisti se da una parte Tsipras e i suoi accentuano la moderazione del programma di un eventuale governo presieduto da Syriza anche dall’altra parte si tendono ponti con coloro che potrebbero sostituire Nea Dimokratia e il Pasok alla guida del paese. Ciò che spaventa di più l’establishment europeo, in fin dei conti, non è un governo socialdemocratico in uno dei Pigs – anche se certamente su alcune delle misure concrete la distanza con Syriza è molta – quanto una possibile rottura politica con la sudditanza nei confronti della Troika e dei meccanismi coercitivi messi in campo dall’Unione Europea attraverso i trattati e i memorandum che possa avere un effetto domino anche in altri quadranti del continente.
E così, secondo l’inviata a Berlino della Stampa Tonia Mastrobuoni, Angela Merkel e la Bce avrebbero già iniziato una trattativa con il leader di Syriza e i suoi economisti servendosi in particolare di un economista tedesco. “Lo 007 della partita greca, racconta un’autorevole fonte tedesca, è un brillante economista di 48 anni dal sorriso gentile, con un master alla Bocconi e una reputazione da straordinario mediatore. È stato membro del comitato esecutivo della Bce ma anche consigliere del governo tedesco e viceministro delle Finanze, è uomo di fiducia sia di Mario Draghi, sia di Angela Merkel e Wolfgang Schäuble. In queste settimane di attesa ansiosa dell’ennesima tappa del dramma greco, forse il solo uomo che poteva tentare la «mission impossible», una triangolazione dietro le quinte tra Berlino-Francoforte-Atene per preparare il dopo-elezioni elleniche. Così Jörg Asmussen sta già incontrando in segreto i vertici del partito che uscirà probabilmente vincitore dalle urne: Syriza” racconta la Mastrobuoni.

Secondo la giornalista l’attuale sottosegretario al Lavoro tedesco è volato ad Atene nelle scorse settimane, ma ha anche incontrato gli uomini di Tsipras a Berlino per cominciare a prefigurare uno scenario post-elettorale che non precipiti nuovamente l’Europa nell’incubo del 2012, quando si rischiò la fine dell’euro. 

La campagna elettorale sarà dura, il popolo greco è allo stremo e Tsipras ha costruito il suo consenso sulla promessa di porre fine al giogo imposto dalla troika. Se Syriza chiede ufficialmente una conferenza internazionale su modello di quella dell’inizio degli Anni 50 che abbonò i debiti alla Germania distrutta dalla guerra, ricorda però l’inviata della Stampa, “contrariamente a quanto riportato da innumerevoli cronache, il suo partito non ha mai chiesto di uscire dall’euro, né ha intenzione di fare colpi di testa, nel caso di vittoria elettorale. Anche ieri il suo portavoce, Niko Pappas, ha dichiarato al telefono da Atene che nel caso di un governo Tsipras, la Grecia «non prenderà decisioni unilaterali» e si è detto «sicuro» che «con l’Europa troveremo un’intesa che terrà conto dell’interesse di ambo le parti»”.

I consiglieri di Tsipras starebbero trattando non solo Jörg Asmussen, ma anche un membro dell’attuale comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Nulla di male, naturalmente. A patto però che la promessa di un cambiamento radicale non si riveli una bolla di sapone…

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