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Kiev all’assalto, una disfatta. I libri di scuola rivalutano Bandera

Dopo i pesanti bombardamenti a cui sono state sottoposte nei giorni scorsi le città della regione di Donetsk, insieme al suo capoluogo (solo ieri si erano contati quattro civili uccisi e 12 feriti nella sola Donetsk), oggi è stata la volta della regione di Lugansk a essere pesantemente bersagliata dalle artiglierie e dai sistemi “Grad” e Uragan” di Kiev e, ancora una volta, sono i quartieri cittadini a essere presi di mira.
Nella tarda mattinata sei cadaveri sono stati estratti dalle macerie di un’abitazione civile a Stakhanov, cittadina a sudovest di Lugansk. Colpiti anche gli edifici di tre asili infantili, fortunatamente senza vittime. Non si può proprio dire che le salve dell’esercito ucraino fungano da qualcosa di diverso che non il terrorismo su vasta scala contro la popolazione inerme. Il Presidente della Repubblica popolare di Lugansk, Igor Plotnitskij ha lanciato un appello ai soldati ucraini a unirsi alle milizie e rivolgere le armi contro il governo di Kiev. Lo stesso Plotnitskij ha rivelato che, nel corso dell’attacco condotto in nottata dalle truppe ucraine e respinto dalle milizie, le prime hanno abbandonato sul campo di battaglia oltre 70 militari uccisi.

Più felice invece la sorte di 16 soldati governativi che, feriti nel corso dei combattimenti attorno all’aeroporto di Donetsk, sono stati dalle milizie ricoverati negli ospedali cittadini; tre di essi versano in gravi condizioni. Secondo l’ammissione degli stessi militari, il comando li avrebbe inviati a recuperare camerati feriti, senza avvertirli che tutta l’area è ormai controllata dalle milizie, le quali nei giorni scorsi hanno respinto ripetuti tentativi dei governativi di riconquistare la zona del nuovo terminale (il vecchio si trova da tempo sotto controllo delle milizie) di ciò che resta dell’aeroporto di Donetsk.
Appena ieri, il Presidente della Repubblica di Donetsk Aleksandr Zakharcenko aveva annunciato che i corpi dei soldati governativi morti nella battaglia per l’aeroporto verranno restituiti alla parte ucraina e anche i militari fatti prigionieri saranno consegnati alle famiglie. Nei giorni scorsi, su insistenza del Presidente del Consiglio nazionale di difesa ucraino ed ex speaker della Rada, Aleksandr Turcinov, il presidente Petro Poroshenko aveva gettato l’esercito all’attacco dell’aeroporto di Donetsk. Secondo il vice Ministro della difesa della Repubblica di Donetsk Eduard Basurin, l’improvvisazione e la mancanza di preparazione degli attaccanti avrebbe causato la morte di oltre 200 soldati e il ferimento di altri trecento, oltre la perdita di un’ottantina di mezzi corazzati. Le milizie lamentano la perdita di 16 uomini e il ferimento di oltre 20. Sempre Basurin aveva parlato anche di oltre trenta civili uccisi da raid aerei ucraini (negati da Kiev) su Gorlovka, dove in precedenza si era avuta notizia di due morti, alla fermata cittadina di un autobus.

Intanto, mentre si attendono le conclusioni della riunione a Berlino del cosiddetto Gruppo di Contatto secondo il “formato di Normandia” (Francia, Germania, Russia e Ucraina), in programma per oggi, nessuna novità di rilievo da Kiev, considerando che le ultime notizie seguono perfettamente la linea tracciata da tempo dalle autorità golpiste. Sul fronte del conflitto, il premier Jatsenjuk ha annunciato l’aumento di un terzo delle forze armate ucraine, portandolo nel 2015 a 250mila (66mila più degli attuali) uomini, non lesinando per questo quelle finanze di cui Kiev lamenta sempre la mancanza di fronte alle corti europee. <Il Bilancio 2015 è di difesa e di guerra> ha detto Jatsenjuk; <è una cifra record – 5,7 miliardi di dollari – che supera il 5,2% del PIL>. L’annuncio segue di pochi giorni il provvedimento del presidente Poroshenko sulla prima di tre mobilitazioni per il 2015, con il richiamo di oltre 100mila uomini. Lo stesso Poroshenko, seguendo un cliché ormai noto, ha sostenuto che nei giorni scorsi altri 2mila soldati russi avrebbero attraversato la frontiera con l’Ucraina, portando a oltre 8mila il numero complessivo di truppe di Mosca nella regione del conflitto. Di questo, ma non delle vittime civili dei bombardamenti sulle città della Novorossija, scrivono ovviamente vari media nostrani nei loro quotidiani omaggi alla junta di Kiev la quale, sulla scia del redivivo Stepan Bandera, ha nei giorni scorsi annunciato che sui manuali di storia a uso scolastico, d’ora in poi l’Urss verrà qualificata come “occupante”. Il periodo postbellico sarà definito come “occupazione sovietica”; la Grande guerra patriottica (così veniva definita in epoca sovietica e lo è tuttora in Russia; ma in Ucraina la si reputa una formula “propagandistica staliniana”) diventerà semplicemente Seconda guerra mondiale e l’organizzazione nazionalista fascista OUN-UPA diventerà un “combattente contro il nazismo”. Poco importa che gli attuali continuatori delle gesta efferate – contro soldati sovietici, contro ebrei e contro ucraini stessi – delle truppe di Bandera sventolino oggi proprio le insegne hitleriane. Inoltre, la liquidazione postbellica dei rimasugli di OUN-UPA che avevano collaborato coi nazisti viene definita come “lotta fratricida”. Di seguito, i nuovi manuali non conterranno più la frase “liberazione dagli occupanti fascisti” e al suo posto apparirà la “cacciata degli occupanti nazisti dall’Ucraina”. Si sottintende con ciò che, con la fine dell’occupazione nazista, nel 1944, l’Ucraina non rimase libera, ma si ritrovò a essere occupata da un altro oppressore. Così, i prossimi 8 e 9 maggio, giorni in cui in tutti i Paesi dell’ex Unione sovietica si ricorda la  vittoria sulla Germania nazista, in Ucraina si festeggeranno il “Giorno del ricordo e della pacificazione” e il “70mo della fine della guerra in Europa”. Il finale è che “L’Ucraina è divenuta libera solo il 24 agosto del 1991, con la fine dell’Unione sovietica”.
Ma il vero finale della giunta golpista e delle sorti dell’Ucraina appare oggi tutto da scrivere.

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