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Grecia: Ue, Fmi e agenzie di rating stringono il cappio

I sorrisi e il bon ton dei primi giorni sono scomparsi, e negli ultimi l’esecutivo greco e le istituzioni europee si stanno affrontando a suon di dure dichiarazioni, di accuse e smentite reciproche. L’ultima delle quali riguarda la condizione finanziaria di Atene, drammatica secondo Ue e Fmi, non così grave secondo l’esecutivo ellenico. Esponenti dell’alleanza Syriza-Anel ieri hanno negato di avere problemi di liquidità nel breve termine – rettificando quanto aveva affermato lo stesso ministro dell’economia Yorgos Stathakis – ed hanno affermato di lavorare ad un piano di ampio respiro da presentare all’Eurogruppo straordinario dell’11 febbraio, definito da entrambe le parti come “decisivo”. “In questo lasso di tempo dei negoziati non ci sono problemi. Questo non vuol dire che non ci saranno problemi dopo”, ha detto il vice ministro delle Finanze ellenico Dimitris Mardas all’emittente Mega Tv. E sul medio termine, se non si trovasse un accordo sul nodo del debito ellenico “anche se vi fossero problemi di liquidità, troveremo i soldi”, ha aggiunto. Come, però, ancora non è chiaro (le elevate spese militari, infatti, non dovrebbero essere toccate). La Grecia è alle prese con una corsa contro il tempo perché il piano “prestiti contro riforme” rimandato dall’ex premier Samaras a febbraio scade a fine mese. E siccome il governo Tsipras non vuole implementare le privatizzazioni, i tagli e l’aumento dell’età pensionabile che i ‘creditori’ chiedono in cambio di un nuovo prestito le casse di Atene a marzo rimarrebbero vuote. Per evitare il default il governo ellenico punta ad un ‘accordo ponte’ per un prestito e poter poi negoziare un nuovo piano meno severo, ipotesi però respinta da Berlino e dalla troika. Al Governo ellenico, afferma il ministro delle Finanze Yannis Varoufakis, servono 4-5 miliardi entro luglio per far fronte alle scadenze sul debito e altrettanti per pagare stipendi e pensioni.

Intanto a sostenere l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale arriva Standard & Poor’s. L’agenzia di rating statunitense ha infatti tagliato il rating del debito greco da B a B-, confermando l’outlook negativo, mentre il 14 settembre scorso la stessa  Standard & Poor’s aveva fatto esattamente il passo contrario. La decisione, spiega l’agenzia è una conseguenza della decisione della Bce, che due giorni fa ha deciso di non accettare più i titoli di Stato greci in garanzia dalle banche elleniche. «Sebbene il nuovo governo greco sia in carica da meno di due settimane», scrive S&P, «crediamo che la sua limitata liquidità e l’avvicinarsi delle scadenze sul debito limitino la sua flessibilità nei negoziati» con i creditori. Secondo l’agenzia di rating, «il prolungamento delle trattative con i creditori potrebbe portare a ulteriore pressione sulla stabilità finanziaria» nella forma di prelievi agli sportelli bancari e, nel «peggiore dei casi», «l’imposizione di controlli sui capitali e la perdita di accesso ai finanziamenti da prestatore di ultima istanza potrebbe risultare nell’uscita della Grecia dall’Unione economica e monetaria». La conferma dei rating attuali sulla Grecia potrebbe verificarsi se «i negoziati del governo con i creditori si concluderanno, con flussi di finanziamenti sufficienti per rispettare i suoi obblighi finanziari».
E come se non bastasse ieri il leader dell’Eurogruppo, Dijsselbloem, ha di nuovo minacciato Atene, affermando che il prolungamento del piano di “aiuti” così come strutturato dalla troika dovrà essere firmato da Atene entro il prossimo 16 febbraio, pena il blocco all’erogazione di fondi.
Insomma la situazione non è affatto rosea e per ora non è chiaro come l’esecutivo di Atene intenda affrontare l’emergenza. A confermare l’estrema gravità della situazione è stato lo stesso Varoufakis che nel corso di un’intervista alla trasmissione di Riccardo Iacona, Presa Diretta, ha spiegato: «Nel 2010 lo Stato greco è andato in bancarotta e l’Europa ha risposto concedendo alla Grecia il prestito più grande di tutta la storia», ma «anche un bambino di 8 anni poteva capire che la storia non era destinata a finire bene. Se sei in bancarotta, significa che non sei in grado di ripagare i prestiti che ti sono stati concessi. Non può funzionare. E questo è il motivo per cui la Grecia oggi si trova in uno stato ancora peggiore rispetto al 2010». Ha poi aggiunto Varoufakis: «Ci troviamo in una situazione da vera e propria crisi umanitaria. Ci sono persone che dormono lungo le strade, che hanno fame, persone che avevano posti di lavoro, case, persino negozi, sino a due-tre anni fa e adesso non hanno niente. Noi dobbiamo occuparci di questa crisi, immediatamente, perché non è giusto, perché una capitale europea che vive una crisi umanitaria così grande non ci porterà in una Europa più democratica. Questa è la prima priorità».
A sostenere il governo Tsipras e la necessità di un ‘no’ secco alla Troika – il che suona anche come un avvertimento nei confronti dell’esecutivo affinché rispetti le promesse e non si tiri indietro – giovedì scorso parecchie decine di migliaia di persone hanno manifestato ad Atene, Salonicco ed altre nove città. La più partecipata ovviamente quella di Atene, organizzata dalle strutture di base di Syriza con un passaparola sui social network che ha portato davanti al Parlamento migliaia di persone all’insegna dello slogan «non ci fac­ciamo ricat­tare. Non cediamo. Non abbiamo paura. Non arretriamo» proprio mentre da Berlino e Bruxelles le istituzioni economiche e politiche comunitarie sbattevano le porte in faccia all’esecutivo ellenico.
Altre manifestazioni sono state convocate in tutta la Grecia – ed anche in alcune città europee – per l’11 febbraio, proprio mentre a Bruxelles l’Eurogruppo discuterà l’atteggiamento da tenere nei confronti della Grecia e delle sue richieste di dilazione del pagamento del debito. Per martedì sera invece è in previsione il voto di fiducia del parlamento greco al nuovo esecutivo.

Intanto venerdì scorso il Syriza ha incassato l’elezione di una sua giovane deputata alla carica di presidente del Parlamento ellenico. La 38enne Zoe Constantopoulou, ha avuto un record di preferenza, ben 235 voti a favore su 298 votanti divenendo così il più giovane presidente del Parlamento greco e la seconda donna da sempre a ricoprire l’incarico. Per lei hanno votato i 149 par­la­men­tari di Syriza, i 76 di Nea Dimo­kra­tia, i 17 di To Potami, i 13 di Anel e i 13 del Pasok, mentre contro si sono espressi i comu­ni­sti del Kke e i nazi­sti di Alba Dorata.
Giurista di livello internazionale, l’esponente di Syriza viene descritta come “irriducibile attivista contro la corruzione e a favore dei diritti umani”, è figlia di Nikos Constantopoulos, anch’egli avvocato e uomo politico greco che ha ricoperto in passato la carica di vicepresidente del partito di sinistra Synaspismos, partito che nel 2004 contribuì a formare la Coalizione della Sinistra Radicale (Syriza) insieme ad altre forze ecologiste e comuniste. La stampa ellenica e internazionale ricordano però, non senza calcare la mano, le polemiche e le accuse da parte di alcune aree di Syriza e di collettivi femministi contro l’avvocato che, difendendo un cittadino greco accusato di aver stuprato alcune turiste straniere, era riuscita a rinviare il processo di ben 7 anni per mezzo di richieste procedurali e di eccezione nei confronti dei giudici e del Procuratore della Repubblica, accusati dalla Constantopoulou di “essere di parte”.

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