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Turchia. Prosciolti i medici che curarono i manifestanti di Occupy Gezi

Ogni tanto anche dalla Turchia arriva una buona notizia. Un tribunale turco ha prosciolto oggi alcune decine di medici, incredibilmente denunciati e rinviati a giudizio per aver prestato le loro cure ai manifestanti contro il governo che invasero le piazze turche nel giugno e nel luglio del 2013. La protesta di uno piccolo gruppo di ambientalisti, urbanisti e intellettuali per salvare dalla speculazione edilizia un piccolo parco nel cuore di Istanbul si trasformò, dopo il violentissimo intervento della polizia contro gli attivisti che si erano accampati nel boschetto, in movimento di massa che si diffuse in tutto il Paese contro l’autoritarismo dell’allora premier, oggi presidente, Recep Tayyip Erdogan, contro la speculazione edilizia, contro l’islamizzazione forzata, contro il sostegno di Ankara alle opposizioni islamiche e islamiste in Siria.

Il ministero della Salute aveva denunciato i medici, che avevano organizzato cliniche “da campo” per curare i numerosi feriti causati dal massiccio uso di gas lacrimogeni, di spray urticanti, di idranti, di manganelli e granate stordenti, e si erano rifiutati di dare alle forze dell’ordine informazioni sui loro pazienti. Il ministero aveva anche accusato i dottori di aver supportato dei criminali.
Il tribunale di Ankara ha però oggi deciso il non luogo a procedere dopo aver ascoltato vari testimoni, tra cui due deputati dei partiti di opposizione al governo liberal-islamista e il presidente dell’Ordine degli avvocati turco Metin Feyzioglu. Feyzioglu ha detto ai giudici che il lavoro dei medici ha salvato “centinaia di vite” e i sanitari andrebbero “ringraziati” e non certo “puniti”.
Il sindacato del medici turchi Ttb ha commentato la decisione sottolineando che i medici hanno svolto “il loro dovere etico” di fornire cure ai pazienti salvaguardandone la privacy. “Questa vicenda vergognosa è giunta al termine. Fornire cure al servizio dell’umanità non può essere considerato un crimine”.
Secondo il Ttb otto persone morirono e migliaia furono ferite nella violenta repressione delle proteste da parte della polizia, che non esitò a sparare i lacrimogeni ad altezza d’uomo ed anche ad usare le armi da fuoco contro i manifestanti in alcuni casi causando il ferimento e la morte addirittura di passanti che non stavano partecipando alle proteste.
A gennaio del 2014 il Parlamento turco ha approvato una legge in base alla quale i medici che forniscono cure di emergenza senza autorizzazione sono punibili penalmente, secondo l’opposizione un tentativo di impedire ai dottori di curare chi protesta. E attualmente é in discussione in parlamento, con l’opposizione di tutti i partiti tranne che del governativo Akp, di un nuovo testo legislativo che accresce i poteri della polizia contro i manifestanti e secondo l’opposizione istituisce un vero stato di polizia.
Nei tribunali della Turchia sono ancora in corso processi contro i manifestanti, mentre quelli contro i poliziotti accusati di aver ucciso i manifestanti si stanno rapidamente esaurendo in un generale clima di impunità per gli uomini in divisa. Secondo un rapporto del 2014 di Amnesty International, oltre 5.500 persone sono state messe sotto inchiesta in relazione al movimento di Gezi Park, alcune delle quali semplicemente per aver utilizzato i social network per diffondere le parole d’ordine della protesta.

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