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Escalation tra Stati Uniti e Venezuela

Continua la escalation nei rapporti fra USA e Venezuela. Proprio nel momento in cui a Washington si apre ad una restaurazione dei rapporti diplomatici con Cuba (lasciando quasi completamente intatto il bloqueo), l’imperialismo statunitense inasprisce l’attacco alla Rivoluzione Bolivariana, utilizzando la guerra mediatica ma anche i metodi più classici della destabilizzazione violenta.

A seguito del tentativo di colpo di stato sventato all’inizio di febbraio, che prevedeva il coinvolgimento di alcuni militari e il bombardamento del Palazzo Presidenziale, del Ministero della Difesa, della sede della Banca Nazionale e della sede di Telesur, il Governo venezuelano è passato alla controffensiva: si è deciso un visto obbligatorio per tutti i cittadini statunitensi che intendono viaggiare nel paese caraibico ed è stata stilata una lista di funzionari o ex-funzionari di Washington annoverati fra le persone indesiderate, fra i quali l’ex-Presidente Bush, l’ex-Vice Presidente Cheney, alcuni parlamentari di entrambi i partiti; è previsto, inoltre, il ridimensionamento della pattuglia dei diplomatici statunitensi presenti stabilmente nel paese, che attualmente ammontano a circa un centinaio.

Lo scorso 27 febbraio centinaia di migliaia di venezuelani hanno partecipato ad una imponente marcia in ricordo delle giornate del Caracazo, (cui i dirigenti venezuelani fanno risalire l’inizio della Rivoluzione), una rivolta popolare spontanea esplosa nel 1989 a causa delle intollerabili condizioni di vita nel paese governato dall’oligarchia che venne repressa con ferocia dalle forze di sicurezza che provocarono ufficialmente 300 morti, ma secondo le stime più credibili almeno dieci volte di più. La dura repressione messa in atto dal governo filo-imperialista convinse l’allora Tenente-Colonnello Hugo Chavez ed una cerchia di giovani ufficiali dell’esercito suoi seguaci a pianificare il tentativo di golpe poi fallito nel 1992.
Nel corso della grande manifestazione il Presidente Maduro ha affermato, riferendosi alle misure restrittive decise sull’ingresso degli Statunitensi nel paese: ”Chi viene da noi in pace, sarà sempre il benvenuto, ma non così chi ha calpestato i diritti umani bombardando la Siria, l’Iraq e il popolo vietnamita”, “diversi cittadini statunitensi coinvolti in attività cospirative, fra i quali un pilota che effettuava operazioni di reclutamento”.

La tensione resta alta, con l’opposizione che già annuncia altre marce di protesta; tali manifestazioni solitamente degenerano in attacchi agli edifici pubblici o in situazioni caotiche create da programmati attacchi di alcuni manifestanti o cecchini appostati in alto contro le proteste, allo scopo di incolpare il Governo e creare un terreno favorevole alla legittimazione di un intervento diretto da parte dell’imperialismo con il pretesto di ristabilire l’agibilità politica dell’opposizione e la democrazia. Forte anche il timore dell’infiltrazione di provocatori all’interno delle forze di sicurezza, dopo che alcuni giorni fa un agente di polizia ha ucciso un quattordicenne.
In alcune occasioni sono i dirigenti dell’opposizione stessa che esplicitamente chiedono agli USA di intervenire militarmente contro il proprio paese.
Intanto, per il 5 marzo sono previste una serie di iniziative in ricordo del Comandante Hugo Chavez presso il Cuartel de la Montana di Caracas, dove sono collocati i suoi resti mortali e il museo a lui dedicato, in occasione del secondo anniversario della scomparsa; tali celebrazioni potrebbero rivelarsi foriere di nuove tensioni.

Ieri, il Presidente Maduro ha invitato, attraverso il proprio account Twitter, i “popoli fratelli” a diffondere un video in cui si prova il coinvolgimento dell’opposizione nel piano golpista di inizio febbraio. In tale video, fra l’altro, vengono proposti alcuni audio di intercettazioni telefoniche i quali, appunto, provano il coinvolgimento di politici della destra come Antonio Ledezma, attualmente agli arresti e già responsabile delle repressioni del Caracazo nel 1889, e i soliti Maria Corina Machado e Julio Borges, riapparso nei giorni scorsi proponendo un inverosimile appello al dialogo nazionale; si evidenzia, inoltre, come fosse già stato girato un video da parte dei militari coinvolti per annunciare falsamente l’appoggio delle intere forze armate al golpe tentato a febbraio e fosse già stato preparato un documento firmato dai tre suddetti esponenti dell’opposizione, che avrebbe illustrato il programma del governo golpista “di transizione”. Insomma, il piano era, per certi aspetti, simile a quello che nell’aprile 2002 portò alla destituzione per 48 ore di Hugo Chavez e alla sua deportazione sull’isola La Orcila, mentre nel Palazzo presidenziale “prestava giuramento” un fantomatico “governo di transizione” guidato dal capo degli industriali venezuelani Pedro Carmona Estanga, che pretese di abolire la Costituzione Bolivariana per tornare al regime filo-imperialista precedente, prima di essere spazzato via dalle mobilitazioni popolari che reclamarono il ritorno di Chavez (si veda il documentario “La rivoluzione non sarà teletrasmessa” al link  https://www.youtube.com/watch?v=Gj1bY2hUThI ).

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