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Egitto: la forca torna, le elezioni s’allontanano

Ha sorriso sino alla fine Mahmoud Abdel-Nabi, fin quando la corda è stata stretta attorno al collo e il suo corpo è penzolato senza vita. Gli si contestava l’assassinio d’un uomo nel corso degli scontri scoppiati fra fazioni opposte durante la rivolta anti Mursi del luglio 2013. L’impiccato, in una prima fase del processo additato quale militante della Fratellanza Musulmana, è risultato un islamista radicale ed è stato inchiodato da un video che lo mostra gettare un avversario dal tetto d’una casa di Alessandria, dove gruppi di contendenti si stavano scontrando. Sembra che Abdel avesse agganciato ai pantaloni un drappo di Al-Qaeda, sembra ma nessuno lo conferma. Altri attivisti arrestati con lui hanno avuto pene comprese da 15 a 25 anni di reclusione. Centinaia sono state finora le condanne all’impiccagione per i militanti della Confraternita arrestati, processati, condannati. Le esecuzioni erano però congelate. Anche quelle di leader indiscussi come la guida spirituale Mohammad Badie, mentre il presidente deposto Mursi è in procinto di subire l’ennesimo processo con conseguente pena. Invece stavolta la legge è andata fino in fondo e la condanna eseguita apre un’ulteriore deriva nel già contestato settore giudiziario. 

Le incrudite condizioni interne delle ultime settimane, che hanno fatto parlare d’un passaggio all’Isis dei militanti di Ansar Beit al-Maqdis e di gruppi sparsi del Sinai, più l’escalation degli attentati nelle grandi città (dopo la Corte Suprema cairota, venerdì altre bombe sono esplose ad Alessandria) hanno fatto salire la tensione anche dentro le aule dei tribunali. Il presidente-generale ha sostituito il ministro dell’Interno Ibrahim con un uomo della sua cerchia di fiducia Abdel Ghaffar. Al-Sisi, che nel suo piano basato sul mix di pugno duro e lusinghe punta a ratifiche elettorali come supporto delle scelte compiute, deve fare i conti con l’ennesima grana per sostenere una sempre più difficile normalizzazione. Le elezioni politiche previste in doppia data a marzo e maggio paiono allontanarsi visto che la Corte Suprema ha considerato incostituzionale il disegno di legge elettorale, per violazione dell’articolo 102 su un’eguale rappresentatività fra i votanti. Sisi ha intimato ai giudici di emendare la norma entro il mese, per salvare almeno la scadenza di maggio, eppure non è detto che l’operazione riesca. Così la lunga ombra dell’illiceità che avvolge il Paese amplia il suo raggio.

Ormai anche organismi accreditati – Human Rights Watch e Amnesty International – parlano di abuso del potere, assenza di rappresentanza democratica nelle istituzioni, correttezza dei processi, carcerazioni persecutorie degli oppositori. Il Parlamento, sciolto d’autorità dal Consiglio Supremo delle Forze Armate dopo l’elezione di Mursi, continuerà a non essere formato e l’Egitto dovrà rinviare ancora le consultazioni. Se ne lamentano alcuni partiti che, come il Wafd, si preoccupano dell’incidenza che tutto ciò può avere sugli aiuti stranieri (in gran parte sauditi) attesi per la ripresa economica. Unione Europea e Stati Uniti si sono riaffacciati sulla scena interna prospettando investimenti, ma augurandosi, come ha fatto di recente Kerry nella conferenza economica per il Medio Oriente, di sciogliere le contraddizioni normative. Che riguardano i seggi da conferire ai rappresentanti indipendenti, su cui punterebbero movimenti ora fuorilegge come la Brotherhood. In vari collegi elettorali le percentuali di rappresentanza oscillano incrinando l’effettivo equilibrio del voto stesso. Governatorati popolari, che nelle ultime elezioni valide (2011-2012) avevano visto un’ampia affermazione del voto islamico, avrebbero un numero ridotto di deputati. L’Alta Corte vorrebbe sanare lo sbilanciamento.

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