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“Per battere l’austerità, la Grecia deve liberarsi dell’Euro”

Sul Guardian, l’economista e parlamentare di Syriza Costas Lapavitsas chiede alla sinistra europea di farla finita con illusioni e i sogni: un altro euro non è possibile. L’unica speranza di sollevare il continente europeo dal peso della soffocante austerità sta nel liberarsi dalla moneta unica. Il governo greco deve farsi trovare pronto ai prossimi negoziati –  e deve anche preparare il popolo greco alla possibilità del Grexit. 

di Costas Lapavitsas, 2 marzo 2015

L’accordo siglato tra Grecia e UE dopo 3 settimane di accesi negoziati è un compromesso raggiunto sotto ricatto economico. L’unico vantaggio per la Grecia è che il governo di Syriza è sopravvissuto ed è in grado di portare avanti una nuova battaglia, tra non molto.  La Grecia dovrà negoziare un accordo di finanziamento a lungo termine a giugno e deve rimborsare una parte sostanziale del debito a luglio e agosto. Nei prossimi quattro mesi il governo dovrà fare quadrato per superare questi ostacoli e attuare il suo programma radicale. La sinistra europea si gioca parecchio sul successo della Grecia, se vuole battere le forze pro-austerità che attualmente strangolano il continente.

A febbraio il team negoziale greco è caduto in una doppia trappola. La prima è stata la dipendenza delle banche greche dalla liquidità elargita dalla Banca Centrale Europea, senza la quale esse sarebbero fallite. Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, ha aumentato la pressione restringendo le condizioni per l’elargizione di liquidità. Preoccupati da questi sviluppi, i depositanti hanno ritirato i propri fondi; verso la fine dei negoziati le banche greche perdevano 1 miliardo di euro di liquidità al giorno.

La seconda è stata la necessità dello stato greco di fondi per servire il debito e pagare i salari. Mentre i negoziati procedevano, i fondi disponibili diminuivano. L’Unione Europea, guidata dalla Germania, ha cinicamente aspettato fino a quando la pressione sulle banche greche è divenuta insostenibile. La sera di venerdì 20 febbraio il governo di Syriza ha dovuto o accettare un accordo o affrontare una situazione finanziaria caotica  per la quale non era affatto preparato.

L’accordo risultante ha prorogato il prestito, dando alla Grecia quattro mesi di finanziamenti garantiti, soggetti al riesame periodico delle “istituzioni”, vale a dire la Commissione Europea, la BCE e il FMI. Il paese è stato costretto a dichiarare che soddisferà tutti gli obblighi rispetto ai suoi creditori in maniera “completa e tempestiva”.

Inoltre, la Grecia dovrà ottenere avanzi primari “appropriati”; desistere da azioni unilaterali che avrebbero un “impatto negativo sugli obiettivi fiscali”; e attuare “riforme” che vanno nella direzione opposta agli intenti di Syriza di abbassare le tasse, alzare il salario minimo, fermare le privatizzazioni e alleviare la crisi umanitaria.

In breve, il governo di Syriza ha pagato un prezzo alto per restare in piedi. Le cose peggioreranno a causa dalla situazione critica dell’economia greca. La crescita nel 2014 è stata un misero 0,7%, con il PIL che si è addirittura contratto durante l’ultimo trimestre. La produzione industriale è scesa di un ulteriore 3,8% nel mese di dicembre e anche le vendite al dettaglio sono diminuite del 3,7%, nonostante il Natale. L’indicazione più preoccupante, tuttavia, è il calo dei prezzi del 2,8% nel mese di gennaio. Questa è la fotografia di un’economia in una spirale deflazionistica a cui è rimasta poca o nessuna vitalità. In questo contesto, insistere sull’austerità e sugli avanzi primari è pura follia vendicativa.

I prossimi quattro mesi saranno un periodo di costante lotta per Syriza. Non c’è dubbio che il governo dovrà affrontare notevoli difficoltà per passare la revisione di aprile condotta dalle “istituzioni” per la tanto necessaria elargizione dei fondi. In effetti, la situazione fiscale è così grave che gli eventi potrebbero precipitare anche prima. Il gettito fiscale sta crollando, in parte perché l’economia è ferma e in parte perché la gente sta posticipando i pagamenti nell’attesa che ci sia un alleggeriento della straordinaria pressione  fiscale imposta negli ultimi anni. Le casse pubbliche saranno in considerevole difficoltà già a marzo, quando ci saranno consistenti rimborsi del debito da effettuare.

Ma anche supponendo che il governo riesca a superare con successo queste difficoltà, in giugno la Grecia dovrà ricominciare nuovamente i negoziati con l’UE per un accordo di finanziamento a lungo termine. La trappola di febbraio è ancora ben presente e pronta a scattare di nuovo.

Cosa dovremmo fare noi come Syriza, e cosa potrebbe fare la sinistra europea per dare una mano? Il passo più importante è rendersi conto che la strategia basata sulla speranza di ottenere un cambiamento radicale all’interno del quadro istituzionale della moneta unica è tramontata. La strategia ha consentito il successo elettorale con la promessa di liberare il popolo greco dall’austerità senza dover sopportare il trauma di un’uscita dall’Eurozona. Purtroppo, gli eventi hanno dimostrato oltre ogni dubbio che è impossibile, ed è tempo che prendiamo atto della realtà.

Perché Syriza riesca ad evitare il collasso o la resa totale, dobbiamo essere davvero radicali. La nostra forza si basa esclusivamente sull’enorme sostegno popolare di cui godiamo ancora. Il governo dovrebbe attuare rapidamente delle misure per ridurre le enormi pressioni degli ultimi anni sulla gente che lavora: vietare i pignoramenti delle case, condonare i debiti interni, ricollegare le famiglie alla rete elettrica, alzare il salario minimo, fermare le privatizzazioni. Questo è il programma in base al quale siamo stati eletti. Gli obiettivi di bilancio e il monitoraggio delle “istituzioni” dovrebbe avere un ruolo di secondo piano nei nostri calcoli, se vogliamo mantenere il sostegno popolare.

Intanto, il nostro governo deve prepararsi ai negoziati che incombono a giugno con un stato d’animo molto diverso da quello di febbraio. L’eurozona non può essere riformata e non diventerà un’unione monetaria “amichevole”, che aiuta le persone che lavorano. La Grecia deve portare una gamma completa di opzioni sul tavolo, e deve essere pronta a misure di liquidità straordinaria, essendo cosciente del fatto che tutte le eventualità potrebbero essere gestite, se la gente fosse pronta. Dopo tutto, l’UE ha già seminato abbastanza disastri nel paese.

Syriza potrebbe ottenere soccorso dalla sinistra europea, ma solo se la sinistra si scrolla di dosso le proprie illusioni e comincia a proporre delle politiche sensate che potrebbero finalmente liberare l’Europa da quell’assurdità che è diventata la moneta unica. Allora, ci potrebbe essere una possibilità di sollevare il peso dell’austerità dal continente. E’ rimasto veramente poco tempo per tutti noi.

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