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Elezioni Israele, la crisi sociale potrebbe battere Netanyahu

Gli ultimi due sondaggi autorizzati prima del voto di martedì 17 in Israele confermano la progressione dei laburisti di Isaac Herzog, davanti al partito conservatore Likud del premier Benjamin Netanyahu. I due sondaggi, pubblicati da due reti televisive private, Channel 10 e Channel 2, rilevano entrambi un vantaggio di 4 seggi per l’Unione sionista sul Likud: 24 a 20 secondo Channel 10, 26 a 22 per Channel 2. La lista araba, che unisce per la prima volta tutti i partiti arabo-israeliani (cioè palestinesi), dovrebbe ottenere 13 seggi con un lieve progresso rispetto alle scorse consultazioni. Altri 12 seggi vanno al partito di centro-destra Yesh Atid e altrettanti al partito nazionalista e di destra Focolare ebraico.

Anche un sondaggio pubblicato sul giornale israeliano più venduto, lo Yediot Aharonot, mostra l’Unione sionista, la coalizione tra i laburisti di Isaac Herzog e i centristi di Tzipi Livni, ottenere 26 dei 120 seggi della Knesset, il parlamento israeliano. Alla destra del premier Benjamin Netanyahu, il Likud, andrebbero invece secondo questa rilevazione 22 seggi. Se anche la coalizione di centro-sinistra dovesse vincere con questi numeri, però, gli osservatori prevedono che avrà grandi difficoltà a formare un governo, perché non ci sono abbastanza partiti disposti ad allearsi con l’Unione sionista per raggiungere la maggioranza assoluta.
Comunque vada, la stella di Netanyahu sembra ormai assai offuscata. E come scrivono gli stessi media israeliani, il pane e la crisi degli alloggi, non la sicurezza o la “minaccia dell’Iran”, saranno i temi che porteranno molti degli elettori a fare la propria scelta il prossimo martedì. Non a caso i partiti di centro-sinistra hanno puntato buona parte della propria campagna elettorale sui temi economici così come le forze nazionaliste e di sinistra palestinesi.
In apparenza l’economia israeliana non sembra patire particolari sofferenze, con una robusta crescita del 7,4% nel quarto trimestre 2014, almeno secondo le statistiche ufficiali. Ma gli stipendi non sono aumentati di pari passo e il 41% degli israeliani ha il conto corrente costantemente in rosso, a causa dell’alto costo della vita. Secondo la Banca di Israele il costo del paniere dei prodotti base è superiore del 12% a quello della media dei paesi aderenti all’Ocse. Il costo della vita e soprattutto degli alloggi ha dato vita nel 2011 al più vasto movimento di protesta sociale che la storia di Israele ricordi. E da allora, soprattutto per le giovani coppie, la situazione non è affatto migliorata. In particolare il premier israeliano, in carica dal 2009, non è riuscito a contenere l’esplosione dei prezzi del mercato immobiliare che tra il 2008 e il 2013 sono aumentati del 55% e nell’ultimo anno di un altro 5%. Questo significa che in media un israeliano deve destinare 148 stipendi mensili per acquistare un appartamento, contro la media di 76 in Francia e 66 negli Stati Uniti.
Lo sfidante laburista, Isaac Herzog ha puntato proprio su questi argomenti, promettendo di spendere 7 miliardi di shekel (1,73 miliardi di dollari) in due anni per ridurre la povertà, per il lavoro, la sanità, la casa ed altri programmi sociali. Durante i comizi dei giorni scorsi, che hanno segnalato un crescente supporto anche in termini di affluenza, Herzog ha promesso di aiutare in particolare le categorie “sandwich” – i ceti medi e i lavoratori di mezza età – che si ritrovano a fare i conti più degli altri con il carovita e che a causa delle politiche governative si ritrovano spesso a dover mantenere allo stesso tempo figli e genitori. Secondo il Financial Times, tra i potenziali elettori dell’Unione sionista ci sono molti che non approvano del tutto le proposte del duetto Herzog-Livini, ma che voteranno per loro perché ritengono che ad Israele serva un vero cambio di rotta rispetto all’attuale esecutivo. La frustrazione economica è insomma diventato un fattore centrale. Tanto che con ogni probabilità, concordano molti analisti, il ruolo dell’ago della bilancia dopo le elezioni del 17 marzo andrà al partito Kulano di Moshe Shalom. Questo ex ministro del Likud, ricorda The Independent, è diventato famoso per aver abbassato i costi delle chiamate con cellulare e ora promette populisticamente di ridurre i costi delle abitazioni e dei conti bancari: i sondaggi gli assicurano 12 seggi nella prossima Knesset.

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