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Andalusia, bene socialisti e liberali. La ‘rivoluzione’ si allontana

Cambiamenti sostanziali del panorama politico sì, terremoto elettorale no. Le elezioni regionali di ieri in Andalusia, una delle comunità autonome più importanti dello Stato Spagnolo con 8.5 milioni di abitanti e storico bastione socialista, hanno visto una netta affermazione della sezione locale del Psoe che mantiene la leadership con il 35.4% dei voti e 47 rappresentanti su 109. Calo netto e indiscutibile per la destra del Partito Popolare (al governo a Madrid), che comunque ottiene il 26,7% e 33 deputati (17 in meno rispetto al 2012). Buon risultato ma non stratosferico come previsto per Podemos che si guadagna il terzo posto con il 14,8% dei voti e 15 deputati regionali. Buona affermazione invece per Ciudadanos, un partito liberale di centrodestra, che raccoglie il 9% dei suffragi e 9 seggi. Brutto risultato invece per la sinistra: Izquierda Unida, che aveva partecipato al precedente governo regionale insieme ai socialisti, viene dimezzata dall’emorragia di consensi verso Podemos e conquista il 7% e solo 5 seggi contro i 12 di tre anni fa.

Soddisfatti ovviamente i socialisti guidati di Susana Diaz – che ora potrebbe aspirare a diventare la leader statale del suo partito – che tornano ad essere la prima forza elettorale della popolosa regione riconfermando il milione e mezzo di voti ottenuti tre anni fa, dopo che il precedente esecutivo era stato sciolto proprio dal Psoe in polemica coi propri partner di Izquierda Unida, all’interno della quale montava la fronda contro la partecipazione del partito a politiche liberiste e improntate all’austerity. Il problema è che i socialisti non hanno la maggioranza assoluta, e per arrivare almeno ai 55 seggi necessari dovranno cercare accordi con altre formazioni. I più papabili sono i liberali di destra di Ciudadanos – che hanno piratato molti dei voti in fuga dal PP – ma il partito guidato da Albert Rivera per ora esclude di poter diventare la stampella dei socialisti.

Quello di Podemos in Andalusia non è stato esattamente il risultato entusiasmante che tutti si aspettavano anche se il partito di Pablo Iglesias è riuscito a rompere la tradizionale tripartizione delle assemblee elettorali locali, ma tallonato da vicino dal fenomeno politico altrettanto recente di Ciudadanos, nato in Catalogna dieci anni fa come partito unionista e nazionalista spagnolo e diventato recentemente una vera e propria riserva di destra dei voti in fuga dai partiti del sistema bipolare che ha caratterizzato Madrid fin dall’autoriforma del franchismo. I sondaggi davano Podemos assai più in alto e ci si aspettava molto in una regione dove negli ultimi anni forti sono state le mobilitazioni e i conflitti sociali e dove la crisi economica ha colpito più duro con una disoccupazione pari al 35%, più di dieci punti in più rispetto alla media dello stato. Ciudadanos da parte sua sembra essere diventata la valvola di sfogo scelta da un pezzo delle elite politiche ed economiche per canalizzare il malcontento nei confronti di PP e Psoe senza che la fuga dai partiti del sistema vada a rafforzare ipotesi radicali o comunque critiche. C’s sembra in grado di crescere ancora intercettando una indignazione delle classi medie nei confronti della proletarizzazione e della corruzione che ha ora a disposizione un polo d’attrazione attraverso il quale esprimere la propria voglia di ‘rivoluzione conservatrice’. Il che potrebbe mettere in discussione quella ‘crisi del regime’ e degli equilibri scaturiti dall’autoriforma del franchismo che i primi risultati di Podemos lasciavano prevedere nel prossimo futuro, sull’onda anche di quanto accaduto pochi mesi in Grecia. Il partito di Iglesias, che ha già nettamente moderato toni e programmi per accreditarsi come forza responsabile e di governo seppur critica nei confronti dell’austerità finora applicata senza pietà alla popolazione dello Stato Spagnolo, deve ora fare i conti con un temibile concorrente a destra che agli occhi di molti spagnoli appare come un soggetto di cambiamento preferibile e più rassicurante. Il vecchio bipartitismo sembra proprio che si stia tramutando in tripartitismo, con l’ascesa di Ciudadanos a coprire i buchi causati dal relativo smottamento di popolari e socialisti. In questo quadro già di per sé non entusiasmante anche l’unica opzione elettorale apertamente di sinistra, Izquierda Unida, perde ruolo e consensi. Non solo a causa della maggiore forza d’attrazione di una forza ‘nuova’ e dall’identità più sfumata quale è Podemos, ma anche a causa delle sue divisioni interne, delle sue contraddizioni e dei suoi errori, nella fattispecie l’assurda scelta di condividere in Andalusia il potere con i socialisti subordinando il proprio programma ai diktat di Susana Diaz.

Ora l’attenzione è tutta puntata sui prossimi appuntamenti elettorali, cioè le municipali in quasi tutto lo stato il 24 maggio, le elezioni catalane il 27 settembre e poi le legislative tra novembre e dicembre.
Ma la sensazione dopo l’appuntamento andaluso è che, grazie ad una sapiente operazione gattopardesca che cambia tutto per lasciare in realtà tutto come prima e che può contare su un’amovibile identità conservatrice quando non reazionaria di una parte consistente della ‘Spagna profonda’, l’attesa rivoluzione politica rischia di cedere il passo alla restaurazione.

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