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Yemen. Con l’intervento saudita dilaga Al Qaeda. Centinaia di morti

Come era prevedibile, l’intervento militare saudita nello Yemen sta rafforzando gli estremisti sunniti di Al Qaeda che nelle ultime settimane hanno approfittato dei bombardamenti della ‘coalizione sunnita’ contro i ribelli Houthi e contro le forze sunnite fedeli all’ex presidente Saleh per occupare nuovi territori. Secondo gli analisti Al Qaeda continua a espandersi verso est, in particolare nella regione dell’Hadramawt che confina per centinaia di chilometri proprio con l’Arabia Saudita. Nelle ultime ore i qaedisti hanno anche rafforzato la loro presenza nel porto di Mukalla, a est di Aden. L’altro ieri hanno liberato centinaia di detenuti nel carcere locale, tra i quali vi sono numerosi jihadisti, mentre ieri hanno preso il controllo del porto e di una importante base militare, costringendo alla fuga i militari che erano rimasti a guardia della struttura. I vertici militari del paese hanno confermato che il comandante responsabile della regione ha ritirato le proprie truppe nei campi militari attorno all’aeroporto di Mukalla, l’unica zona ancora sotto il controllo governativo, mentre la popolazione è in fuga dalla città. Secondo varie testimonianze gli uomini di Al Qaeda hanno preso d’assalto anche l’ufficio dell’autorità provinciale, la sede della banca centrale, il commissariato di polizia e la sede dei servizi segreti.
In uno scenario sempre più drammatico, prosegue anche in queste ore l’evacuazione di centinaia di cittadini stranieri mentre i combattimenti sono proseguiti sporadici ad Aden, principale porto del sud ed epicentro degli scontri negli ultimi giorni. I miliziani sciiti sono stati costretti ad abbandonare il palazzo presidenziale di Aden dopo averlo occupato parzialmente giovedì dopo ampi scontri con le forze leali all’ex governo che Riad vorrebbe rimettere in sella in quanto funzionale ai propri interessi.
Da Riad, che guida la coalizione sunnita contro gli Houthi sciiti e i sunniti ribelli, riferiscono di un “cambio di equilibrio sul terreno” a favore dei lealisti fedeli ad deposto presidente Abed Rabbo Mansur Hadi, dopo che i suoi seguaci hanno ricevuto carichi di armi lanciati dall’aviazione degli invasori. L’intervento delle forze militari delle petromonarchie e dell’Egitto, sostenute anche dagli Stati Uniti, sembra essere quello di ricacciare nel nord le milizie Houthi, liberando così le località da essi controllate sul Mar Rosso, a ridosso dello stretto di Bab al Mandab, da dove è possibile controllare il passaggio delle petroliere.
Ieri inoltre due agenti della polizia di frontiera saudita sono stati uccisi da spari provenienti dallo Yemen, dopo che il giorno precedente un altro agente era morto a causa di colpi di arma da fuoco sparati dall’altra parte della frontiera presidiata da decine di migliaia di soldati di Riad, in attesa dell’eventuale ordine di invasione via terra.
Sono intanto proseguiti i raid aerei dei caccia e delle navi da guerra della coalizione sunnita contro le postazioni degli Houthi a Sana’a e in altre regioni del Paese. Secondo le autorità ribelli solo nella capitale Sana’a i civili uccisi ieri sono 32 mentre le Nazioni Unite dichiarano che nelle ultime due settimane il bilancio delle vittime è di 519 morti, di cui 90 bambini. Fonti mediche locali affermano che negli ultimi nove giorni, da quando sono cominciati i bombardamenti sauditi, solo ad Aden sono morte circa 185 persone, per lo più civili, (il conteggio non comprende le vittime tra i miliziani sciiti) mentre altre 1200 sono rimaste ferite. Il direttore del dipartimento della Salute della città, Al-Khader Lassouar, ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché fornisca aiuti sanitari urgenti agli ospedali del paese e in particolare di Aden. “Abbiamo esaurito le scorte di medicinali e gli ospedali non riescono a far fronte al numero crescente di vittime” ha spiegato il responsabile sanitario.
Nonostante i bombardamenti e i combattimenti, oltre a migliaia di appartenenti alle comunità sciite anche molti sostenitori dell’ex presidente Saleh, destituito nel 2011 anche grazie all’intervento delle petromonarchie che decisero di consegnare il potere al suo vice Hadi, hanno protestato sia ieri sia oggi a Sana’a contro l’intervento militare straniero nel proprio paese.

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