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Kiev: “Usa verso intervento militare diretto”. I minatori ancora in piazza

Mentre il Presidente ucraino Petro Poroshenko dichiara che la guerra nel Donbass potrebbe esplodere da un momento all’altro con rinnovata intensità, dagli Stati Uniti i mezzi di informazione scrivono che, se e quando ciò avverrà, gli attuali seicento “consiglieri militari” americani, canadesi e britannici oggi già al lavoro in Ucraina per addestrare la Guardia nazionale potrebbero essere raggiunti da interi reparti di truppe regolari. Secondo quanto riportato dalla agenzia Tass, l’esperto internazionale e giornalista Finian Cunningham osserva che Washington, con una ben orchestrata campagna di disinformazione da parte del Dipartimento di Stato e nei più diversi modi sta tentando di provocare Mosca ad azioni a cui gli Stati Uniti dovrebbero dare una risposta immediata, tale da comportare l’intervento diretto statunitense in Ucraina. Un esempio è quello della recente pubblicazione su twitter, da parte dell’ambasciatore USA a Kiev, Jeffrey Pajetta, di una foto del complesso missilistico “Buk-M2”, accompagnata dal commento su una presunta “alta concentrazione di sistemi antiaerei russi in Ucraina”. Ma la foto, a quanto sembra, risalirebbe a due anni fa, scattata al salone avio-cosmo internazionale “Maks” a Mosca.
Intanto a Kiev si attendono nuove proteste da parte dei minatori, dopo quelle della scorsa settimana. Il Sindacato indipendente dei minatori ucraini (NPGU) sta organizzando assemblee fuori dell’edificio del Ministero per l’energia, dopo che gli è stato rifiutato il permesso di riunione all’interno del palazzo, anche se l’assemblea riguardava solo i rappresentanti del sindacato e non la massa degli iscritti, che erano confluiti a Kiev la settimana scorsa e che poi si erano allontanati dalla capitale. Non sembra infondato il sospetto che si vogliano trattenere i sindacalisti all’esterno del palazzo, per consentire un più agevole intervento della polizia – che intanto ha già iniziato i primi arresti di minatori in sciopero per “attentato all’integrità territoriale dell’Ucraina”! – quando non direttamente dei battaglioni nazionalisti che venerdì scorso, alla maniera fascista, avevano aggredito i singoli minatori quando già le assemblee si erano sciolte e i lavoratori si stavano allontanando individualmente dalla piazza di Kiev antistante la Rada.
Mentre il sindacato dei minatori lamenta il rifiuto del dialogo da parte di Governo, Ministero e Presidente – <Ci siamo avvicinati, abbiamo organizzato picchetti, chiesto incontri e infine abbiamo preteso. Ma finora non sappiamo come essi pensino di sviluppare l’economia e il settore energetico> dicono i sindacati – dal Ministero degli interni e dal Consiglio di sicurezza nazionale si dichiara che le misure di polizia sono dettate dal fatto che si sarebbero accertati <tentativi di malintenzionati di trasformare le azioni di protesta in mezzi per fare pressione sul potere e quindi destabilizzarlo. In particolare, si è accertato che è stato assicurato l’arrivo nella capitale di provocatori pagati> dall’ex premier dell’epoca di Janukovič, Mykola Azarov. Il Consiglio di sicurezza, secondo quanto riportato dal sito VZ.ru, parla anche di perquisizioni, interrogatori e arresti, in base alle direttive emanate la settimana scorsa dal presidente Poroshenko. Il quale Poroshenko parla ancora una volta (nemmeno troppo a mezza voce) di oligarchi a lui concorrenti che starebbero dietro alle proteste dei minatori e che avrebbero pagato quelli che lui definisce “pseudominatori” per unirsi ai lavoratori in piazza. Ciò, a dispetto del fatto, che parte dei manifestanti si sarebbe radunata anche di fronte al palazzo della compagnia DTEK, di proprietà del magnate Rinat Akhmetov, reputato il più ricco d’Ucraina e da sempre considerato avverso al duo Poroshenko-Jatsenjuk. Il presidente del sindacato NPGU, Mikhail Volynets, ha respinto simili affermazioni di Poroshenko: <è stato il potere stesso a unirci, con la sua inazione e la sua piena irresponsabilità>, ha detto, ricordando come gli operai non ricevano da mesi il salario e lottino anche contro la chiusura di molte miniere nell’Ucraina settentrionale e occidentale, chiedendo le dimissioni del Ministro per l’energia Vladimir Demčishin.
D’altronde, come rilevano stessi politologi ucraini, non è questa la prima volta che il governo ricorre direttamente agli arresti dei manifestanti: prima dei minatori, era toccato ai pensionati, agli insegnanti, ai medici.
Tra l’altro, le proteste dei minatori si inseriscono nella cornice delle critiche mosse alla politica economica del governo anche dal partito “Patria” della ex “pasionaria” Julja Timoshenko, che chiede il dimezzamento delle tariffe comunali (peraltro imposte dal FMI quale condizione per la concessione di crediti), mentre l’Unione Černobyl di Ucraina lamenta che il governo ha escluso circa un milione di suoi associati dalle categorie di cittadini che possono ancora godere di tariffe agevolate. Ancora VZ.ru rammenta che, dallo scorso 1 aprile, le tariffe del gas in Ucraina sono cresciute in media di 3,3 volte; quelle per il riscaldamento del 72%; è iniziata la corsa delle tariffe sull’elettricità, che entro due anni dovranno crescere di 3,5 volte, mentre dal 1 maggio raddoppieranno le tariffe dell’acqua.
A questo punto, è lecito interrogarsi sulle maggiori probabilità che ha il potere golpista di essere sbalzato di sella: se dalla guerra nel sudest del paese o dalla crisi sociale e politica interna. Per quanto riguarda la prima variante, sembra purtroppo che le armi americane debbano prolungare ancora per molto i massacri di civili nel Donbass. Sul secondo versante, il ricorso del potere ai metodi polizieschi o apertamente squadristi nei confronti delle proteste della popolazione, potrebbe forse indurre alcuni degli attuali padrini europei di Kiev a rivede un po’ le proprie posizioni.

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