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Niamey e la benedizione divina

Infine, l’ufficio del Collettivo dei diritti umani, implora Allah, il Clemente, il Misericordioso perché faccia scendere la sua benedizione sul popolo nigerino e lo gratifichi di una stagione delle piogge anticipata e feconda. Amin. 

Termina con questa preghiera la dichiarazione di protesta del gruppo sopra citato. In Niger l’epidemia di meningite era iniziata a gennaio di quest’anno. Sottovalutata,  ha colto di sorpresa chi avrebbe dovuto circoscriverla. I morti sono molti. Troppi per essere contati con onestà. Buona parte se ne vanno come hanno vissuto: di nascosto e senza dire nulla. Oltre un centinaio i decessi riconosciuti e innumerevoli quelli evasi dalle liste. Il collettivo dei diritti umani accusa le autorità governative di inazione, incuria, dimissioni delle proprie responsabilità e il cinismo degli speculatori. I vaccini appaiono e scompaiono dalle farmacie come miraggi. I prezzi delle medicine variano a seconda dei luoghi, delle circostanze e della volontà di Allah che tutto vede. 

Almeno piovesse, suggeriscono alcuni. L’epidemia di meningite, che si trasmette tramite le vie respiratorie, sarebbe in breve debellata. Però siamo nella stagione secca e con una polvere ancora più insistente del solito. Fattori questi che moltiplicano l’inefficienza e la mancanza di preparazione delle autorità. Messo assieme al generale disinteresse per il bene comune ecco che Allah è chiamato in causa perché una buona pioggia farebbe l’affare di tutti o quasi. Quelli che speculano sui morti hanno i loro alleati tra i politici, che qui e anche altrove sono becchini di professione. Adesso i poveri cristiani di Niamey sono sepolti nel cimitero musulmano. Essendo più vicino all’ospedale costa meno di quello cristiano, eppure ecumenico. Ed è così che il dialogo si attualizza grazie all’economia di mercato. Per la sanità lo stato del Niger spende meno del sette per cento del suo bilancio. Si era impegnato invece per il doppio nel 2015. Almeno Allah facesse piovere presto. 

Nella prigione civile di Niamey ci sono uomini, donne, bambini e anziani combattenti. Questi ultimi, sospettati di appartenere a Boko Haram, sono inseriti nell’area riservata ai minori. Di età variabile sono passati prima nella prigione di alta sicurezza. Ora si trovano assieme agli altri e non hanno di che vestirsi. Frutti accidentali della negligenza politica che ha accompagnato la regione di Diffa, a oltre mille kilometri da Niamey. Continuando la strada si arriva al lago Tchad dove un centinaio di giovani soldati nigerini sono stati uccisi da Haram sabato scorso. Hanno dichiarato tre giorni di lutto nazionale nel paese. Fatto questo che incide poco quando nel frattempo c’è la guerra alla meningite nella quale i morti sono quotidiani. Adesso il Niger interessa ancora di più le geopolitiche delle migrazioni. Secondo la Commissione Europea i lutti del mediterraneo passano da qui. Ci sono contatti informali, gruppi di dissuasione sulle rotte migranti e Allah a sorvegliare.

Nell’area del carcere riservata alle donne si è registrato ieri il tentativo di omicidio di una detenuta cristiana. Accusata ingiustamente di falso ha partorito nella casa di arresto e si è determinata a denunciare le ingiustizie della prigione. Più volte minacciata dalle compagne è stata salvata per un soffio dall’avvelenamento. Per qualche giorno non potrà nutrire al seno sua figlia di pochi mesi. Da subito le ha dato il nome di Ria. Allah che sorride.

* Niamey, Niger, 5 maggio 2015

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