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Stato Islamico, chi muore e chi fa morire

I terribili Terik-e-Taleban tornano alla strage, rivolta in quest’occasione a una minoranza religiosa sciita: gli ismaeliti. Con la tattica del commando mobile, sette tiratori in moto hanno intercettato a Karachi un bus che trasportava il gruppo, non è certo se in viaggio di fede. I guerriglieri li hanno tempestati di raffiche di mitra uccidendone 47 fra donne e uomini;  Stavolta nessun minore è fra le vittime. Già per altri sanguinosi massacri (quello nella scuola dei figli di militari a Peshawar ha lasciato un cupo segnale per la crudeltà con cui ragazzi e bambini sono stati colpiti) tale componente intransigente dei taliban pakistani è considerata da molti analisti come una formazione che lacera le proprie radici interne e cerca crediti e alleanze fra l’internazionale del fondamentalismo. Il duetto è con lo Stato Islamico che negli ultimi tempi col ferimento, e forse il decesso, di Al-Baghdadi e nelle ultime ore con l’esecuzione, tramite un missile, del suo vice Al-Afri (Abdul Rahman Mustafa al-Qardashi), potrebbe risultare decapitata della propria leadership e direzione. 

Quest’ultima notizia va presa con beneficio d’inventario. E’ vero che da stamane la tv irachena l’ha diffusa più volte, ma il raid aereo che ha colpito la moschea al-Shuhada – a una cinquantina di chilometri da Mosul – e di cui sono diffuse le immagini, ovviamente non chiarisce quanti e chi fossero gli uomini in preghiera. Il Pentagono, che ha diretto e fatto eseguire l’operazione dai suoi caccia, non fornisce note sui presenti che giungono, invece, dall’Intelligence statunitense. I suoi agenti avevano riferito di un’importante incontro nel luogo di culto al quale, oltre ad Al-Afri, avrebbero partecipato diversi esponenti dell’Isis e lo stesso mullah Meisar, emiro di quella provincia. Dopo le dilaganti offensive dei passati mesi estivi e autunnali lo Stato Islamico sta attraversando un periodo di difficoltà legato anche agli attacchi aerei, sia quelli a largo spettro che gli interventi mirati. Ciò nonostante il fronte delle alleanze jihadiste s’amplia e s’espande in molti Paesi. I TTP paiono porsi in prima fila per risollevare spirito e piani dei “fratelli del Daesh”.

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