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Le spinte verso l’indipendenza sfasciano il partito della borghesia catalana

Si è verificata ieri una storica rottura nel panorama politico catalano che potrebbe avere conseguenze rilevanti sulla scena statale spagnola oltre che su quella locale in vista di due appuntamenti elettorali chiave: quello del 27 settembre per il rinnovo del parlamento autonomo catalano e quello dell’autunno per il rinnovo delle Cortes di Madrid.

Le spinte della società catalana verso l’indipendenza e verso una rappresentanza di sinistra hanno di fatto sfasciato la forza politica egemone della borghesia catalana, per decenni ago della bilancia della politica locale e garanzia di stabilità per gli equilibri e gli interessi delle classi dominanti spagnole in cambio di una certa quota di autonomia e autogoverno.
Ieri l’Unione Democratica di Catalogna, il partito democristiano e regionalista interno finora a Convergenza e Unione (CiU, formata insieme alla Convergenza Democratica di Catalogna di ispirazione invece più liberale e indipendentista) ha annunciato l’uscita dei suoi tre “consiglieri” (assessori) dal Govern de la Generalitat (la giunta regionale) presieduta dal leader di CiU Artur Mas. Un passo che potrebbe precedere la rottura definitiva di Convergenza e Unione dopo 37 anni di federazione tra i due partiti in seguito all’ultimatum lanciato da Mas e da CiU per l’adesione della formazione alla road map indipendentista lanciata insieme a diverse forze della sinistra catalana e a nuovi soggetti nati dalla capillare mobilitazione popolare per l’autodeterminazione degli ultimi anni.
Alcuni spazi di ricomposizione tra le due diverse anime di Convergenza e Unione esistono ancora, ma alcuni settori della formazione regionalista insistono sulla rottura e affermano che l’Udc potrebbe addirittura presentarsi da sola alle prossime elezioni regionali. Da vedere ora se e come la rottura tra Udc e Cdc avrà conseguenze sulla composizione e sulle scelte dei deputati e dei senatori di CiU e nei numerosi comuni che la formazione governa in Catalogna nonostante la sonora sconfitta subita alle ultime elezioni amministrative di poche settimane fa. A complicare le cose l’esistenza all’interno del partito regionalista e democristiano di una componente che è invece favorevole ad una linea più marcatamente indipendentista e critica nei confronti del presidente del partito Josep Antoni Duran i Lleida. Dirigenti di questa frazione critica si sono riuniti nei giorni scorsi con i rappresentanti delle tre associazioni indipendentiste che stanno guidando in maniera trasversale la mobilitazione sociale e politica per la creazione di uno stato sovrano catalano – Associazione dei Municipi per l’Indipendenza, Omnium Cultural e Assemblea Nazionale Catalana – prefigurando una possibile rottura dell’Udc.
Della frattura interna a CiU sembra voler approfittare il partito socialdemocratico e nazionalista ERC (Sinistra Repubblicana di Catalogna). Il portavoce di Esquerra infatti ha affermato la disponibilità del suo partito ad entrare nella maggioranza di governo della Comunità Autonoma in sostituzione dei centristi per garantire la governabilità fino alle elezioni del 27 settembre e porre le condizioni affinché il voto autunnale garantisca l’affermazione di un ampio e trasversale schieramento indipendentista.
Intanto nei giorni scorsi uno dei personaggi più popolari e influenti dello schieramento sovranista, suor Teresa Forcades, ha ottenuto il permesso di abbandonare una clausura – in verità assai poco rispettata negli ultimi tempi – per potersi dedicare alla battaglia per l’indipendenza che potrebbe vivere nei prossimi mesi una netta accelerazione. La benedettina 48enne potrebbe addirittura essere la candidata alla guida di un vasto fronte di centrosinistra e sinistra alle prossime elezioni catalane di settembre. La battagliera religiosa ha già invitato Proces Costituent, la sezione locale di Podemos, Erc, gli indipendentisti radicali della Cup e i partiti Iniziativa per la Catalogna e EUIA (Sinistra Unita e Alternativa) ad una riunione nei prossimi giorni per dar vita ad una alleanza elettorale in vista dell’appuntamento del 27 settembre. Difficilmente tutto il fronte andrà unito alle elezioni visto che la Cup e altre realtà più radicali e di sinistra potrebbero optare per una lista di ‘rottura’ anche economica oltre che nazionale, mentre le forze più moderate sono disponibili addirittura ad una confluenza in una lista comune insieme a CiU ed Artur Mas. Suor Teresa Forcades ha già indicato le sue condizioni per una alleanza elettorale con le altre forze:  «Aprire un processo costituente catalano, con l’impegno di convocare un referendum sull’indipendenza, governare con politiche anticapitaliste e varare un piano d’urto in favore del 30% di abitanti della Catalogna in situazione di esclusione sociale».
Nel frattempo la neo sindaca Ada Colau – espressione di una alleanza tra Podemos e i vari partiti di sinistra e indipendentisti che hanno strappato il Comune a CiU – ha annunciato che non presenterà alcuna candidatura per aggiudicare a Barcellona i Giochi Olimpici Invernali del 2026 in controtendenza ai progetti del precedente sindaco Xabier Trias. Ada Colau ha contestualmente destituito il direttore dell’ufficio per la candidatura di Barcellona all’evento sportivo aspramente criticato da alcuni movimenti sociali per il suo potenziale impatto negativo a livello economico, urbanistico e ambientale.

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