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Nessun accordo, vertice straordinario sulla Grecia

L’accordo è in alto mare, sempre più lontano. Nemmeno l’Eurogruppo – il vertice dei ministri delle finanze dell’eurozona – ha sciolto il gran numero di nodi che hanno strozzato fin dall’inizio il “negoziato” tra la Troika e la Grecia.

Lunedì ci sarà un vertice dei consigli dei ministri, straordinario come la situazione attuale, per cercare una soluzione in extremis. Che tutti dicono ancora possibile, ci mancherebbe, ma dando totalmente la colpa alla controparte.

Ma sbaglieremmo a pensare che in questa vicenda, fatta ovviamente anche di bluff e menzogne, si possa ritrovare qualcosa di somigliante alle pantomime della politica italiana. La differenza – sostanziale – è che qui nessuno mette in discussione la centralità degli interessi di chi comanda (la Troika, Confindustria, le mafie, ecc), mentre nella partita che si sta giocando in Europa ci sono interessi contrapposti che ognuna delle controparti conosce bene e sta difendendo con le unghie e con i denti. Naturalmente con peso specifico e forza molto diversi…

La Troika non vuole e non può fare eccezioni di “trattamento” per la Grecia. Con gli “aiuti” formalmente concessi ai governi Papandreou-Samaras sono state salvate le banche europee – lo scrive persino il papa, ormai… – trasformando un rischio privato in un rischio a carico dei contribuenti dei vari paesi. Mossa fatta nell’ottusa convinzione che la forza bruta degli Stati più forti (Germania e Francia in testa) sarebbe stata sufficiente a costringere la debole Atene a svenare il proprio popolo pur di ripagare un debito mostruoso.

Ci fossero stati Vendola o Bertinotti al posto di Tsipras e Varoufakis, probabilmente la “trattativa” si sarebbe conclusa in pochi giorni con una resa senza condizioni. Ma anche se siamo “una faccia, una razza”, la sinistra greca riunita in Syriza ha fin qui difeso con un certo piglio le proprie posizioni: no all’ulteriore taglio delle pensioni, no all’aumento dell’Iva su farmaci e altri generi di prima necessità, richiesta di ristrutturazione (riduzione) del debito in mano ai creditori.

Questa “tenuta” ha posto i governi europei (più la Bce e il Fmi) alla “terribile” prospettiva di dover mettere a bilancio come perdite reali le “garanzie” fin qui offerte per coprire l’esposizione verso Atene. Lo stallo è tutto qui. Con le conseguenze del caso: se Atene non cede, si incrina di fatto – e in modo sostanziale – l’”irreversibilità” dell’Unione Europea e dell’euro.

Le dichiarazioni dei leader nel post-riunione dell’Eurogruppo sono logicamente tutte indirizzate a tranquillizzare il proprio “azionista di riferimento” (i rispettivi elettorati, nel caso dei ministri, oppure “i mercati” nel caso del Fmi), rovesciando sulla controparte ogni responsabilità.

E quindi Tsipras assicura che «Ci sarà una soluzione basata sul rispetto delle regole Ue della democrazia che consentirà alla Grecia di tornare a crescere. Il summit di lunedì è uno sviluppo positivo che va in direzione dell’intesa. Tutti quelli che hanno scommesso sulla crisi e su uno scenario di terrore dovranno riconoscersi in errore».

Per il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Domborvskis, che segue la moda del tweet (così non si deve rispondere alle domande scomode), il non accordo rappresenterebbe «un forte segnale per la Grecia a impegnarsi seriamente nei negoziati». Il boero Jeroen Dijsselbloem provava a spiegare «L’accordo è possibile ma servono nuove proposte di Atene, proposte credibili: resta poco tempo» (come anticipato da Varoufakis, la Grecia è rifiutata di fare nuove proposte, visto che le precedenti non erano neanche state prese in considerazione).

Il commissario Ue Pierre Moscovici ha fatto pressione a modo suo: «Si avvicina il fine partita, la Grecia deve impegnarsi costruttivamente e tornare a trattare per evitare una sorte catastrofica. Negozi ed eviti il disastro».

L’algida Christine Lagarde, direttrice del Fmi, ha rimesso in fila le solite posizioni: «È tutta una questione di dare e avere. Siamo in attesa. Il Fmi lavorerà giorno e notte per trovare un accordo se la Grecia si impegna seriamente a lavorare con noi: mi auguro che nei prossimi giorni Atene torni al tavolo con proposte tangibili, fattibili e misurabili. Se la Grecia non ripagherà il 30 giugno gli 1,6 miliardi di euro dovuti all’Fmi, farà default rispetto al Fondo monetario. Ci può essere soluzione solo con dialogo, e ora l’emergenza è ristabilire il dialogo con gli adulti nella stanza». Una frecciata stizzita verso il biker ministro delle finanze di Atene, che da adulto non consenziente ha ribattutto «Non c’è molto tempo ma abbastanza per trovare una soluzione che dia benefici comuni». Se invece si pretende che i “benefici” vadano soltanto ai “creditori”, non si farà un solo passo avanti. «Tutti i leader politici hanno la responsabilità di trovare una soluzione. Oggi all’Eurogruppo la Grecia ha inviato un forte messaggio con una proposta completa che, se accettata, metterà fine al dramma greco. Sfortunatamente il presidente dell’Eurogruppo (Dijsselbloem, ndr) ha scelto di focalizzarsi solo sulle nostre responsabilità e non su quelle di tutti. Siamo pericolosamente vicini ad uno stato mentale che accetta l’idea di un `incidente, e ho chiesto ai colleghi di uscire da questo stato, e ristabilire la fiducia nel nostro Governo».

Ma le chiacchiere lasciano ormai il tempo che trovano. La domanda ora è se le banche elleniche, lunedì mattina, saranno in grado di far fronte alla richiesta di ritiro di buona parte dei depositi, per il timore ormai non infondato che Atene debba far ricorso prima o poi a una valuta diversa dell’euro. Ma su questo fronte la risposta spetta alla Bce: continuerà o no a garantire liquidità tramite l’Ela anche agli istituti di credito greci?

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