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Kobanê, secondo assalto

Combattenti del Rojava, abitanti, attivisti, ma anche osservatori internazionali e analisti strategici si domandano cosa ci sia dietro il nuovo attacco dell’Isis alla città simbolo di Kobanê. Un attacco anomalo. Condotto in sordina, mascherato, compiuto da reparti che vestivano divise simili a quelle dell’Esercito siriano libero, addirittura pronunciando frasi in kurdo, come hanno riferito alcuni testimoni di rastrellamenti di abitazioni civili in due aree d’una città resa spettrale da mesi di fuoco incrociato. Parole volte al disorientamento, unite a successivi gesti di terrore con l’assassinio di decine di inermi cittadini, compresi donne e bambini. I miliziani neri non sono nuovi a sotterfugi, raggiri, e soprattutto a crudeltà esasperate profuse a filo di lama o con qualsiasi strumento. Ieri hanno usato pallottole e bombe per istillare panico e nuova voglia di fuga. La presenza stanziale della popolazione li infastidisce, soprattutto quando sanno che quella gente resiste e resisterà senza piegarsi al proprio volere. Sia l’enclave di Kobanê, sia la località di Tal Abyad creano non pochi ostacoli alla pianificazione dello Stato Islamico che nella parte nord, lungo tutto il confine turco (un confine dimostratosi in varie circostanze amico) deve fare i conti col sigillo combattente delle Unità di protezione del popolo.

Ora nei rovesci del fronte la tendenza militare delle ultime settimane potrebbe produrre un tentativo di sfondamento delle Ypg verso Raqqa, la cui direttrice è aperta dopo la riunificazione dei collegamenti diretti fra i tre cantoni kurdi. Temendo un simile attacco, magari solo come fobìa insinuata nell’istituzione che i fedelissimi di Al-Baghdadi hanno costruito per mesi e che il 29 giugno segna un anno di vita, è partita quest’operazione disturbatrice. Diversificatrice verso Kobanê e Hassakeh, località che fra loro distano oltre 270 km, e che per essere difese richiameranno miliziani del Rojava verso est e ovest, distogliendoli appunto da un possibile impiego da Tal Abyad in direzione sud per Raqqa. Fra i due centri corrono una novantina di chilometri, ma le forze kurde sono scese nella ancor più vicina Ain Issa, a quaranta chilometri dalla capitale del Califfato. Insomma sarebbero in corso operazioni tattiche. I comandanti di Baghdadi che, in più circostanze avevano mostrato una predilezione per comportamenti da esercito, non solo nelle parate post conquista ma per come si dispongono nello scontro, in queste ore sono passati a pratiche di guerriglia. Usano miliziani in ranghi ridotti, con formazioni leggere capaci di sganciarsi, colpire e dileguarsi. Magari solo per svariare e impegnare il nemico in luoghi differenti da quelli predisposti per i principali obiettivi. Nel Rojava lo scontro continua.

articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it

 

 

 

 

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