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Tsipras a Strasburgo: “Vogliamo la riduzione del debito”

Vien da pensare che la vittoria del NO al referendum greco stia facendo saltare un po’ di schematismi anche all’interno dell’edificio instabile chiamato Unione Europea. E diversi degli “allineati” a Merkel, Schaeuble e Weidmann cominciano ora a fare piccole distinzioni, suggerire cautela ai “falchi”, magari persino immaginare qualche risposta alla crisi diversa dall’austerità ordo-liberista teutonica.

Niente che possa mettere in duscussione la “linea” della Troika, ma un refolo di vento che segnala l’emergere di contraddizini interne fin qui dopite con molta facilità.

L’accoglienza che il Parlamento di Strasburgo – il più inutile dei parlamento al mondo, privo com’è del potere legislativo – rientra nel ristretto novero dei trionfi attribuiti in genere alle rockstar, più che agli attuali grigi e ragionieristici “leader senza carisma” del continente. Le cronache più asettiche (l’Ansa, per esempio) recitano: “Al suo ingresso alla plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo il premier greco Alexis Tsipras è stato accolto da applausi e urla di incitazione. Molti lo hanno atteso per stringergli la mano, scattare foto e selfie”. Se reggerà alla pressione, alla prossima occasione lo intitoleranno “el libertador”, novello Simon Bolivar?

Era atteso per un discorso che avrebbe dovuto illustrare le “nuove proposte” elleniche in materia di “riforme strutturali” da realizzare in cambio dell’ennesimo pacchetto di aiuti, secondo la logica perversa per cui a ogni taglio corrisponde una caduta del Pil e delle entrate, quindi un aumento del debito pubblico che renderebbe “necessarie” altre “riforme”, tagli al welfare, alla contrattazione, più privatizzazioni.

Hanno dovuto invece ascoltare – tra diversi applausi – un atto d’accusa contro “le istituzioni” (Unione Europea, Bce, Fmi) quasi con le stesse parole di un comizio interno: “I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, i soldi sono stati dati per salvare le banche europee e greche. La mia patria si è trasformata in un laboratorio sperimentale di austerità, ma l’esperimento non ha avuto successo”.

Il primo obiettivo dichiarato della “nostra proposta” – detto a Straburgo, non in un messaggio televisivo rivolto ai soli greci – è “La lotta alla disoccupazione”. Non poprio in cima alle preoccupazioni dei “creditori”.

E quindi ha tracciato la vera “linea rossa” che non potrà valicare in quest’ultima, quasi disperata, tornata di negoziato: “un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi: ricordo che il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953, quando venne tagliato il 60% del debito tedesco, dopo la Guerra”.

Quella di voler restare all’interno dell’Unione Europea e dell’euro, in queste condizioni, è – come abbiam scritto sempre – una grande illusione di Syriza e di Tsipras. Ma stavolta Tsipras l’ha espressa in modo quasi ingenuo (avendo di fronte le facce dei marpioni che bivaccano tra Strasburgo e Bruxelles): “Se avessi voluto trascinare la Grecia fuori dall’euro non avrei fatto le dichiarazioni che ho fatto dopo il referendum, io non ho un piano segreto per l’uscita dall’euro e vi sto parlando davvero con il cuore in mano”

Si è fatto quindi forte del risultato referendario per limitarne alla sola prospettiva “riformista” il significato politico: “La scelta coraggiosa del popolo greco, in condizioni senza precedenti, non è una scelta di rottura con l’Europa ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue. E’ un messaggio chiarissimo. Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo”.

Confermata dunque anche la richiesta di un piano di salvataggio con lo strumento del cosiddetto “fondo salva-stati” (Esm): “Vogliamo lanciare un dibattito sulla sostenibilità del debito pubblico, non ci possono essere tabù tra di noi per trovare le soluzioni necessari. Oggi invieremo la nostra richiesta all’Esm” e “spero che nei prossimi giorni risponderemo a questa crisi per tutta l’eurozona”.

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Il testo del discorso:

Onorevoli parlamentari,
è un onore per me parlare in questo vero e proprio tempio della democrazia europea. La ringrazio molto per l’invito, Presidente. Sono onorato di incontrare i rappresentanti eletti dei popoli d’Europa, in un momento critico sia per il mio paese- per la Grecia e per la zona euro- e pure per l’Unione europea nel suo insieme.
Mi trovo in mezzo a voi, a pochi giorni dal forte verdetto del popolo greco, seguito alla nostra decisione di consentirli di esprimere la sua volontà, a decidere direttamente, di adottare una posizione e prendere attivamente parte ai negoziati per quanto riguarda il futuro. A pochi giorni dal forte verdetto, abbiamo rafforzato i nostri sforzi per raggiungere una soluzione socialmente giusta e finanziariamente sostenibile al problema greco, senza gli errori del passato che hanno condannato l’economia greca, e senza l’austerità perpetua e senza speranza che ha intrappolato l’economia in un circolo vizioso di recessione e la società in una depressione duratura e profonda.
Il popolo greco ha fatto una scelta coraggiosa, sotto pressioni senza precedenti, con le banche chiuse, con la maggior parte dei media che hanno cercato di terrorizzare la gente dicendo che un NO avrebbe portato ad una rottura con l’Europa.
È un piacere per me essere in questo tempio della democrazia, perché credo che siamo qui per ascoltare prima gli argomenti e poi giudicare tali argomenti. “Colpiscimi, ma prima ascoltami “.

 

La scelta coraggiosa del popolo greco non è per una rottura con l’Europa, ma per un ritorno ai principi fondamentali della costruzione europea, ai principi di democrazia, solidarietà, rispetto reciproco e uguaglianza.
Si tratta di un messaggio chiaro che l’Europa – il nostro comune progetto europeo, l’Unione europea- o sarà democratica o si troverà ad affrontare enormi difficoltà di sopravvivenza, date le condizioni difficili che stiamo vivendo.
La trattativa tra il governo greco e i suoi partner, che sarà completata a breve, cerca di riaffermare il rispetto dell’Europa per regole operative comuni, così come il rispetto assoluto per la scelta democratica del nostro popolo.
Il mio governo e io, personalmente, siamo saliti al potere circa cinque mesi fa. Ma i programmi di soccorso sono in vigore da circa cinque anni.

 

Mi assumo la piena responsabilità di ciò che è accaduto nel corso di questi cinque mesi. Ma dobbiamo tutti riconoscere che la responsabilità principale per le difficoltà che l’economia greca sta vivendo oggi, per le difficoltà che l’Europa sta vivendo oggi, non è il risultato di scelte fatte negli ultimi cinque mesi, ma nei cinque anni di programmi di attuazione che non hanno portato a far finire la crisi.

 

Voglio assicurarvi che, a prescindere dalla vostra opinione, se gli sforzi di riforma sono stati buoni o cattivi, resta il fatto che la Grecia, e il popolo greco, hanno fatto uno sforzo senza precedenti nel corso degli ultimi cinque anni. Estremamente difficile e duro.

 

Questo sforzo ha esaurito la capacità di resistenza del popolo greco.
Naturalmente questi sforzi non solo si svolgono in Grecia. Hanno preso posto altrove, come pure – e io rispetto pienamente lo sforzo di altre nazioni e governi che hanno dovuto affrontare,e decidere misure difficili – in molti paesi europei, dove sono stati attuati programmi di austerità.

 

Tuttavia, in nessun altro posto questi programmi sono stati così difficili e di lunga durata come in Grecia. Non sarebbe esagerato dire che il mio paese è stato trasformato in un laboratorio sperimentale di austerità negli ultimi cinque anni. Ma dobbiamo tutti riconoscere che l’esperimento non è riuscito.

 

Negli ultimi cinque anni, la disoccupazione è alle stelle, la povertà è salito alle stelle, l’emarginazione sociale è cresciuta enormemente, così come il debito pubblico, che prima del lancio dei programmi era del 120% del PIL, ed è attualmente il 180% del PIL. Oggi, la maggior parte di popolo greco, a prescindere dalle nostre valutazioni, questa è la realtà e dobbiamo accettarla, sente di non avere altra scelta che combattere per fuggire da questo corso senza speranza. Ed è proprio questo desiderio, espresso nel modo più diretto e democratico che noi, come governo, siamo chiamati a contribuire a realizzare.

 

Cerchiamo un accordo con i nostri partner.

 

Un accordo, però, che porterà ad una fine definitiva alla crisi. Che darà speranza, perchè alla fine del tunnel, c’è la luce. Un accordo che sarà la base per affidabili e necessarie riforme, nessuno si oppone a questo, ma che sposterà l’onere di coloro che hanno davvero la capacità di farsene carico – e che, nel corso degli ultimi cinque anni, sono stati protetti dai governi precedenti – onere che è stato posto interamente sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati, di quelli che non possono più sopportare.

 

E, naturalmente, con politiche redistributive di cui beneficeranno le classi medie e basse, può essere raggiunta una crescita equilibrata e sostenibile.

 

La proposta che sottoponiamo ai nostri partner comprende:
Riforme credibili, sulla base, come ho detto prima, dell’equa distribuzione degli oneri, e con il possibile effetto minimo di recessione.
La richiesta di un’adeguata copertura dei fabbisogni di finanziamento a medio termine del paese, con un programma di crescita forte; se non ci concentriamo su un programma per la crescita, allora non vedremo mai la fine della crisi. Il nostro primo obiettivo deve essere quello di combattere la disoccupazione e incoraggiare l’imprenditorialità,
-e naturalmente, la richiesta di un impegno immediato per iniziare un dialogo sincero, una discussione significativa per affrontare il problema della sostenibilità del debito pubblico.

 

Non ci possono essere tabù tra di noi. Dobbiamo affrontare la realtà e cercare soluzioni a questa realtà, a prescindere da quanto possano essere difficili queste soluzioni.

 

La nostra proposta è stata presentata per la revisione all’Eurogruppo, durante il vertice di ieri. Oggi, stiamo inviando una richiesta al Meccanismo Europeo di Sostegno (ESM).

 

Ci siamo impegnati, in un paio di giorni, a fornire tutti i chiarimenti per quanto riguarda la nostra proposta, e mi auguro che riusciremo a soddisfare i requisiti per risolvere questa situazione critica nei prossimi giorni, sia per il bene della Grecia, come pure come per il bene della zona euro.

 

Direi, soprattutto, per il bene della zona euro non solo per motivi finanziari, ma anche per il bene geopolitico dell’Europa.

 

Voglio essere molto chiaro su questo punto: le proposte del governo greco per finanziare i suoi obblighi e ristrutturare il proprio debito, non hanno lo scopo di gravare ulteriormente il contribuente europeo. Il denaro dato alla Grecia – siamo onesti – in realtà non è mai arrivato al popolo greco. Il denaro è stato dato per salvare le banche greche ed europee, ma non è mai andato al popolo greco.

 

Inoltre, da agosto 2014, la Grecia non ha ricevuto alcuna rata di erogazione in base al piano di salvataggio fino alla fine del mese di giugno,rate di importo da 7,2 miliardi di euro. Non sono state concesse da agosto del 2014, e vorrei sottolineare che il nostro governo non era al potere da agosto 2014 a gennaio 2015. Le rate non sono state erogate perché il programma non è stato attuato. Il programma non è stato attuato in quel periodo (vale a dire, agosto ’14 -Jan. ’15) -non a causa di questioni ideologiche, come avviene oggi, ma proprio perché al programma, allora come ora, mancava il consenso sociale. A nostro avviso, non è sufficiente che un programma sia corretto, è importante anche che sia possibile da attuare, che esista consenso sociale affinché possa essere attuato.

 

Onorevoli parlamentari, allo stesso tempo, in cui la Grecia stava negoziando e rivendicando 7200000000 € di erogazioni, ha dovuto rimborsare alle stesse istituzioni rate del valore di € 17500000000. Il denaro è stato pagato dalle magre finanze del popolo greco.

 

Onorevoli parlamentari, a dispetto di quello che ho detto, io non sono uno di quei politici che sostengono che “stranieri cattivi” sono responsabili per la sventura del mio paese. La Grecia è sull’orlo del fallimento a causa dei precedenti governi greci che hanno creato per molti anni uno stato clientelare, hanno sostenuto la corruzione, hanno tollerato o addirittura sostenuto l’interdipendenza tra la politica e l’élite economica e l’evasione fiscale su grandi quantità di ricchezza è rimasta incontrollata. Secondo uno studio del Credit Suisse, il 10% dei greci è in possesso del 56% della ricchezza nazionale. E che il 10% dei greci, nel periodo di austerità e di crisi, non sono stati toccati, non hanno contribuito agli oneri come hanno contribuito il restante 90% dei greci. I programmi di soccorso e il memorandum non ha neppure tentato di affrontare questi grandi ingiustizie.
Invece, le ha aggravate, purtroppo.
Nessuna delle presunte riforme, purtroppo, ha migliorato il meccanismo di riscossione delle imposte che è crollato, nonostante il desiderio di qualche “illuminato”, come anche giustamente spaventato, funzionario pubblico. Senza presunte riforme rivolte a colpire il famigerato triangolo di corruzione che è stato istituito nel nostro paese molti anni fa, prima della crisi, tra l’establishment politico, gli oligarchi e le banche. Nessuna riforma ha migliorato il funzionamento e l’efficienza dello Stato, che ha imparato ad operare per servire interessi particolari piuttosto che il bene comune.

 

E, purtroppo, le proposte per affrontare questi problemi ora sono sotto i riflettori. Le nostre proposte si concentrano su riforme reali, che mirano a cambiare la Grecia. Le riforme che i governi precedenti, la vecchia guardia politica, così come chi guida i piani del Memorandum, non voleva vedere implementate in Grecia. Questa è la semplice verità.

 

Trattare in modo efficace con la struttura oligopolistica e con le pratiche di cartello nei singoli mercati – tra cui il mercato televisivo non regolamentata inspiegabilmente-  costituiscono priorità di riforma del nostro governo, il rafforzamento dei meccanismi di controllo in materia di entrate pubbliche e il mercato del lavoro per combattere l’elusione fiscale e l’evasione, modernizzare la Pubblica Amministrazione.

 

E, naturalmente, ci aspettiamo che i nostri partner siano d’accordo su queste priorità.
Oggi, veniamo con un mandato forte da parte dei cittadini greci e con la ferma determinazione di non scontrarci con l’Europa, ma a scontrarci con gli interessi acquisiti nel nostro paese, e con le logiche e gli atteggiamenti che hanno portato la Grecia in crisi, e che stanno mettendo anche un freno all’Eurozona.

 

Onorevoli parlamentari,
l’Europa è a un bivio critico. Ciò che noi chiamiamo “crisi greca” non è che l’incapacità generale della zona euro di un trovare una soluzione definitiva a una crisi del debito insostenibile. In realtà, questo è un problema europeo, e non esclusivamente un problema greco.
E un problema europeo richiede una soluzione europea.
La storia europea è piena di conflitti, ma anche, di compromessi. Ma è anche una storia di convergenze e di allargamento. Una storia di unità e non di divisione. Ecco perché si parla di una Europa unita, cerchiamo di non permettere che diventi un’Europa divisa. Attualmente siamo chiamati a raggiungere un compromesso praticabile e onorevole per evitare una rottura storica che possa ribaltare la tradizione di un’Europa unita.

 

Sofocle in “Antigone” ci ha insegnato che la più grande legge è la giustizia per gli esseri umani.
Sono certo che tutti noi comprendiamo la gravità della situazione e che risponderemo di conseguenza; ci assumeremo la nostra responsabilità storica.

 

Grazie.

* traduzione di  Daniela Sansone

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Intanto è arrivata la richiesta di Atene al fondo salvastati Esm e all’Eurogruppo. Questa la lettera inviata da nuovo ministro delle finanze Euclid Tsakalotos:

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