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Washington nomina i ministri a Kiev e poi manda la Nuland a controllarli

Nella zona oggetto della cosiddetta ATO (Anti Terrorističeskaja Operatsija) sono attualmente di stanza 64mila membri delle forze armate ucraine. Lo ha dichiarato il presidente Porošenko, sottolineando che essi <rappresentano una sicura difesa contro qualsiasi tentativo di sfondamento ed escalation delle azioni belliche>, ma lasciando imprecisata la questione se egli si riferisse al solo esercito “regolare”, che non comprende le migliaia di “volontari” e mercenari, soprattutto stranieri, arruolati nei battaglioni ultranazionalisti e  neonazisti. Lo stesso Porošenko, a fine giugno, aveva quantificato la presenza ucraina in 60mila uomini.

Sono gli stessi uomini che solo giovedì, secondo il Ministero della difesa della Repubblica Popolare di Donetsk (che, nonostante le voci di liquidazione circolate nei giorni scorsi e pur con una ristrutturazione operativa che risponde agli accordi di Minsk, continua a operare) hanno violato il cessate il fuoco 36 volte, anche con l’impiego di artiglieria pesante, razzi, mortai e carri armati. Colpiti in particolare le città di Donetsk, Jasinovataja e Gorlovka e i villaggi di Žabičevo e Spartak. Il vice comandante di corpo (pare che la ristrutturazione del Ministero sia tale per cui il 1° corpo fa capo alla DNR e il 2° corpo alla LNR) del Ministero della difesa della DNR, Eduard Basurin ha addossato la responsabilità personale per i bombardamenti e le vittime civili sul comandante ucraino del settore B dell’ATO, general-maggiore Sergej Naevo: <questo comandante esegue gli ordini criminali della junta di Kiev> ha detto Basurin, <dimenticandosi dell’onore di ufficiale e della coscienza umana, incurante della vita della popolazione civile>. Quanto la situazione nel Donbass non accenni a stabilizzarsi, lo dicono anche i dati della missione di monitoraggio Osce, secondo cui <la settimana è stata particolarmente tesa. Quasi duemila esplosioni a Donetsk e dintorni. In alcuni giorni, i colpi esplosi attorno l’aeroporto di Donetsk sono stati centinaia. Continua la fuga di civili, in cerca di posti più sicuri>.

E’ in questa situazione che, come scrive l’agenzia Novorossija, Porošenko apporta modifiche tali alla Costituzione, approvate sotto la supervisione diretta dell’assistente del Segretario di stato USA per l’Europa e l’Eurasia, Victoria Nuland (fisicamente presente in aula alla Rada ucraina, insieme all’ambasciatore statunitense a Kiev Geoffrey Pyatt) per accusare la Russia di far saltare gli accordi di pace di Minsk. Ieri la Rada ha trasmesso alla Corte suprema il testo con le modifiche costituzionali, diverse dalla prima redazione. Quest’ultima prevedeva che lo status speciale – contemplato dagli accordi di Minsk – di autogoverno in alcune province delle regioni di Donetsk e di Lugansk sarebbe stato stabilito da una norma specifica. Secondo la nuova redazione, voluta evidentemente da “Nulašenko”, tale specificazione è demandata alle norme transitorie di un nuovo testo costituzionale. Secondo i rappresentanti di DNR e LNR, le correzioni apportate non hanno niente a che vedere con gli accordi di Minsk e non rimuovono il conflitto di vedute tra Kiev e Donbass proprio sulla questione della riforma costituzionale.

Secondo il vice direttore dell’Istituto per la CIS (la Comunità di Stati Indipendenti, che raccoglie alcune delle ex Repubbliche sovietiche) Vladimir Žarikhin, intervistato da RIA Novosti <la stessa Nuland ha rivelato il senso dell’operazione. Era chiaro che più avanti si andava e più difficile diventava accusare falsamente la Russia di non attuare gli accordi di Minsk, quando proprio Kiev ne violava tutti i parametri. Così, si doveva dimostrare che Kiev è orientata ad attuare quegli accordi e si è trovato un punto che può essere compreso a doppio senso – si attuano e al tempo stesso non si attuano>. E quel punto era proprio la Costituzione. Ma già questa è una violazione: <non si sono consultati i rappresentanti di DNR e LNR, come previsto a Minsk. Inoltre, secondo la stessa legge fondamentale ucraina, le modifiche costituzionali debbono essere approvate da due sessioni della Rada suprema con almeno 300 voti. Nel 2015 rimane una sola sessione e Minsk prevede che il progetto venga approvato entro il 2015>.

Già lo scorso 13 luglio il Centro Informazioni di Lugansk riportava la dichiarazione congiunta dei rappresentanti di LNR e DNR al Gruppo di contatto, Vladislav Dejnego e Denis Pušilin, secondo i quali <la leadership ucraina continua sistematicamente a mimare l’attuazione degli accordi di Minsk. Vengono approvate, una dopo l’altra, leggi che nella lettera e nello spirito contraddicono quegli accordi e vengono presentate come punti conseguenti della realizzazione di “Minsk-2”>. Le garanzie di uno status speciale per il Donbass, hanno detto Pušilin e Dejnego, debbono essere fissate nel corpo della Costituzione e devono rivestire carattere permanente e non transitorio.

Il progetto di legge presentato da Porošenko non presuppone alcuno status speciale per alcune province delle regioni di Donetsk e Lugansk, non parla di federalizzazione, ma solo di decentralizzazione e prevede invece, secondo RT, che lo status del Donbass verrà definito da una legge specifica. Il politologo Aleksandr Pavič rileva che nel progetto non si fa parola di autonomia, mentre Nuland <è venuta a Kiev e ha indicato apertamente cosa fare. Ciò è semplicemente umiliante per il popolo ucraino. Gli ucraini dovrebbero porsi la domanda: davvero Majdan è stata fatta per ottenere ciò, affinché nel parlamento comparisse un curatore straniero che si accerta che si voti correttamente? E cosa ha da dire la UE, che sostenne Majdan? Davvero è democrazia, quando un funzionario straniero segue le votazioni parlamentari?>.

Vladimir Putin, nel corso di un colloquio del cosiddetto “Gruppo normanno” (il primo dallo scorso 30 aprile) tra Francia, Germania, Ucraina e Russia, ha sottolineato come la condizione principale per la soluzione della crisi ucraina sia il dialogo diretto tra Kiev e Donbass, anche nell’ambito del Gruppo di contatto, che riunisce a Minsk i rappresentanti di Kiev e Mosca, con la mediazione dell’Osce e la presenza di rappresentanti di DNR e LNR.

Per quanto riguarda poi i rapporti interni alla DNR stessa, giungono sempre più sicure smentite alle voci, cui si accennava prima, di una liquidazione del Ministero della difesa e addirittura di tentativi di colpo di stato militare, con relativo rovesciamento del presidente Aleksandr Zakharčenko, l’arresto di alcuni ufficiali dell’intelligence militare e l’ordine di arresto di altri ufficiali dello stato maggiore. Le voci – diffuse dall’ex capo dell’intelligence militare della DNR, Sergej Petrovskij e riportate da lenta.ru con la postilla di “notizie contraddittorie e praticamente non verificate” – avevano ricevuto credito soprattutto dopo che a Donetsk erano saltate in aria due automobili (una delle quali, della segretaria di  Zakharčenko, Elena Filippovna, rimasta gravemente ferita) ed era stato compiuto un attentato contro Jurij Sivokonenko, uno dei fondatori della DNR e candidato al posto di presidente>.

A queste voci ha risposto lo speaker del parlamento di Donetsk, Denis Pušilin. Secondo le sue parole, riportate da Cassad.net, <il sedicente ex capo dell’intelligence militare della DNR, Sergej Petrovskij, a suo tempo fuggito dalla Repubblica, parla di una trasformazione del Ministero della difesa della DNR. Tale idea può venire in mente solo a una persona lontana dalla comprensione della situazione militare nella regione – ma Petrovskij dovrebbe comprenderla – oppure a una persona cui potrebbe tornare vantaggiosa la cosa, cioè a un alleato delle forze armate o delle forze di sicurezza ucraine>. Anche Igor Strelkov, <che ha da poco celebrato l’anniversario dell’abbandono predatorio di Slavjansk, non si dà pace che Aleksandr Zakharčenko non segua le sue orme e invece  faccia di tutto, anche a prezzo della propria incolumità e della propria vita, per porre rimedio agli errori criminali> di Strelkov; al quale Strelkov, stando a quanto lasciato intendere da Pušilin, si attaglia evidentemente l’epigramma di Giovenale “… e per attaccamento alla vita perder i motivi dell’esistenza”. <Voglio dichiarare responsabilmente di fronte a tutti gli “eroi” fuggitivi dal Donbass, che a differenza di essi Aleksandr Zakharčenko, in tutto questo tempo, continua a lavorare in Donetsk e condivide ogni disagio con il popolo della DNR> ha detto Pušilin.

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