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Dall’Iraq al vicario di Aleppo “Ankara continua a sostenere l’Isis”

Mentre appare ormai evidente a tutti – tranne ad alcuni media embedded e naturalmente ai complici di Ankara nel mondo – che la cosiddetta ‘guerra all’Isis’ intrapresa dal regime turco altro non è che la continuazione della strategia di destabilizzazione della Siria intrapresa anni fa con l’inizio del sostegno ai jihadisti e di annichilimento della resistenza curda, il primo ministro uscente Ahmet Davu­to­glu ha incredibilmente pun­tato il dito con­tro il governo di Damasco respon­sa­bile secondo lui di aver faci­li­tato l’avanzata dello Stato Islamico. 

Ma nei giorni scorsi dure accuse sono state lanciate contro il partito islamista turco da più parti.
In un’intervista a Tv2000, il vicario cattolico di Aleppo, mons. Georges Abou Khazen ha accusato la Turchia e la grandi potenze di aver prima creato l’Isis e ora di continuare ad addestrarne i militanti e di comprare dai terroristi petrolio e reperti archeologici saccheggiati in Siria. “La gente teme che i turchi vogliano combattere i curdi sotto la scusa dell’Isis”, ha spiegato inoltre, commentando le operazioni militari che la Turchia sta realizzando contro le postazioni del Pkk in Iraq e in Turchia.
“Se è una scusa della Turchia per creare una zona indipendente dalla Siria – ha detto – allora diventa un po’ pericoloso. Se è una scusa per combattere i curdi e aumentare la confusione e la violenza, allora non è un segnale positivo. Sappiamo bene che la Turchia ha permesso all’Isis di entrare, di armarsi e avere il loro addestramento”. “L’Isis – ha proseguito l’alto esponente cattolico – è uno strumento nelle mani delle grandi potenze, da loro sono stati creati, armati e sostenuti. Invece di combatterli sul terreno comprano da loro il petrolio e i reperti archeologici rubati in queste terre”.
“Sappiamo bene chi sta comprando queste cose dall’Isis – ha aggiunto mons. Khazen – Non bisogna dare agli uomini dell’Isis le armi e non li devono addestrare. Nei paesi limitrofi della Siria, tra cui anche la Turchia, ci sono dei veri e propri campi d’addestramento”.
“Gli uomini dell’Isis – ha aggiunto il vicario di Aleppo – hanno preso le zone dove c’è il petrolio, l’hanno cominciato a vendere a 10 dollari al barile e adesso a 30 dollari. E chi sta comprando petrolio e reperti archeologici? Sicuro non sono i somali o quelli della Mauritania”. Mons. Khazen ha inoltre sottolineato che “con l’Isis non trafficano solo le compagnie occidentali. E chi ci rimette la vita è questa povera gente. Noi in Siria abbiamo 23 gruppi religiosi-etnici diversi che costituivano un bel mosaico. E adesso cosa stanno diventando ? E ci parlano di diritti dell’uomo”.
Contemporaneamente anche Hadi al-Ameri, comandante delle Unità di Mobilitazione Popolare, la coalizione di milizie sciite irachene impegnate contro i miliziani jihadisti dell’Isis, ha affermato che la tanto sbandierata offensiva della Turchia contro lo Stato Islamico non è il frutto di un cambiamento di linea politica bensì serve a coprire le connivenze di Ankara con i fondamentalisti e nel contempo a giustificare i duri attacchi contro il Pkk.
«Penso che gli attacchi turchi servano ad aiutare il Daesh, e non siano invece quello che qualcuno ha immaginato», ha dichiarato Ameri. «La Turchia non ha modificato la sua posizione. Queste operazioni le ha condotte contro il Pkk, che pure insieme agli altri curdi sta combattendo il Daesh in Siria. Ankara continua ancora adesso ad appoggiare l’Isis». “La Turchia ha sempre appoggiato lo Stato Islamico, come dimostrano i suoi bombardamenti nel nord dell’Iraq contro le basi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan e quelle delle Ypg (Unità di Protezioen del Popolo, ndr) nel nord della Siria, entrambi nemici della cordata wahabita” ha insistito il capo della forze Hashid Shaabi.

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