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La Russia tra diseguaglianze sociali, sanzioni ed egemonia energetica

Dove sta andando la Russia? Qual è la politica di Vladimir Putin, alla luce del fatto che come lui stesso ha detto riferendosi agli Usa, <stanno conducendo quella politica che ritengono giusta per i propri interessi>, ma <bisogna tendere a ricercare un equilibrio degli interessi.>? In una recente intervista Vladimir Vladimirovic ha dichiarato di far ciò che ritiene <necessario nell’interesse del mio paese e del mio popolo. Tra gli interessi della Russia non rientra lo scontro con gli altri paesi, ma a volte dobbiamo difendere i nostri interessi e, naturalmente, lo facciamo>. Se queste sono le linee cardine dei rapporti esterni, qual è il quadro interno russo? “Il paese si sta muovendo nella giusta direzione?” domandava un recente sondaggio del Centro Levada: il 59% degli intervistati pensa di sì, il 23% di no e il 18% è indeciso. “Approvate l’attività di Putin come presidente?”: 87% sì e 12% no; “e quella del premier Medvedev?” 65% sì e 33% no; l’attività del governo in generale è ben vista dal 58% dei russi, contro un 41% che non l’approva.

E dove stanno conducendo la Russia l’attività del presidente e del governo? Vediamo.

Su Komsomolskaja Pravda del 24 luglio si leggeva: in Russia la crisi si fa più profonda, ma ci sono sempre più miliardari. Stando ai dati del Servizio federale tributario, in un anno il numero di persone il cui reddito supera il miliardo di rubli è cresciuto del 5,8% (erano 309 nel 2014). Oggi 453 russi (+6,6%) hanno entrate da 500 milioni a 1 miliardo. 451 russi (+13%) hanno dichiarato da 1 a 10 milioni di rubli. Tra i fattori che avrebbero determinato, a fronte della crescita del numero di poveri, anche l’aumento di quello, risicatissimo, dei ricchi, la svalutazione del rublo (una manna per chi ha conservato la propria liquidità in valuta straniera) e le misure tese al rientro dei capitali. Basta ricordare che, a inizio anno, il Ministero per lo sviluppo economico prevedeva una fuga di capitali nel 2015 fino a 90 miliardi $ (era stata di circa 120 miliardi $ nel 2014).

Ma, mentre da una parte si parla di miliardari e di crisi economica, sugli stessi temi, Sovetskaja Rossija mette a confronto il paese che si arricchisce, col popolo che s’impoverisce a grandi passi: il numero ufficiale di poveri è di 22 milioni di persone. Rincarano i generi alimentari e di prima necessità, medicine e trasporti; dal 1 luglio le tariffe municipali (luce, acqua, gas) sono aumentate del 8-10%. La disoccupazione è al 5,5%, con 4,8 milioni di persone senza lavoro. Al febbraio scorso, RIA Novosti ne aveva calcolati meno di 960mila; all’epoca, oltre il 70% dei russi diceva di avvertire la crisi, soprattutto nell’aumento dei prezzi, nelle spese domestiche e nell’inflazione, insieme a un sensibile abbassamento del livello di vita e alla crescente disoccupazione. Ora, scrive ancora Sovetskaja Rossija, scende il potere d’acquisto dei salari e se le statistiche governative parlano del 15% di popolazione al livello di povertà, è però vero che, considerato il livello ufficiale di sussistenza pari a 10mila rubli (154 euro al cambio attuale), allora i poveri sono poco meno di 48 milioni, ossia il 33,4% della popolazione. Inoltre, se si tiene presente che 10mila rubli al mese rappresentano la soglia della povertà estrema, c’è un altro 43,7% che guadagna da 10mila a 25mila rubli, per cui il 77% dei russi arriva a mala pena a fine mese. A fronte di tanta povertà, scrive il giornale che, ancora negli anni ’90, con la Pravda chiusa dal potere eltsiniano, rappresentava l’organo semi ufficioso dell’opposizione comunista, cresce però l’arricchimento di ricchi e superricchi: il 10% dei russi più agiati è di 16,8 volte più ricco del 10% dei poveri. L’1% dei russi ricchi possiede il 71% del patrimonio nazionale. <E ad arricchirsi non sono solo i “biznesmeny”, ma anche i top manager, i direttori delle imprese statali di materie prime e gli alti funzionari: tutti a spese della parte più povera del paese. E’ in corso un taglio colossale alla spesa sociale, soprattutto su assistenza sanitaria e istruzione; si riduce l’indicizzazione di pensioni e assicurazioni sociali. E dopo? Rimane solo la carità> scrive Sovetskaja Rossija <zuppa gratuita per i poveri e i senzatetto; per i malati e i bisognosi, la speranza nella misericordia del ricco che, proprio a loro spese, ha creato il suo capitale>.

Effettivamente, già a fine 2014, l’ufficiale VtsIOM aveva rilevato come il 10% dei manager meglio pagati a Mosca guadagnasse circa 207mila rubli mensili, a fronte di una media per l’intera Russia di 30.000 rubli (da un minimo di 18.000 a un massimo di 38.000 rubli, a seconda delle regioni). Ma, lo stipendio medio mensile dei dipendenti pubblici nel 2013 era stato di 98.400 rubli: il 36,5% in più rispetto al 2012; nell’amministrazione presidenziale il salario medio nel 2013 era pari a 230.800 rubli; i dipendenti governativi nel 2014 hanno goduto di una media mensile di 200.400 rubli. I funzionari del Consiglio della Federazione hanno viaggiato su una media di 120 mila rubli e quelli della Duma si sono fermati a 96mila rubli; e si prevedeva che nel triennio 2014-2016 gli stipendi dei funzionari federali aumenteranno significativamente: già stanziati 135 miliardi di rubli.

D’altra parte, a livello ufficiale si constata l’assottigliamento del 5% della classe media negli ultimi due anni, con le “ristrettezze” di cui è solito lamentarsi questo strato di popolazione, per cui solo il 13% (era il 18% due anni fa) delle famiglie può permettersi di cambiare auto o appartamento, oppure andare in vacanza o assicurare ai figli scuole e istituti a pagamento. Ovviamente, in tali analisi, la maggiore preoccupazione è rivolta, più che a <lavoratori salariati o addirittura pensionati>, a ciò che <soffrono proprietari, top manager e simili funzionari, il cui reddito è legato alla crescita economica e all’efficienza del business>.

Secondo i dati di Forbes relativi al 2014, dal 2004 ad oggi il numero di miliardari russi è passato da 36 a 110 ed è guidato ancora una volta da Ališer Usmanov, del gruppo Gazprominvestholding, con un patrimonio di 17,6 miliardi $: dieci anni fa occupava la 36° posizione, con ‘solo’ 1 miliardo $. Il capitale complessivo dei 200 più ricchi “biznesmeny” russi è di 488,3 miliardi $ (contro i 446,3 del 2012), ma, di questi, ben 416,5 miliardi (85%) sono patrimonio dei primi 100. Nella classifica di Forbes ci sono anche alti funzionari pubblici: 10 deputati della Duma, 4 senatori, 4 consiglieri regionali, 2 governatori regionali, 1 ministro e il vice sindaco di Mosca.

Secondo il Centro Levada, il 60% degli intervistati ritiene che le diseguaglianze di reddito siano ammissibili solo se il divario tra ricchi e poveri non è troppo profondo; quanto a ritenere giusto che vi siano persone che, con mezzi legali, guadagnano milioni di rubli, il 30% si dice “d’accordo, se questi soldi sono guadagnati onestamente, ma il 47% non è d’accordo, dato che “tali soldi, onestamente, non si guadagnano” e il 70% ritiene “impossibile, oggi in Russia, guadagnare milioni di rubli onestamente”.

Ad ogni modo, se nel gennaio scorso, a Davos, il primo vice-premier Igor Šuvalov aveva dichiarato che la Russia <deve prepararsi alla crescita della disoccupazione>, sottolineando come la situazione economica fosse <significativamente peggiore che nel 2008>, ecco che appena pochi giorni fa il Ministro per lo Sviluppo economico Aleksej Uljukaev dichiara che la Russia ha raggiunto il punto più basso della caduta e ora <la situazione economica è migliore di quanto la maggior parte degli analisti avesse pronosticato alla fine dello scorso anno o all’inizio di quest’anno. Si è ridotta la dinamica della recessione. Attendiamo per le prossime settimane un cambio di traiettoria verso uno sviluppo positivo di mese in mese e poi, dal 2016, una crescita economica di anno in anno>. E’ così che Uljukaev, prevedendo una crescita del 2% del PIL già nel 2016, invita gli <imprenditori a partecipare attivamente agli investimenti>.

E’ chiaro che, nella tinteggiatura di tale quadro, le sanzioni decretate dall’Occidente, soprattutto nei confronti di compagnie energetiche russe, hanno contribuito non poco a tratteggiarne i contorni più temporaleschi. Ciò, sullo sfondo della caduta del prezzo del petrolio, dell’indebolimento del rublo e dell’alta indeterminatezza economica dovuta proprio alle sanzioni che, secondo il premier Dmitrij Medvedev, hanno causato una perdita di diverse decine di miliardi di dollari.

Ma le stesse sanzioni non impediscono a Mosca di rafforzare le proprie posizioni sul mercato energetico in varie aree del mondo. Secondo l’analista croato Ante Batovič su Global Risk insights, la Russia sta continuando a condurre una forte azione diplomatica in campo energetico, rimanendo così un giocatore globale su questo mercato. Ciò è particolarmente evidente nel caso dei contratti conclusi con la Cina per centinaia di miliardi di dollari oppure, sul fronte europeo, con l’alternativa al South stream rappresentata dal Turkish stream e il contratto da 2 miliardi di dollari con la Grecia per la costruzione del correlato gasdotto sudeuropeo. La Russia, afferma Batovič, è soggetto chiave anche sul mercato del gas nei Balcani: se Macedonia e Serbia manifestano forte interesse a partecipare al Turkish stream, la russa Gazprom controlla gran parte del settore energetico di Belgrado, attraverso la compagnia petrolifera serba NIS; compagnie russe controllano il 70% dei derivati petroliferi bulgari e la quasi totalità di quelli della Bosnia Erzegovina. Dopo l’incontro tra il premier russo Dmitrij Medvedev e quello sloveno Miro Cerar, si parla della possibilità che anche Lubiana possa partecipare al Turkish stream. In Africa poi, continua Batovič, gli investimenti russi vanno dalle imprese miste con la Nigeria per le ricerche dei giacimenti di gas, fino alla costruzione di quattro centrali atomiche con la partecipazione del gigante Rosatom. Sul versante latinoamericano, Mosca e Caracas hanno recentemente concluso un contratto da 14 miliardi di dollari (con un credito di 5 miliardi) per lo sviluppo della compagnia petrolifera venezuelana PDSVA. In Medio Oriente, si attendono accordi in campo petrolifero con Arabia Saudita e Iran.

E dunque, se il solito Centro Levada domanda “Come giudicate la situazione del paese”, il 12% risponde buona, il 53% “media e il 28% cattiva; su “quanto sia importante l’integrazione con l’Occidente”, il 48% si dice piuttosto d’accordo, il 16% completamente d’accordo e il 18% piuttosto non d’accordo. Infine, se sia più importante essere forti economicamente che militarmente, il 21% è d’accordo, il 37% piuttosto d’accordo e il 28% piuttosto non d’accordo. E, secondo un sondaggio dell’ufficiale VTsIOM, la maggioranza dei russi ritiene che il paese debba maggiormente sviluppare i rapporti con i paesi BRICS (54% degli intervistati) e dell’Unione Euroasiatica (36%), mentre quelli con l’Europa sono ben visti solo dal 19% e quelli con la Nato dall’11%.

Infine, il Centro Levada rileva che se a marzo 2014 il 56% degli intervistati si diceva preoccupato dell’isolamento della Russia e il 39% no, ora la situazione si è capovolta: il 38% è preoccupato e il 58% no. Così, se a marzo le sanzioni preoccupavano il 53% dei russi, oggi solo il 41%. Un anno fa il 36% osservava un sensibile peggioramento nella situazione economica del paese; oggi solo il 29%.

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1 Commento


  • Federico

    E come si giustificheranno stavolta i nostri mistici della geopolitica e dei BRICS? Non possono neanche cacciar fuori la balla della NEP, come fanno per la Cina visto che la Russia – neppure sul piano meramente formale – si dichiara e può dirsi un paese socialista (nonostante “i nostri” si ostinino a vederci ancora una specie di URSS!)

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