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Siria. Mosca propone coalizione contro Daesh, no dell’Arabia Saudita

Sul destino della Siria e di tutto il Medio Oriente è in atto in questi giorni un gran giro di valzer delle diplomazie internazionali, i cui esiti è ancora molto difficile prevedere.

Il capo della diplomazia saudita, Adel al-Jubeir, ha respinto ieri a Mosca la proposta russa di formare una grande coalizione per combattere lo Stato Islamico (Is) in Siria, rilanciando il suo appello alla rinuncia di Bashar al Assad. “Non fa parte dei nostri piani” ha detto il diplomatico in una conferenza stampa congiunta con il collega russo, Serghei Lavrov, che si sarebbe lasciato sfuggire un insulto nei confronti del suo omologo saudita rivelando lo stato delle relazioni tra i due paesi.

“L’Arabia Saudita fa già parte di una coalizione che lotta contro i terroristi” ha aggiunto, in riferimento all’adesione di Riad alla coalizione guidata dagli Stati Uniti e teoricamente impegnata in Iraq ed in Siria contro i fondamentalisti di Daesh ormai dall’agosto dell’anno scorso. Una offensiva che, forte dell'adesione di alcuni tra i paesi più potenti dell'area e delle forze armate degli Stati Uniti e di altre potenze occidentali, sembra però aver ottenuto assai scarsi risultati sul campo visto che i jihadisti stanno avanzando e conquistando terreno su molti fronti.
A fine giugno Vladimir Putin aveva proposto la creazione di un gruppo più ampio in funzione anti-Is, che includesse Turchia, Irak e Arabia Saudita, ma anche l’esercito regolare di Damasco schierato sul terreno contro i jihadisti. Un’iniziativa che Lavrov continua a portare avanti – la settimana scorsa era a Doha – ma senza successo vista la tolleranza quando non la aperta complicità dimostrata dalle petromonarchie nei confronti dello Stato Islamico e di Al Nusra. “Non si tratta di formare una coalizione classica con un capo supremo delle forze armate che le obbedisca…Si tratta di coordinare le azioni di tutti coloro che combattono già i terroristi, ovvero gli eserciti siriano e iracheno, i ribelli siriani e i curdi, affinché prendano coscienza della loro missione principale: lottare contro la minaccia terroristica e rinviare i loro regolamenti di conti. A differenza dell’Is, Assad non minaccia alcun paese vicino” ha ribadito ieri Lavrov ottenendo l'ennesimo 'no' come risposta. Intanto il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha incontrato il presidente siriano Bashar al Assad a Damasco invitando i Paesi della regione a "combattere terrorismo e fondamentalismo".

“Dico agli altri attori (regionali) e ai nostri vicini che ora è il momento di curarsi della verità, di rispondere alle aspirazioni del popolo siriano e di lavorare per combattere il terrorismo, il fondamentalismo e il settarismo”, ha detto il capo della diplomazia di Teheran. Un portavoce del ministero degli Esteri iraniano aveva spiegato che il nuovo piano di pace di Teheran era basato sul “rispetto per il legittimo diritto del popolo siriano alle riforme e a decidere il proprio futuro”.

Zarif è arrivato a Damasco ieri dopo alcuni colloqui realizzati a Beirut con le autorità locali, compreso l’omologo libanese Gebran Bassil. “Siamo pronti a collaborare, scambiare idee e lavorare insieme con queste nazioni per combattere estremismo, terrorismo e settarismo”, ha detto Zarif, che poi ha aggiunto: “Speriamo che la gente di questa regione e il popolo libanese traggano beneficio da questa cooperazione”.

Martedì sera Zarif aveva invece incontrato il primo ministro Tammam Salam e Hassan Nasrallah, leader del movimento sciita libanese Hezbollah, che combatte da tempo in territorio siriano al fianco delle truppe di Damasco contro i fondamentalisti sunniti.

E’ di ieri poi la notizia che il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Zarif intende incontrare il collega russo Sergei Lavrov a Mosca il prossimo 17 agosto.

Intanto, in Siria, alcuni gruppi islamisti e le forze lealiste si sono accordati per un cessate il fuoco di 48 ore in diverse città del Nord-Ovest del paese e lungo la frontiera libanese, in particolare nella città di Zabadani da tempo al centro di una offensiva di Hezbollah nel tentativo di cacciare i jihadisti.

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