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Chi si recinta contro la Russia e chi sogna le antiche proprietà

Tallin si accinge a erigere un muro alla frontiera con la Russia, scrive il 25 agosto Komsomolskaja Pravda. In tal modo l’Estonia intende recintarsi contro “elementi indesiderabili”. La barriera avrà un’altezza di 2,5 metri e una lunghezza di 108 km, lungo tutta la frontiera di terra con la Russia; sarà sormontata da filo spinato e videocamere. Secondo l’estone Postimees, i lavori inizieranno nel 2018 e avranno un costo di oltre 70 milioni di euro. In Russia ci si chiede come mai soltanto 2,5 metri, facilissimi da scavalcare, quando quella degli USA al confine col Messico ne misura 4 e quella israeliana 8. Evidentemente il muro non è diretto contro “l’immigrazione asiatica dalla Russia”, come sostiene Tallin, bensì contro i carri armati di Mosca, ritenuta in Estonia, come pure in Polonia, Lettonia e Lituania, la principale minaccia alla loro sicurezza e per “il contenimento della cui possibile aggressione” gli USA sono pronti a dislocare armamenti pesanti nell’Europa orientale e portare il proprio contingente a 5mila uomini, come ha scritto il NYT. Dal momento che Tallin non ha ancora trovato un nome per la costruzione, Komsomolskaja Pravda suggerisce, per non essere da meno del “Vallo europeo” voluto da Jatsenjuk in Ucraina, di chiamarla “Grande muraglia estone”.

A sud invece e ben all’interno delle frontiere russe, il principe Dmitrij Romanovič Romanov, pro-pronipote dello zar Nicola I (quello della repressione dei decabristi nel 1825, della repressione dell’insurrezione polacca nel 1831 e della restaurazione europea dopo le rivoluzioni del 1848: “il gendarme d’Europa”) e maggiore della famiglia cui apparteneva l’ultimo zar di Russia, Nicola II, è giunto in visita in Crimea, accompagnato dalla consorte, la principessa Feodora Alekseevna. Accolto coi massimi onori dalle autorità crimeane all’aeroporto di Simferopoli, Dmitrij Romanovič, nato sulla Costa azzurra, ad Antibes nel 1926, visiterà il palazzo Livadija (ex residenza estiva degli zar e sede, nel febbraio ’45, della conferenza di Jalta) e la tenuta Djulber, dove, nel marzo ’17, il governo provvisorio mise al sicuro parte della famiglia imperiale e da dove, nell’aprile del 1919, questa poté tranquillamente prendere il largo per la felice emigrazione. Secondo la Tass, l’erede degli zar ha espresso il desiderio di trasferirsi in modo permanente nella penisola e il vice premier della Crimea, Dmitrij Polonskij, ha assicurato il sostegno governativo per le relative formalità. Pare che all’erede dello zar sarà consentita addirittura la visita a Sebastopoli e alla base della flotta del mar Nero. Che il buon Dmitrij abbia già fatto un pensierino sui vecchi beni di famiglia? “O tempora, o mores”, per dirla con Cicerone!

 

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