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Russia, proteste contro le diseguaglianze sociali e i privilegi

Manifestazioni organizzate dal Partito comunista della Federazione Russa contro la politica socio-economica del governo di Mosca si sono svolte sabato scorso un po’ dappertutto nel paese. Nella capitale il leader Ghennadij Zjuganov ha sottolineato come il suo partito abbia “appoggiato le scelte presidenziali in occasione della vicenda della Crimea e in altre circostanze”, che hanno visto il Cremlino difendere gli interessi nazionali della Russia contro attacchi politici esterni, ma non ha mancato di denunciare gli indirizzi di politica interna che, secondo i comunisti russi, continuano a favorire esclusivamente gli interessi dell’oligarchia finanziaria.

Qual è in effetti, a grandi linee, la situazione sociale della Russia? Cosa pensano i russi del proprio paese e dei suoi dirigenti? Secondo un sondaggio condotto a luglio dalla società Romir e di cui Interfax ha dato notizia lo scorso 26 agosto, i russi sono oggi molto più orgogliosi del proprio paese e delle sue conquiste rispetto a qualche anno fa. Se nel 2003 il 25% degli intervistati dichiarava di non vedere nulla di cui andare orgogliosi, oggi la stessa risposta è data dal 6% soltanto e il 34% (era il 12% nel 2003) si dice orgoglioso di Vladimir Putin. Cresciuto anche il riconoscimento per i progressi nella cosmonautica (dal 1 al 10%), scientifici (dal 1 al 8%) e nel settore degli armamenti (dal 1 al 19%).

Ma, a fronte di questi dati, che possono testimoniare dell’umore “sovrastrutturale” dei russi, quanto favore riscuote oggi la politica governativa, in particolare quella sociale? Ancora una volta, se la linea di riaffermazione del peso internazionale della Russia, perseguita da Vladimir Putin, continua a godere dell’appoggio dei dirigenti del PC, non è così per quanto riguarda il corso di politica interna, a proposito del quale, ha detto Zjuganov, “ho l’impressione che nel governo ci siano alcuni autentici sabotatori. Non si sono trovati 140 miliardi di rubli per l’assistenza ai 12 milioni di “bambini della guerra” (i nati tra il 1928 e il 1945), ma si sono trovati 2 trilioni per i banchieri”. E’ così che gli slogan che hanno scandito le manifestazioni dei comunisti sono stati “Dimissioni del governo liberale!”, “Abbasso il potere del capitale e dell’oligarchia!”. “Il nostro partito ha difeso e difenderà sempre gli interessi del popolo lavoratore” ha detto Zjuganov; “abbiamo detto molte volte e lo ripetiamo che il capitalismo, soprattutto nella fattispecie dei truffatori e dei liberali, è fatale per la nostra nazione. Abbiamo dichiarato e dichiariamo: solo una svolta verso il socialismo e il governo del popolo può correggere una situazione così difficile e critica”.

Dunque, la situazione sociale, stando al vice premier Olga Golodets, ripresa da Interfax, vede un numero ufficiale di disoccupati, al 19 agosto scorso, prossimo al milione di persone. Poco o tanto? Per fare un sommario raffronto con l’Ucraina, l’Istituto ucraino di analisi e management stima che, entro l’inverno, la disoccupazione, aperta o mascherata, potrebbe raggiungere il 50%. In Russia, il Comitato per le statistiche registrava a gennaio 4,2 milioni di disoccupati, vale a dire il 5,5% della popolazione attiva; a giugno erano 4,1 milioni (5,4%). Secondo una ricerca del VTsIOM, le previsioni per l’occupazione non hanno subito sensibili variazioni tra gennaio e giugno. Il 31% degli intervistati nel sondaggio è convinto, in caso di perdita del posto di lavoro, di poter trovare una nuova occupazione nella stessa mansione, dandosi un po’ da fare; ma il 30% teme di trovare non poche difficoltà e il 12% non spera di trovare nuova occupazione, senza subire perdite di salario o di mansione. Il 30% degli intervistati ha dichiarato di avere almeno un conoscente o un parente che ha perso il lavoro negli ultimi 2-3 mesi; il 9% ha più di quattro conoscenti disoccupati; il 22% ne ha due o tre. Al VTsIOM ricordano come, dopo la drammatica crisi del 2008, il 60% degli intervistati avesse dichiarato di avere più di un conoscente disoccupato.

All’interno dello stesso governo russo non c’è unanimità nel definire quale, tra la crisi attuale e quella di 7 anni fa, sia la più grave.

Anche se non manca chi si diletta a lamentare la retrocessione di ben 5 (!) russi da miliardari a “semplici” milionari nel giro della settimana del crollo mondiale delle borse, è chiaro che i problemi della popolazione russa sono quelli della realtà quotidiana, con i prezzi dei prodotti alimentari cresciuti in media del 30-35% rispetto al 2014, complici soprattutto le sanzioni occidentali e il continuo calo del prezzo del petrolio. Secondo l’agenzia Bloomberg, la popolarità di Putin (89% di consensi allo scorso giugno che, al momento, rappresenta l’apice del suo successo) comincerà a calare se il prezzo del greggio, da cui deriva il 45% delle entrate russe e il cui andamento è apertamente pilotato da USA e Arabia Saudita, scenderà fino a 30 $ al barile e ci sarà il crac economico se precipiterà a 22,5 $. Ma già con un prezzo intorno ai 40 $ – stamattina il Brent era quotato a 49,08 $, dopo il minimo di 43 $ raggiunto nei giorni scorsi – la massa di riserve valutarie comincerà a risentirne, per la necessità di sostenere il rublo in caduta.

In questa situazione, denunciava nelle scorse settimane il PC russo, a fronte di circa 23 milioni di persone considerate ufficialmente sotto la soglia di povertà e di altri 30 milioni che arrivano a malapena a fine mese, la Banca centrale russa occupa il 19° posto tra i più grossi detentori di titoli di stato statunitensi, con 72 miliardi di $ a fine giugno. “Quali miracoli! Non investiamo nella nostra economia, i nostri cittadini diventano sempre più poveri, ma continuiamo a comprare titoli americani”. E come scriveva pochi giorni fa Sovetskaja Rossija, citando il Times, a causa della crisi, del crollo del prezzo del petrolio, delle sanzioni occidentali, dei bassi salari, cade la natalità, aumenta la mortalità per suicidi e alcolismo: secondo il direttore dell’Istituto di demografia e sviluppo, Jurij Krupnov, “nel 2050 dai 143 milioni attuali saremo scesi a 80 milioni”. Secondo il Ministero della sanità, nei primi 6 mesi del 2015 la mortalità è cresciuta del 5,2% rispetto al 2014, soprattutto tra le persone di età dai 30 ai 45 anni o anche più giovani. Secondo l’OMS, l’aspettativa di vita tra le donne è di 75 anni, ma tra “gli uomini è di appena 63 anni, un anno meno che nel Ruanda”. In ogni caso, il corso liberal-oligarchico, per ora, non sembra subire grandi scosse: è di questi giorni la firma presidenziale al decreto sul consolidamento delle quote private nel controllo di uno dei tre aeroporti internazionali moscoviti, quello di Šeremetevo, dopo che la USM Advisors di Ališer Usmanov (il primo miliardario russo, secondo Forbes, con un patrimonio che raggiunge i 20 miliardi di $), attraverso delle sue affiliate offshore, si era già assicurato il controllo del 60% di un altro aeroporto internazionale moscovita, quello di Vnukovo. I comunisti denunciano l’affitto di vasti territori (soprattutto investitori cinesi nella Russia orientale), la svendita delle risorse naturali, con i profitti dalla vendita del petrolio che ammontano a 16 trilioni di $ ma di cui solo 6 finiscono nelle casse dello stato; denunciano 40 milioni di ettari di seminativo lasciati incolti, con la produzione agricola caduta del 50%; e poi tagli alla spesa sociale; istruzione e medicina non più gratuite; innalzamento dell’età pensionabile…

E va ancora bene che, in Russia, ci sia comunque una qualche organizzazione politica che ricorda a chi giovino tali delizie a noi ben conosciute.

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