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Messico: proteste e sciopero della fame in nome dei 43 di Ayotzinapa

Dopo un anno di proteste e manifestazioni, anche cruente, alla fine il presidente messicano Enrique Peña Nieto ha dovuto annunciare la creazione di una squadra speciale incaricata di indagare sul caso dei 43 studenti della Escuela Normal di Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero, scomparsi un anno fa.
Per la scomparsa dei 43 studenti, avvenuta nei pressi della cittadina di Iguala, gli inquirenti avevano in precedenza arrestato il sindaco e altri dirigenti locali. In manette sono finite anche esponenti dei narcotrafficanti Guerreros Unidos: stando a un’inchiesta federale avrebbero assassinato i giovani, che gli erano stati consegnati dalla polizia locale agli ordini del sindaco, bruciandone i corpi in una discarica. La ricostruzione tuttavia è stata contestata tanto dagli esperti internazionali inviati dalla Commissione interamericana per i diritti umani che dalle famiglie delle vittime. La versione ufficiale diffusa dall’ex procuratore generale Murillo Karam allo scopo di placare le proteste e deviare l’attenzione dalle responsabilità degli apparati di sicurezza e del sistema politico connivente con i narcos è stata messa fortemente criticata e messa in dubbio da un’indagine indipendente realizzata dalla Commissione interamericana per i diritti umani, secondo la quale non c’è alcuna prova tangibile che i ragazzi siano stati bruciati in un discarica come affermato da alcuni membri dei Guerreros Unidos che tra l’altro, si è scoperto, avrebbero ‘confessato’ sotto tortura. Solo i resti carbonizzati di uno dei ragazzi sono stati identificati e la procura ha annunciato la scorsa settimana che un secondo potrebbe essere stato identificato.
Le famiglie dei ragazzi e i movimenti che chiedono verità e giustizia pretendono da tempo che si indaghi sul possibile ruolo dell’esercito, ed hanno accusato Peña Nieto di “non volersi compromettere”. Nonostante abbia appena incontrato le famiglie, il presidente “non si è impegnato ad accogliere nessuna delle nostre richieste”, ha spiegato a questo proposito Vidulfo Rosales Sierra, uno dei rappresentanti legale dei parenti delle vittime.
Prima dell’incontro con il presidente i genitori degli studenti desaparecidos hanno cominciato uno sciopero della fame della simbolica durata di 43 ore; le famiglie dei giovani scomparsi si sono riunite sotto una tenda bianca di fronte alla Cattedrale di Città del Messico nella storica piazza dello Zocalo e hanno dichiarato l’inizio della protesta. Reggendo cartelli con le foto e i nomi del loro figli, sono stati esaminati da un medico che ha verificato che potessero partecipare al digiuno. “per 43 ore berremo solo acqua e quando incontreremo il presidente saremo a digiuno” ha spiegato Nardo Flores, il cui figlio Bernardo è tra gli scomparsi.
I genitori e gli altri studenti della scuola sopravvissuti al massacro protesteranno domani, sabato, a Città del Messico, in occasione dell’anniversario della sparizione degli studenti nella notte tra il 26 e il 27 settembre del 2014.
C’è molta apprensione nei movimenti sociali e nelle forze di opposizione per la repressione che le forze di sicurezza potrebbero scatenare domani contro i manifestanti dopo che martedì scorso la polizia ha attaccato duramente la carovana delle madri che cercava di raggiungere la capitale federale del Messico. Lunedì scorso i familiari accompagnati da numerosi attivisti solidali e studenti hanno fatto irruzione nella sede della Procura Generale del Guerrero urlando slogan contro l’impunità e le connivenze tra apparati statali e gang dei narcos.
Inoltre le forze di sicurezza hanno usato le maniere forti bloccando con la violenza e caricando i giovani che a bordo di 12 autobus intendevano raggiungere la capitale dello Stato, Chilpancingo, per manifestare. Alla fine si sono contati nove feriti.

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