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Predicare l’ordine generando il caos

Nulla di quel che accade è come viene raccontato. Odiamo i dietrologi, veri consolatori di quanti sono stati ridotti a una sospettosa ignoranza, constatiamo semplicemente un fatto: quel che avviene è radicalmente differente dalla “comunicazione” emessa dalle cancellerie di tutto il mondo.

E’ la regola del presente, dove quel che un governo decide deve esser “raccontato” in modo sempre positivo, fino a ribaltare completamente il segno. Avevano cominciato con “guerra umanitaria” e altri ossimori dello stesso genere (in questi giorni: “tagliare le tasse non è né di destra né di sinistra”), sono andati avanti finora seminando il mantra “abbattere i dittatori e instaurare la democrazia”. Somalia, Afghanistan, Sudan, Mali, Iraq, Libia, Siria. ecc.

L’elenco dei paesi destabilizzati, in cui è stata distrutta o quasi qualsiasi autorità statuale relativamente “moderna”, è lunghissimo. Ma certo più breve della catena infinita di profughi in fuga da territori che non sono mai stati templi democrazia per ragioni sia storiche che di struttura sociale. Ossia perché prima ridotti a colonie, in cui veniva selezionata una burocrazia “compradora”; ma soprattutto perché Stati  “disegnati sulle carte geografiche”, con righello e compasso, senza alcun riguardo per le popolazioni che vi risiedevano. Popolazioni peraltro strutturate secondo secolari dinamiche tribali, in cui “l’individuo solitario” immaginato o creato dal capitalismo semplicemente non esiste e non ha alcuna possibilità di esistere. Luoghi, insomma, in cui il rito elettorale (l’unico certificato di esistenza in vita delle cosiddette democrazie occidentali) sbatte contro il voto dato per “appartenenza”, non per “opinione”.

In società del genere – dopo venti anni di guerre si può dire senza possibilità di smentite – l’abbattimento dei “dittatori” genera solo caos. Rompe equilibri costruiti su stragi e torture, certo, ma lascia dietro di sé un vuolo assoluto di potere in cui milizie di ogni genere e convinzione praticano solo stragi e torture. Quindi l’argomento “umanitario” o “democratico-liberale” è semplicemente destituito di senso. una narrazione di comodo per giustificare altre avventure, altre destabilizzazioni, altri esodi biblici.

Il regno del caos viene allargato ad ogni mossa che pretenda di “instaurare un ordine” compatibile con gli interessi imperiali o sub-imperialistici (la Turchia di Erdogan è un esempio lampante di questa categoria). La centralità degli Usa come unica iperpotenza globale viene ridotta, negli effetti pratici, da ogni nuova escalation. Più caos, non più ordine. Più spazio per progetti minori, o infimi, non maggior legame subordinato con il centro imperiale.

Un caos globale generatore di alleanze reversibili in qualsiasi momento, in cui l’eterogenesi dei fini diventa quasi dialettica meteristica della Storia, rovesciando ogni schema nel suo contrario.

Questa analisi di uno dei maggiori analisti italiani del caos mediorientale-islamico lo illustra in modo esemplare. Alberto Negri, su IlSole24Ore di oggi.

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