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Il Portogallo verso un “governo delle sinistre”?

Sembrava impossibile fino a pochi giorni fa ma pare ora che il Portogallo si stia avviando, dopo le elezioni del 4 ottobre, verso la costituzione di un ‘governo delle sinistre’, il primo dalla fine della dittatura fascista a metà degli anni ’70.
L’annuncio lo ha dato martedì il leader del Partito Socialista Portoghese al termine di un incontro con il presidente della Repubblica Anibal Cavaco Silva: “siamo in grado di formare un governo” ha detto Antonio Costa.
Alle legislative d’inizio mese il centrodestra al governo aveva perso la maggioranza assoluta dei seggi, ottenendone 107 (ben 25 in meno rispetto alla passata legislatura) con il 38.5% dei voti, seguito dai socialisti con il 32.4% e 86 seggi (12 in più). La coalizione di centrodestra “Portogallo Avanti” capitanata da Pedro Passos Coelho si era piazzata comunque in testa e la soluzione più probabile per evitare un governo di minoranza e il ricorso alle urne nel giro di pochi mesi sembrava quella di una ‘grande coalizione’ tra i popolari e i socialisti, tra l’altro caldeggiata dall’establishment europeo per evitare l’instabilità politica e soprattutto per impedire che l’impasse potesse causare un qualche ritardo nell’applicazione delle durissime misure di austerità imposte dalla Troika a Lisbona. 

Ma nei giorni scorsi le trattative tra Passos Coelho e Costa si erano formalmente interrotte e i tre partiti di opposizione – i socialisti, la sinistra europeista del Bloco de Esquerda e i comunisti coalizzati con i verdi nella Cdu – avevano fatto sapere di essere disponibili a sondare la possibilità di costituire una maggioranza ‘delle sinistre’ (le virgolette sono d’obbligo vista la natura liberista e filo-troika del PS, dal 1976 uno dei due pilastri del sistema politico bipolare) con l’obiettivo di estromettere le destre dal potere ed evitare ulteriori draconiani tagli alle pensioni e ai salari. E questo nonostante le enormi differenze programmatiche e ideologiche esistenti tra le tre formazioni politiche. Come conciliare un partito tutto interno all’establishment e che propone semplicemente una migliore e “più razionale” gestione dei diktat di Bruxelles e Berlino con i comunisti che invece propongono se necessario anche la fuoriuscita del Portogallo dall’Eurozona e dall’Unione Europea pur di mettere fine al saccheggio del paese e all’impoverimento di milioni di lavoratori e pensionati determinato dalle ricette a base di austerity e tagli? La possibile cerniera tra i due estremi, costituita dalla coalizione formata alcuni anni fa da formazioni ex maoiste, trotzkiste ed ecosocialiste – il Blocco di Sinistra – e approdata progressivamente a posizioni antiausterity che non mettono in discussione l’Unione Europea, potrebbe non essere sufficiente a tenere incollati socialisti e comunisti. A meno che questi ultimi non rinuncino alle proprie battaglie storiche (come il taglio netto del debito e le nazionalizzazioni, oltre all’uscita dalla Nato), agli impegni presi in campagna elettorale con i settori più colpiti dalla crisi e alla loro forte critica anticapitalista e si accontentino di tentare di trascinare i socialisti su posizioni meno liberiste. Una “mission impossible”, visto il commissariamento di fatto del Portogallo da parte dell’Unione Europea e del Fmi per contestare il quale occorrerebbero decisioni coraggiose e di rottura. Un coinvolgimento della CDU in un governo costituito all’insegna della semplice ‘riduzione del danno’ (la mission di Syriza in Grecia) potrebbe non solo generare una permanente instabilità dell’eventuale esecutivo ma anche causare un enorme danno di credibilità alla coalizione tra comunisti ed ecologisti, che già non ha brillato per il risultato ottenuto alle ultime elezioni con l’8.3%, pochi decimi in più rispetto alle precedenti nonostante lo scontento generato tra i ceti sociali più deboli da anni di sacrifici a senso unico e manovre lacrime e sangue.
Allo stato l’accordo annunciato dal leader socialista è stato confermato anche da fonti del Blocco di Sinistra e poi, ieri, dal segretario comunista Jerónimo de Sousa, che ha utilizzato la formula di ‘governo di alternativa’. “C’è una chiara maggioranza di deputati disponibili a formare un governo guidato dai socialisti, il che permetterà di presentare il programma e di iniziare a lavorare con soluzioni durevoli alla difesa degli interessi nazionali” ha spiegato De Sousa dopo un incontro con il capo dello stato.
Che a questo punto dovrà scegliere se incaricare Costa oppure il premier uscente che ha rivendicato il diritto a formare un governo in quanto “chiaro vincitore” delle elezioni.

Secondo gli analisti l’ex sindaco di Lisbona e attuale leader del PS, Antonio Costa, che pure ha raccolto un risultato elettorale deludente rispetto alle previsioni della vigilia, starebbe scommettendo su un governo di coalizione con le sinistre radicali – per quanto instabile o a breve termine che sia – in quanto questa soluzione gli permetterebbe di evitare una resa dei conti in seno al suo stesso partito. Alcune correnti socialiste infatti lo accusano di essere il principale responsabile del risultato non esaltante conseguito alle elezioni e potrebbero portare alla sua sostituzione nel congresso straordinario del partito previsto a breve. Comunque sia Costa che Coelho – quest’ultimo nel caso in cui il patto tra le ‘sinistre’ non andasse in porto – sperano nelle particolari condizioni istituzionali in cui si trova il paese. Infatti il Portogallo – il cui sistema è analogo a quello italiano – è entrato all’interno del cosiddetto “semestre bianco” e dunque in caso di crisi del governo appena costituito sarebbe impossibile sciogliere le Camere per andare di nuovo al voto prima dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, a gennaio del 2016.
Intanto le pressioni di Bruxelles su Lisbona aumentano e diventano vere e proprie minacce. Il vice-presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha minacciato il Portogallo di azioni punitive nel caso dovesse ulteriormente ritardare la presentazione del suo bilancio per il 2016. La scadenza era prevista per il 15 ottobre, ma il governo uscente non ha rispettato i tempi visto che non è affatto detto che le destre continuino a governare il paese.
All’interno del Portogallo, alcuni ambienti politici reazionari e quelli finanziari cominciano a fibrillare di fronte alla prospettiva che un ‘partito antisistema’ come quello comunista possa avere accesso al governo seppure all’interno di una coalizione guidata dai socialisti e come terzo socio in ordine di grandezza. E all’interno del gruppo parlamentare socialista non tutti sarebbero disponibili a votare la fiducia ad un esecutivo che comprenda BE e CDU.

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