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Obama e Netanyahu. Incontro freddo ma aumentano gli aiuti militari Usa a Israele

E’ stato faccia a faccia piuttosto freddo quello a Washington tra Obama e Netanyahu. Il primo dopo la crisi delle relazioni diplomatiche a seguito dell’accordo sul nucleare iraniano e il rifiuto a incontrarsi da parte della Casa Bianca quando Netanyahu, andò ad intervenire di persona al Congresso di Washington per spingere la lobby sionista forte dentro i repubblicani, ma anche in buona parte dei democratici, a contrastare la politica internazionale del presidente statunitense.

Obama ha incontrato Netanyahu come presidente a fine mandato, per affrontare una “discussione non facile” secondo i media Usa e israeliani, “che non aggiungerà nulla alla loro relazione inesistente”. Ma l’incontro è servito comunque a rinnovare il nuovo massiccio piano di aiuti militari statunitense a Israele che giunge a scadenza nel 2017.

Ogni anno per le sue spese militari Israele riceve 3 miliardi di dollari dagli Usa, in aggiunta ai finaziamenti del sistema missilistico Iron Dome che protegge Tel Aviv e Gerusalemme dal lancio di razzi. Netanyahu vuole praticamente un raddoppio con un aumento degli aiuti americani da 3 a 5,5 miliardi annui, motivandolo con l’aumento delle tensioni in Medio Oriente.
Il memorandum bilaterale sulla Difesa è comunque il massimo che gli Usa sono disposti a pagare a Israele per l’alleanza per ragioni strategiche che, secondo gli Usa, resta un pilastro da mantenere in piedi. Sul piatto c’è la fornitura di almeno 50 aerei F35 che l’America venderà a Israele e probabilmente anche gli elicotteri da trasporto V-22 Osprey.
Alla vigilia dell’incontro a Washington, Israele ha accettato la mediazione del segretario di Stato americano John Kerry e la Giordania per abbassare le tensioni a Gerusalemme e bloccare delle costruzioni nei Territori Palestinesi occupati. Netanyahu gioca però anche su un doppio tavolo: un accordo di sfruttamento milionario del giacimento di gas Leviathan nel Mediterraneo insieme con le multinazionali Usa  ma un ulteriore bluff sul “blocco” dei nuovi insediamenti dei coloni a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.

 

 

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