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Siria: Londra bombarda, Obama manda i reparti speciali, Mosca punta sui curdi

Lo scenario siriano sembra affollarsi ogni giorno di più di contendenti armati fino ai denti. Dando luogo a una inedita escalation, in poco tempo alcuni degli attori internazionali della destabilizzazione del paese, che ha portato allo scatenamento della guerra civile che ormai dal 2011 squassa il paese, hanno deciso di passare all’azione diretta, dopo aver a lungo finanziato, armato, protetto o quantomeno tollerato alcune delle forze in campo sul terreno.
Dopo il fallimento della strategia di Francia, Stati Uniti, petromonarchie e Turchia, in competizione tra loro ma unite nel progetto di provocare un rovesciamento del regime di Assad per poterne imporre un altro subalterno ai propri interessi economici, politici e militari, ora si assiste ad una vera e propria corsa all’intervento militare diretto in Siria.
Un intervento tira l’altro, come è avvenuto spesso in passato. Perché il rischio, per chi tarda troppo o tentenna, è di arrivare a giochi fatti, di venire quindi escluso dalla divisione delle spoglie e del bottino, vedendo così ridimensionate le proprie mire egemoniche in Medio Oriente e sullo scenario mondiale. 
Dopo la Francia, che ha intensificato il suo impegno militare e il numero di raid dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre, e la Germania, che ha deciso l’invio di 1200 soldati e di caccia e navi da guerra, ieri è stata la volta di Londra unirsi al lungo elenco di potenze impegnate nello scenario bellico siriano. Ovviamente con la scusa di combattere lo ‘Stato Islamico’, ma come nel caso di Francia, Stati Uniti e Germania con il reale obiettivo di determinare il rovesciamento del governo di Damasco e solo poi di ridimensionare il Califfato, magari a beneficio di qualche altra organizzazione jihadista concorrente più incline a rispettare gli interessi delle potenze occidentali.
E’ bastato veramente pochissimo tempo ai caccia di Londra per iniziare i bombardamenti in Siria. I Tornado avevano già i motori caldi sulle piste di decollo, e neanche un’ora dopo il via libera scontato del parlamento di Londra sono partiti dalla base di Akrotiri, a Cipro, per iniziare la campagna militare decisa dal premier David Cameron.
A pronunciarsi a favore dell’ennesima impresa bellica sono stati ben 397 membri della Camera dei Comuni, mentre in 223 hanno votato ‘no’ al termine di un lungo dibattito terminato intorno alla mezzanotte. Nonostante la posizione ufficiale del Labour Party e del suo leader Jeremy Corbyn fosse contraria all’inizio dei bombardamenti, ben 76 dei 232 parlamentari del centrosinistra britannico hanno sostenuto la richiesta del primo ministro, potendo contare sulla ‘libertà di voto’ concessa dallo stesso leader laburista quando si è reso conto che non avrebbe potuto tenere a freno i deputati interventisti. Nonostante un sondaggio condotto alla vigilia della decisiva seduta parlamentare avesse rivelato quanto la netta maggioranza degli attivisti del partito sia contraria al coinvolgimento nel conflitto in atto in Siria (in linea, del resto, con l’orientamento della popolazione britannica) ben 8 ministri ‘ombra’ laburisti hanno assunto posizioni belliciste. Tra questi il ministro ombra degli Esteri Hilary Benn, il vicesegretario del partito Tom Watson, e anche Maria Eagle, ministra ombra della Difesa che si sono platealmente dissociati da un Corbyn che appare sempre più un leader dimezzato e ostaggio dei settori di destra del suo partito.
A dire sì alla guerra anche gli unionisti nordirlandesi del Dup e i Liberaldemocratici, mentre invece dal gruppo del Partito Nazionale Scozzese è arrivato un compatto ‘no’ nonostante nei giorni scorsi Cameron avesse definito “simpatizzanti dei terroristi” coloro che si opponevano ai bombardamenti. A distinguersi dal loro partito sono stati invece una dozzina di parlamentari conservatori. Centinaia di manifestanti hanno protestato per tutto il pomeriggio, sdraiandosi anche a terra, davanti a Westminster, per ricordare che le principali vittime delle guerre moderne sono sempre i civili. Già lunedì scorso quasi 5000 persone erano scese in piazza per dire ‘no war’, ma il governo di Londra è andato dritto per la sua strada.
Dopo i primi raid della notte altri Tornado e Typhoon della Royal Air Force stanno raggiungendo Akrotiri a Cipro dalla base britannica di Lossiemouth per aumentare il volume di fuoco della missione di Londra, naturalmente considerata dal governo di Damasco illegittima e illegale, visto che non può contare sul consenso dell’esecutivo del paese attaccato. In realtà, la partecipazione dei caccia inglesi ai raid contro Daesh avrà probabilmente un carattere poco più che simbolico, come del resto sta già avvenendo per i bombardamenti operati da Parigi e altri paesi che aderiscono alla cosiddetta ‘coalizione internazionale’ guidata da Washington. Ma certamente Londra non vuole rimanere fuori dal novero delle potenze che potranno mettere bocca su un eventuale scenario futuro imposto a Damasco e controbilanciare l’influenza di Mosca e Teheran.
L’aumento del coinvolgimento delle potenze europee e dell’Unione Europea in quanto tale in Siria, dopo l’improvvisa decisione da parte russa di intervenire direttamente inviando bombardieri e consiglieri militari a supporto di Damasco, spinge la tuttora ondeggiante amministrazione statunitense a fare un ulteriore passo verso una estensione del proprio coinvolgimento sul terreno. Mentre Washington continua a criticare la missione russa perché colpirebbe non solo i miliziani di Daesh ma anche altre formazioni ‘ribelli’, il capo del Pentagono Ash Carter ha annunciato, nel corso di un’audizione alla commissione difesa della Camera di Washington, che il paese è in procinto di inviare in Siria anche forze di terra. Per la precisione altre Forze Speciali (che si aggiungerebbero ai commando già operativi nel paese da qualche tempo) che a detta del segretario alla Difesa avranno il compito di “realizzare blitz, liberare ostaggi, raccogliere informazioni per agevolare i radi aerei e catturare i capi dello Stato Islamico”. Per ora, quindi, niente massiccio intervento di terra. L’amministrazione Obama infatti continua a sperare di non essere obbligata a inviare un contingente massiccio di militari in Siria, scelta assai rischiosa dal punto di vista politico e militare, e invisa all’opinione pubblica interna oltre che internazionale. Per ora la strategia sembra ancora quella della ‘guerra leggera’, anche se Washington è costretta ad aumentare il supporto sul terreno, oltre che dai cieli, alle “truppe di terra” rappresentate dal Fronte delle Forze Democratiche Siriane, cioè dall’alleanza formata all’uopo dai combattenti curdi delle Ypg, da alcune formazioni armate assire e da gruppi riconducibili a ciò che resta dell’Esercito Siriano Libero.
Intanto sul terreno, anche grazie ai pesanti e continui raid russi, si registra un nuovo arretramento delle formazioni armate antigovernative ad Homs, importante teatro di conflitto negli ultimi quattro anni. Martedì i comandi ribelli operativi in città hanno accettato di ritirare le proprie forze dal distretto di Waer in cambio della concessione da parte delle autorità siriane dell’immunità. Ad Aleppo invece, contesa dall’esercito siriano, appoggiato dagli Hezbollah e dalle milizie iraniane, e da vari gruppi fondamentalisti, negli ultimi giorni sono in corso violenti combattimenti anche tra le Forze Democratiche Siriane e Fatah Halab, coalizione formata dai jihadisti di Ahrar al-Sham (affiliati ad al Qaeda) ed alcuni pezzi fondamentalisti dell’Esercito Siriano Libero. Gli islamisti accusano i curdi delle Ypg di essersi alleati, oltre che con gli Stati Uniti, anche con la Russia, dopo aver accettato nei giorni scorsi la copertura aerea da parte dei caccia di Mosca. Una conferma implicita ai ‘sospetti’ dei ribelli fondamentalisti sarebbe arrivata proprio da Mosca, dove il presidente Putin ha accennato all’ipotesi di armare le milizie popolari curde per rafforzare le loro posizioni ad ovest, per impedire attacchi da parte delle milizie turcomanne agli ordini di Ankara o per bloccare una invasione diretta dell’esercito turco che stando a numerosi rumor sarebbe sempre più imminente.

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