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Madrid: Confindustria, mercati e Ue tifano ‘grande coalizione’ tra Pp e Psoe

Per i leader politici di Madrid è un Natale da incubo quello che si avvicina dopo le elezioni politiche di domenica scorsa. Entro il prossimo 13 gennaio, quando si insedierà il nuovo parlamento a prima vista ingovernabile vista la frammentazione e la mancanza di una chiara maggioranza, dovrebbero riuscire, con l’aiuto del giovane re Felipe Sesto, a inventare il miracolo che eviti un ritorno alle urne in primavera. Un ritorno che l’establishment europeo vuole assolutamente evitare.

L’irruzione nel Congresso di 109 deputati, su 350, della ‘nuova politica’ di Podemos e Ciudadanos, l’emorragia di voti e di seggi dei due partiti che si sono spartiti il potere dal 1982 in poi, i veti incrociati e le linee rosse emersi già ieri, hanno precipitato il paese, scrive El Pais, in uno “scenario diabolico”.
Al premier uscente, il popolare Mariano Rajoy spetta il primo tentativo per formare il nuovo governo visto che il Partito Popolare ha ottenuto la vittoria con quasi il 29% nonostante il tracollo di 15 punti rispetto al 2011. “Il Partito popolare ha un mandato e la responsabilità per avviare un processo di dialogo per cercare di formare un governo stabile che possa dare alla Spagna la stabilità necessaria dentro e fuori dai suoi confini”, ha dichiarato Rajoy che ha annunciato trattative ‘discrete’ con i socialisti del Psoe e con la nuova destra di Ciudadanos. Ma il segretario socialista Pedro Sanchez per ora afferma che il suo partito voterà contro la sua investitura. E questo nonostante un pezzo consistente del Psoe, guidato dall’astro nascente Susana Diaz, dice che di fare accordi con Podemos non se ne parla e che la soluzione migliore è proprio un accordo con i popolari.

Il leader di Ciudadanos Albert Rivera ha promesso a Rajoy l’astensione del suo gruppo parlamentare, e invita i socialisti a fare lo stesso, pur di far nascere un governo di minoranza del Partito Popolare. In questo modo il partito ‘anticasta’ liberista e centralista non si sporcherebbe direttamente le mani con il potere e potrebbe sempre mollare Rajoy più avanti, in occasione di qualche misura antipopolare, cercando di guadagnare consensi a scapito degli alleati.
“Il nostro messaggio all’Europa è chiaro. Per noi la priorità in termini di organizzazione del sistema politico è la sovranità della Spagna. La Spagna non sarà mai più una periferia della Germania. Lavoreremo per ridare un senso alla parola sovranità per il nostro paese” ha detto da parte sua Pablo Iglesias, che pure ha lasciato aperto uno spiraglio ad una collaborazione con i socialisti. Il segretario di Podemos già ieri aveva parlato della necessità di un ‘compromesso storico’ tra le principali forze politiche, e della necessità di aprire una nuova fase di transizione che blindi i diritti sociali, conceda al paese un sistema elettorale proporzionale vero (non quello truccato attualmente in vigore) e conceda ai catalani un referendum sull’indipendenza di Barcellona (che pure Podemos non sostiene). Richieste che i socialisti ovviamente non possono e non vogliono sostenere pena la frattura del partito. Insomma trovare la quadra sarà molto, molto complicato.
Il rischio di un lungo periodo di instabilità, mette in allarme la Confindustria locale e gli ambienti finanziari, che insieme all’Unione Europea premono esplicitamente a favore di una “Grosse Koalition” alla tedesca, cioè ad una alleanza di governo tra Pp e Psoe che garantisca una maggioranza ampia e stabile. Alcuni ambienti non vedrebbero male la partecipazione anche dei liberisti di Ciudadanos, che allargherebbero ulteriormente la maggioranza di governo imprimendo all’esecutivo una verve ancora più incline all’austerity, ai tagli allo stato sociale, alle privatizzazioni. Questo mentre ieri la borsa di Madrid è crollata di vari punti e l’agenzia Moody’s ha spostato sul negativo l’outlook spagnolo. Una forma evidente di ricatto nei confronti del paese per anni tenuto sotto controllo da parte della Troika. Ma nel Psoe, come detto, il segretario tema che un’alleanza con gli odiati popolari favorisca una ulteriore ascesa di Podemos e in generale del voto di protesta. Ma anche se si andasse al voto di nuovo a breve i socialisti rischierebbero di essere sorpassati dal partito di Pablo Iglesias e di essere additati dagli ambienti di potere come responsabili del disastro.
Dall’impasse, affermano alcuni analisti, i socialisti potrebbero uscire chiedendo e ottenendo dal Partito Popolare che a guidare un eventuale governo di grande coalizione non sia il premier uscente, Mariano Rajoy, ma un altro esponente del Partito Popolare o addirittura un “indipendente”, magari un tecnico. In quel caso i socialisti potrebbero in parte salvare la faccia di fronte ad alcuni settori del proprio elettorato attuale o potenziale poco inclini ad una collaborazione con la destra.
Mentre il Re e i poteri forti cercano di districare la matassa, gli scenari possibili si moltiplicano. L’analista Enric Juliana ne delinea oggi cinque possibili per evitare nuove elezioni: una legislatura corta e un governo di minoranza Rajoy investito con l’astensione di Ciudadanos e Psoe (si tornerebbe al voto nel 2017); un governo tecnico di un anno, con un premier vicino ai popolari indicato dal re, appoggiato da Pp e Psoe; la Grosse Koalition tra PP e Psoe, presieduta da Rajoy con il segretario socialista Sanchez vicepremier; la stessa formula con un altro premier del Pp. E poi il più improbabile e instabile: un governo Sanchez sostenuto da Podemos, dai 2 eletti di Izquierda Unida, dai nazionalisti baschi del Pnv (6 deputati), e l’astensione di Ciudadanos. 

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