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Assad andrà a Teheran scortato da caccia russi

Sette caccia russi scorteranno l’aereo su cui volerà il presidente siriano Bashar al Assad verso Teheran per una visita ufficiale in Iran che dovrebbe avvenire “entro la fine di dicembre”. E’ quanto rivelano media libanesi e iraniani.
Secondo il quotidiano libanese “Addiyar”, “saranno utilizzati due velivoli civili e nessuno, fino all’ultimo minuto, saprà su quale aereo salirà il presidente”. Lo stesso quotidiano afferma che “sette cacciabombardieri Sukhoi scorteranno, andata e ritorno, i due aerei dall’aeroporto di Damasco oppure da quello di Latakiya allo scalo internzionale di Teheran”. L’agenzia di stampa semi-ufficiale Farsnews conferma la visita di Assad, ma sostiene che a scortare il volo saranno quattro caccia russi.
Stando ad entrambe le testate, le autorità di Baghdad sarebbero state informate del sorvolo sui cieli iracheni. Mentre il quotidiano panarabo al Quds al Arabi assicura che il Cremlino avrebbe già “informato della questione la coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli Stati Uniti, indicando che i caccia russi hanno ordine di aprire il fuoco contro qualsiasi velivolo che tentasse di avvicinarsi all’aereo su cui vola Assad”.
Secondo al Quds al Arabi, nei giorni scorsi, parlando in condizioni di anonimato all’agenzia stampa “Azad University”, una fonte governativa ha anticipato la notizia del viaggio di Assad, precisando che la visita sarebbe avvenuta entro “la fine di quest’anno”.
Dallo scoppio della guerra civile in Siria nella primavera del 2011 il presidente Assad ha effettuato una solo viaggio fuori del Paese recandosi a Mosca nel mese di ottobre.

Intanto il ministro degli Esteri di Damasco, durante una visita ufficiale a Pechino, ha informato che la Siria è pronta a partecipare ai negoziati di pace a Ginevra, finalizzati a mettere fine alla brutale guerra civile in corso nel Paese. 
“La Siria è pronta a participare al dialogo siriano-siriano a Ginevra, senza alcuna interferenza straniera”, ha detto Walid al Muallem durante un punto stampa al termine dell’incontro con l’omologo cinese Wang Yi.
La scorsa settimana, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha dato sostegno unanime al piano per mettere fine al conflitto siriano convocando intorno a un tavolo negoziale i ribelli – sostenuti dalle petromonarchie, dalla Turchia, e indirettamente da Unione Europea e Stati Uniti – e regime – sostenuto invece da Iran, Iraq, Russia ed Hezbollah. Con il cruciale appoggio di Stati Uniti e Russia, il piano punta a istituire un cessate-il-fuoco in Siria, possibilmente a gennaio, quando potrebbero inoltre iniziare i negoziati.

Ma dal terreno arriva la notizia che lo Stato Islamico ha allargato il suo controllo su una città nella zona orientale della Siria, al termine di combattimenti e attacchi kamikaze che hanno provocato ventisei morti in seno alle forze lealiste. I combattenti jihadisti si sono impadroniti di un quartiere industriale della città di Deir Ezzor, dopo una violenta offensiva iniziata questa mattina. L’attacco è stato lanciato mentre tre kamikaze dell’Isis si sono introdotti nel quartiere e hanno fatto esplodere la loro autobomba, uccidendo undici membri delle forze fedeli al governo di Damasco. Nei combattimenti sarebbero comunque stati uccisi anche 12 jihadisti. Dal 2013, i combattenti dell’Isis controllano la quasi totalità della provincia petrolifera di Deir Ezzor ma la metà dell’omonima capitale provinciale è ancora in mano alle forze governative. La città si trova 450 chilometri a nordest di Damasco. Se l’Isis se ne impadronisse, sarebbe la seconda capitale provinciale – dopo Raqqa – a finire sotto il controllo del gruppo jihadista.

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