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Regno Unito: sciopero dei medici contro l’aumento dell’orario di lavoro

Martedì scorso (12 gennaio) si è svolto in tutta l’Inghilterra uno sciopero dei medici “junior”, cioè in fase di specializazzione, per contestare i cambiamenti contrattuali proposti dal governo Cameron, che consisterebbero in una riduzione del salario del 30%; tradotto in termini monetari, gli specializzandi guadagnerebbero soltanto £ 3.25 l’ora per le ore straordinarie. E’ una riduzione veramente pesante, se si considera che attualmente i salari dei medici junior sono già sotto la media intersettoriale per i neolaureati.

Ma la contestazione non riguarda soltanto i salari (come vorrebbero farci credere i colonnisti di Murdoch), ma anche la proposta di aumento del monte ore lavorabili per la categoria, per creare un servizio continuativo su 24 ore; una proposta di aumento dell’orario di copertura per la quale non è prevista l’assunzione di ulteriore personale, avendo come conseguenza quindi un aumento di ore e responsibilità per i medici junior che già lavorono in condizioni critiche. Questi cambiamenti in definitiva significheranno condizioni di lavoro molto pericolose anche per la vita dei pazienti, come sottolineato dai tanti medici manifestanti.

Durante il giorno di sciopero i medici hanno lavorato solo in casi di emergenza (pronto soccorso), una protesta che sarà ripetuta il 26 gennaio, seguita da un giorno di sciopero totale il 10 febbraio. In un votazione interna al sindacato BMA (British Medical Association), con l’affluenza del 76%, il 98% dei medici hanno votato a favore degli scioperi. Ma, diversamente da quanto avvenuto per gli scioperi degli autisti della metrapolitana londinese, in questo caso l’attenzione e la condivisione dei motivi delle proteste sono ampie nell’opinione pubblica; un sondaggio della BBC indica che il 66% del pubblico intervistato era a favore della protesta dei medici. Sembra che questa volta il governo Cameron abbia superato il limite.

Lo sciopero dei medici ha scatenato un dibatito pubblico molto largo, che coinvolge parti della popolazione normalmente estranee ai problemi “politici”; di certo ha avuto una copertura più grande, ad esempio, del dibatito sulla nuova legge sulle case popolari, che vedrà practicamente la distruzione del diritto all’abitare nel Regno Unito. L’NHS (sistema sanitario nazionale), è tutt’ora considerato dai britannici, nonostante la diffusione capillare dell’ideologia neoliberista, il fiore all’occhiello del welfare nazionale, motivo per cui le mobilitazioni di questo inizio 2016 nel settore sanitario hanno la possibilità di generare maggiore coscienza e mobilitazione anti-austerità nella società.  

Questo dipenderebbe, però, anche dalla capacità della sinistra di rappresentare e indicare la lotta del settore sanitario non come specifica, settoriale, frutto di un errore nell’applicazione di un programma politico generale altrimenti valido, ma di evidenziarne la natura neoliberale e antipopolare, ricostruendo il filo nero che guida l’azione del governo, dal settore dei trasporti alle politiche abitative, passando dalla privatizzazione e smantellamento del sistema sanitario.

Il BMA ha dichiarato che l’applicazione delle proposte di Cameron e del ministro della salute, Jeremy Hunt, causerebbe un esodo dei medici britannici, perchè potrebbero scegliere di “votare con i piedi” trasferendosi al estero. E’ uno dei tanti segnali che le politiche di austerity stanno trasformando profondamente il paese, al punto da renderlo non più così attraente, nemmeno per i suoi cittandini.

Il dibatitto attuale sulla appartenza all’Unione Europea, ad esempio, dominato dalla destra, si concentra sulla migrazione europea nel Regno Unito e la necessità di poterla controllare. Nessuno parla, però, della migrazione dall’UK all’Europa continentale, quando il numero di britannici che vivono in Europa attualmente è praticamente equivalente a quello dei cittadini europei che vivono in UK: 2.2 millioni e 2.3 millioni rispettivamente. Si tratta non soltanto di pensionati che vanno a vivere in Spagna, ma di tanti giovani, spesso professionalizzati, emigrati per trovare una qualità di vita migliore in altri paesi europei.

I medici che non volessero tollerare le nuove condizioni di lavoro non hanno bisogno di viaggiare così lontano, in quanto la Scozia e il Galles, grazie al loro grado di autonomia, hanno la possibilità e hanno già provveduto a rifiutare le proposte di Jeremy Hunt. E’ un segnale del dissenso al governo Cameron da parte dei membri non inglesi dell’unione brittanica, una tensione che secondo alcuni analisti potrebbe raggiungere un punto critico in occasione del voto sulla permanenza nell’UE alla fine di quest’anno: la rottura dell’Unione Europea potrebbe significare la rottura dell’unione brittanica.

La speranza è quindi che le mobilitazioni contro le politiche del governo Cameron di questo inizio 2016 siano di buon auspicio, in un anno che per molti motivi potrebbe vedere dei cambiamenti significativi.

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