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Tunisia in rivolta a 5 anni dalla ‘rivoluzione’: scontri tra polizia e disoccupati

Torna ad accendersi la protesta sociale in Tunisia a pochi giorni dalla celebrazione del quinto anniversario della cacciata di Ben Alì in quella ‘rivoluzione dei Gelsomini’ che si è presto trasformata in una vittoria delle forze islamiste e liberali, da alcuni anni in lotta tra loro per il controllo del paese. A dare il fuoco alle polveri, a Kasserine, sabato scorso, la morte di un giovane disoccupato, Ridha Yahyaoui, salito su un pilone della luce durante una protesta nella quale aveva minacciato il suicidio: il suo nome infatti era stato cancellato dalla lista di nuovi ammessi per un posto di lavoro, indetto dal dipartimento regionale dell’Istruzione. Nei giorni scorsi centinaia di manifestanti si sono radunati davanti alla sede del governatorato per rivendicare il diritto al lavoro. Ieri poi, di fronte al divieto di effettuare un nuovo sit-in davanti al governatorato i disoccupati e i giovani si sono ribellati ed hanno iniziato a lanciare pietre scontrandosi duramente con le forze dell’ordine intervenute in assetto antisommossa. Gli scontri si sono presto estesi in tutta la città, costringendo il ministero dell’Interno a dichiarare addirittura il coprifuoco a Kasserine dalle 18 alle 5 del mattino.
Due manifestanti hanno anche tentato il suicido gettandosi dal tetto dell’edificio del governatorato (ma sono stati salvati dai soccorsi) mentre gli agenti hanno usato ingenti quantità di gas lacrimogeni e manganellate per disperdere la folla che protestava contro la mancanza di lavoro. 

Molti edifici pubblici e negozi sono stati chiusi e l’esercito è stato posto a difesa della sede della sede locale del governo.
Col tempo anche altri settori della popolazione si sono uniti alle rivendicazioni dei senza lavoro chiedendo la fine della marginalizzazione della regione e denunciando il sempre più alto grado di corruzione delle istituzioni.
La regione di Kasserine, non lontano confine con l’Algeria, è fra le più sfavorite dell’intera Tunisia ed è nel suo circondario che si trova il Monte Chambi, noto per essere rifugio di gruppi jihadisti. Nella regione la disoccupazione giovanile tocca il 27% circa, quando a livello nazionale il tasso di disoccupazione è del 15,3%.
Il bilancio della giornata di ieri è piuttosto pesante: 23 feriti leggeri di cui 4 denunciati tra i membri delle forze dell’ordine e 246 persone costrette a ricorrere alle cure mediche a causa dell’intossicazione da lacrimogeni.
Nonostante la dura repressione, nella serata di ieri le proteste da Kasserine si sono estese anche alle città di Tala e Feriana e al governatorato di Sidi Bouzid, riportando il paese a quegli episodi di protesta che nel 2010-11 innescarono l’insurrezione popolare che portò alla cacciata del dittatore Ben Alì, sostenuto dall’oligarchia locale e dall’Unione Europea. Anche allora ad accendere la miccia in Tunisia fu il disperato gesto di protesta, il suicidio di un giovane ambulante disoccupato, Mohamed Bouazizi, che dandosi fuoco il 17 dicembre del 2010 scatenò la ribellione di ampie fasce di popolazione contro il regime dopo anni di ristrettezze dovute alle misure di privatizzazione e liberalizzazione adottate dal governo e all’aumento del prezzo dei beni di prima necessità.
Alle notizie provenienti da Kasserine il governo di Tunisi guidato del premier Habib Essid (un governo di grande coalizione che vede uniti i liberali e gli islamisti più altre forze minori) ha provato a rispondere, nel tentativo di calmare gli animi, con la decisione lunedì scorso di rimuovere dall’incarico il delegato del governatorato che avrebbe ordinato la predisposizione della lista degli aventi diritto al posto di lavoro dal quale sarebbe stato escluso il giovane poi morto fulminato. Il presidente del parlamento tunisino Mohamed Ennaceur ha annunciato la visita a Kasserine di una delegazione di deputati originari del luogo per seguire da vicino la situazione e promesso una sessione plenaria speciale, alla quale ha invitato anche il primo ministro Essid, dedicata alla situazione socio-economica generale del Paese e soprattutto alla disoccupazione giovanile dei giovani laureati o diplomati. Sperando che ciò possa servire a placare gli animi e ad impedire una nuova sollevazione sociale.
Ma come una tegola proprio in questi giorni è arrivata la notizia che negli ultimi anni oltre 2000 investitori stranieri hanno deciso di spostare le proprie attività economiche dalla Tunisia al Marocco, giudicato più stabile, più favorevole dal punto di vista fiscale e con un rischio minore di affermazione delle componenti fondamentaliste islamiche.
Alle prese con il crollo del turismo, per sostenere il piano di sviluppo 2016-2020 nel mese di dicembre 2015 la Tunisia ha chiesto al Fondo monetario internazionale un nuovo pacchetto di aiuti, dopo aver ricevuto già 1,7 miliardi di dollari. 

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