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Strage dell’Isis a Baghdad, attacchi ad Abu Ghraib e Mahmoudiya

Nuova strage targata Isis ieri a Baghdad, in uno degli attacchi più sanguinosi degli ultimi mesi: sono almeno 75 i morti in un duplice attentato suicida compiuto in un affollato mercato di Sadr City, la parte della città abitata in prevalenza da sciiti. E il bilancio potrebbe drammaticamente aumentare, si contano infatti oltre 100 feriti, molti in gravi condizioni. «Le nostre spade non smetteranno di tagliare le teste degli apostati sciiti», è la rivendicazione dei jihadisti. La dinamica è la stessa utilizzata in altri drammatici attacchi: un kamikaze a bordo di una moto si è fatto esplodere accanto ai banchi dei venditori. Un altro è entrato in azione pochi minuti dopo, facendo strage tra la folla che tentava di soccorrere le vittime. L’effetto è stato devastante: i testimoni parlano di un mercato trasformato in un lago di sangue, brandelli di corpi ovunque, misti a resti di indumenti e telefoni fatti a pezzi. 

Altre 17 persone, in gran parte militari, sono rimaste uccise nell’assalto a un centro di comando di Abu Ghraib, distretto occidentale della capitale, tristemente noto per il suo carcere, che fu teatro degli abusi e delle torture commessi dagli statunitensi ai danni dei prigionieri iracheni. In azione almeno sei brigate di miliziani. Tre attentatori suicidi a bordo di autobomba hanno aperto la strada all’assalto dei jihadisti, armati con lanciagranate e fucili automatici.  I combattimenti sono proseguiti per diverse ore e oltre ai 17 soldati e miliziani filogovernativi sarebbero morti anche 14 fondamentalisti del Califfato. A respingere l’assalto del Califfato sono state le milizie paramilitari sciite Hashed Shaabi, sempre più potenti nel paese, sia dal punto di vista militare che politico.

E si contano almeno 14 vittime civili in due attentati dinamitardi nella cittadina a maggioranza sunnita di Mahmoudiya, 30 chilometri a sud di Baghdad, e nel vicino distretto di Dora. 

Intanto, le forze militari irachene si preparano all’assalto finale contro Mosul, la “capitale” irachena dell’Isis a circa 400 chilometri a nord di Baghdad. Ma l’avanzata stenta a decollare, nonostante i massicci bombardamenti della Coalizione a guida statunitense. Per mantenere compatti i ranghi l’Isis ricorre alle esecuzioni pubbliche dei miliziani che tentano di fuggire. Nel distretto di al-Hidr District, a sud di Mosul, 12 jihadisti sono stati uccisi nella piazza principale. Erano accusati di aver abbandonato le armi e di essersi rifiutati di combattere.  

Se Daesh sembra alle strette aumenta la divisione settaria della popolazione dell’Iraq, dove la tradizionale rivalità tra sciiti e sunniti viene continuamente rinfocolata dagli attentati degli estremisti sunniti e dalle rappresaglie delle milizie sciite. Venerdì un milione di sciiti sono scesi in piazza Tahrir a Baghdad per protestare contro la corruzione del governo centrale (guidato dallo sciita al-Abadi ma in coabitazione con alcune forze sunnite), su invito di Moqtada al-Sadr, leader dell’Esercito del Mahdi che combattè l’occupazione statunitense dieci anni fa e ora a capo delle cosiddette Brigate della Pace, ricostituite in chiave anti-Isis e protagoniste della ripresa di Tikrit. Oltre a protestare contro la corruzione e il sistema clientelare di gestione del potere al-Sadr pretende anche l’assimilazione delle milizie sciite all’interno dell’esercito statale.
Intanto sul fronte opposto le forze politiche del blocco sunnita (13 partiti riuniti nell’Alto Comitato di Coordinamento) hanno proposto un piano di divisione federale del paese, attraverso la creazione di una regione autonoma sunnita a ovest di fatto ispirandosi a quanto già ottenuto dai curdi a nord.

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