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Ucraina: da Vladimir Lenin a John Lennon

Se la Russia non è più Russia, ma Moscovia, allora la sua capitale dovrebbe cambiare nome. Della questione se ne occupano, al solito, a Kiev; così che presto, secondo le Izvestija, il Moskovskij prospekt della capitale ucraina, pardon, dell’antica Rus di Kiev, non si chiamerà più così, bensì prospekt Stepan Bandera. Ne prendano atto alla Duma cittadina della capitale della Moscovia!
L’idea, come di consueto, viene dall’Istituto ucraino per la memoria nazionale e sembra sia già stata accolta dalla municipalità di Kiev, guidata, ci si passi l’espressione, da Vitalij Kličko.
Il paradosso, per non parlar d’altro, è che la proposta rientra nel quadro della legge approvata nell’aprile 2015 per la proibizione delle simbologie comunista e nazista, secondo cui, entro il prossimo novembre, quasi 1.000 città e villaggi ucraini dovranno abolire la propria denominazione, che possa in qualche modo ricordare il periodo sovietico, a favore di nomi “neutrali”. Stepan Bandera, appunto: l’eroe la cui data di nascita è oggi festa nazionale in Ucraina; i cui ritratti, circondati da croci uncinate, denti di lupo, tridenti nazionalisti, vengono fatti sfilare per le strade di Kiev nelle marce dei battaglioni neonazisti. Quel Stepan Bandera a capo dell’UPA-UNO che, durante la Seconda guerra mondiale, a fianco dei nazisti tedeschi, guidò le SS ucraine nello sterminio di comunisti sovietici, polacchi, ebrei, tsigani e ucraini.
Più “creativo” il governatore della Transcarpatia, quel Ghennadij Moskal che, quando rappresentava la junta golpista nella parte del Donbass occupata dalle truppe ucraine, per ricatto alla popolazione locale, accusata di simpatizzare per le milizie popolari, adottò il metodo di Bandera, erogando alternativamente “luce al mattino e acqua alla sera”. Ora, sempre in base alla legge sulla “decomunistizzazione”, Moskal ha decretato la ridenominazione delle strade di alcuni villaggi della regione – finora via Kalinin, oppure Kolkhoznaja, o Ščors (eroe della guerra civile) – con nomi di “eroi” dei battaglioni neonazisti morti nel Donbass, scrittori e artisti rumeni e finanche col primo presidente cecoslovacco Masarik. Ma l’apoteosi dell’antipodo linguistico, il banderista Moskal l’ha raggiunta cambiando via Lenin in via John Lennon. Che il rock britannico gliene renda merito!

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