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Spagna: Rajoy risorge, grazie ai socialisti

Dopo dieci mesi di seria impasse politica, lo Stato Spagnolo ha un “nuovo” governo, capeggiato dal vecchio leader della destra post-franchista Mariano Rajoy. Dato a lungo per spacciato, il capo del governo più antipopolare che il paese abbia avuto dall'autoriforma del franchismo in poi risorge letteralmente grazie alla decisione del Partito Socialista di far astenere i propri deputati per permettere al Partito Popolare, che alle Cortes non ha la maggioranza assoluta pur avendo vinto le ultime due tornate elettorali, di formare una maggioranza monocolore.
 

Con una specie di golpe interno al maggiore partito di centrosinistra del paese, ed in ossequio ai diktat dei poteri forti interni e dell'Unione Europea, i 'baroni socialisti' hanno dapprima messo in minoranza il segretario Pedro Sanchez, che si opponeva ad una 'grande coalizione' col PP in nome della stabilità e della necessità di implementare la lunga serie di sacrifici dettati a Madrid dalla Troika, e poi hanno deciso di trasformare la formazione politica nella stampella di un ennesimo esecutivo di destra. Questo dopo che per quasi un anno il Psoe aveva illuso una parte della società spagnola sulla possibilità di una convergenza con Podemos e altre realtà di centrosinistra che sbattesse Rajoy all'opposizione e desse vita ad un 'governo di cambiamento'.
Ed invece stasera è stato proprio grazie ai socialisti che Rajoy è stato di nuovo eletto, rocambolescamente, primo ministro.

"Chapeau, signor Rajoy" gli aveva detto giovedì senza ironia in aula il leader del partito di centrosinistra Compromis, Joan Baldovi. "Lei potrebbe essere un eroe cinematografico 'il galiziano impassibile': senza muovere un muscolo, senza fare quasi nulla, è sul punto di ridiventare capo del governo" ha aggiunto.

Nonostante il terremoto politico che ha investito il PP – milioni di voti persi alle elezioni del 20 dicembre 2015, dopo anni di governo all'insegna dei tagli, delle privatizzazioni, delle leggi repressive contro le proteste popolari – e l'affermazione sulla scena di due nuove forze politiche, Ciudadanos a destra e Podemos a sinistra, alla fine la destra nazionalista spagnola, capofila di quella 'casta' e di quella 'vecchia politica' contro la quale si sono mobilitati negli anni scorsi centinaia di migliaia di lavoratori, giovani e anonimi cittadini riesce a ritornare in sella. Le numerose inchieste per corruzione non hanno minimamente scalfito la fiducia della cosiddetta 'Spagna profonda' nel partito di Rajoy, che solo poche settimane fa si è affermato nelle elezioni regionali in Galizia con un risultato ben oltre le aspettative.

Giovedì il candidato premier, come previsto, non ce l'ha fatta a ottenere la fiducia, perché era necessaria la maggioranza assoluta e alla prima votazione i parlamentari del Psoe hanno votato contro. Ma stasera bastava la maggioranza semplice che è stata facilmente raggiunta grazie all'astensione della maggior parte dei deputati socialisti e al voto favorevole di Ciudadanos e di Coaliciòn Canaria.

La maggioranza degli 85 deputati socialisti ha seguito le indicazioni del Direttorio che ha rimpiazzato Pedro Sanchez dopo le sue dimissioni, anche perché la direzione provvisoria aveva chiarito che ai parlamentari socialisti non veniva lasciata alcuna libertà di voto. Ma non tutti si sono astenuti, in quindici hanno votato no all'investitura, tra questi i sette deputati del Partito Socialista Catalano e quelli della sezione delle Isole Baleari che, oltre a essere schierati dalla parte della sinistra interna, non possono assolutamente permettersi di sostenere un premier che contro le rivendicazioni autonomiste e indipendentiste dei catalani accentuerà la tradizionale politica centralista e sciovinista della destra nazionalista spagnola.

Tra i voti contrari non c'era quello dell'ex segretario socialista. Proprio oggi, a metà giornata, Sanchez ha annunciato "con dolore" e tra le lacrime l'abbandono del suo seggio parlamentare, in polemica con l'astensione.

L'ex leader del PSOE, letteralmente defenestrato dai suoi baroni che gestiscono il partito a livello locale, ha annunciato le sue dimissioni con la motivazione che non vuole avallare il governo Rajoy, affermando che intende tentare di tornare alla guida del partito impegnandosi in un serrato confronto con i militanti e la base.

Pedro Sanchez ha sempre insistito sul "no è no" di fronte alle richieste di convergenza di Rajoy, il cui partito si è macchiato di gravi episodi di corruzione ed è responsabile della politica di durissima austerità che ha caratterizzato il suo primo mandato. Per motivi di opportunità politica, in nome dell'alternanza che ha contraddistinto parecchi decenni di vita politica dagli inizi degli anni '80 in poi, ma anche per evitare di rendere i socialisti corresponsabili delle nefandezze che Rajoy continuerà a imporre dal punto di vista politico ed economico, col grave rischio che alle prossime elezioni il Psoe, già in crisi nera, venga duramente punito dagli elettori.
 

Ma la maggior parte dei ras locali, dei governatori e dei sindaci del partito temeva che il 'no' al sostegno di un governo di minoranza guidato da Rajoy portasse alla convocazione delle terze elezioni in dodici mesi, e comunque i continui richiami dei mercati, delle banche, degli imprenditori e dell'establishment europeo hanno pesato moltissimo.
Certo, il governo che è appena nato non avrà vita facile. L'Ue ha ricordato proprio nei giorni scorsi quale dovrà essere il programma di governo, a partire dall'imposizione di nuovi tagli al lavoro, al welfare e alle pensioni per 5.5 miliardi di euro solo l'anno prossimo, in ossequio al diktat del rientro del debito pubblico. I socialisti e quelli di Ciudadanos promettono di vigilare sull'operato dell'esecutivo e che in caso di decisioni controverse faranno mancare il proprio sostegno. Ma la verità è che entrambe le formazioni si sono messe nelle mani del PP e si sono ficcate, decidendo di permettere la nascita di un nuovo governo Rajoy, in una situazione difficilissima e potenzialmente suicida. Ad ogni tentativo da parte del Psoe e di Ciudadanos di imporre il proprio punto di vista al PP il premier Rajoy potrà agitare lo spettro dello scioglimento delle Camere accusando i due partiti di voler condannare il paese al caos e all'ingovernabilità, un argomento che sembra far molta presa non solo sui poteri forti ma anche su una consistente parte dell'opinione pubblica.

 

Di fronte a questo scenario, le sinistre promettono di occupare le piazze per sbarrare la strada alle nuovo controriforme che Rajoy ha in programma. Ma sia Izquierda Unida sia Podemos, che pure potrebbero approfittare dello spostamento a destra del Psoe per attrarre una parte della base socialista, sembrano in preda ad una seria crisi di prospettive, dopo aver puntato per un anno su una alleanza “di alternativa” con i socialisti che invece hanno scelto di diventare la ruota di scorta della destra.

Oggi pomeriggio a Madrid il Coordinamento 25 settembre, che nel 2012 portò in varie occasioni molte decine di migliaia di manifestanti a contestare le politiche governative accerchiando la sede del Congresso dei Deputati, ha fatto appello nuovamente a 'rodear', ad assediare il palazzo del Parlamento proprio in concomitanza col voto parlamentare di investitura del primo ministro, per denunciare quella che definisce una scelta illegittima, prodotto di un'alleanza “corrotta” e “mafiosa” tra socialisti e destra.

Al contrario di quanto ha fattto il leader di Izquierda Unida Alberto Garzòn, quelli principali di Podemos, a partire da Pablo Iglesias e Íñigo Errejón, avevano già annunciato che sarebbero usciti dall'aula parlamentare per incontrare e salutare i manifestanti. La formazione è scossa da una contesa interna senza precedenti e sembra aver già imboccato la via di una ulteriore 'moderazione' nel tentativo di accreditarsi come opposizione 'responsabile' e 'costruttiva' al governo appena nato.

 

Marco Santopadre

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