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Don Milani a Niamey. Una lettera mai scritta

I docenti sono in sciopero quasi permanente dall’inizio dell’anno. Manca la professoressa a cui indirizzare la lettera. Qui Barbiana è dappertutto solo che don Milani è lontano e sepolto in un cimitero non lontano dalla scuola per cui ha dato la vita. Nel Niger il processo di smantellamento della scuola pubblica continua senza colpo ferire. Dai Piani di Aggiustamento Strutturale a quelli di demolizione odierna si è proceduto con coerente determinazione. I Pierini di cui scrive don Milani sono milioni, sono la maggioranza, sono il futuro differente già cancellato. L’opacità regna sulle priorità dei governi che si succedono. Quello attuale, del Rinascimento (Renaissance), conferma e rende ancora più evidente il copione della commedia. Col pretesto della lotta al terrorismo si investono miliardi di franchi che terminano nelle tasche dei capi militari e le gerarchie costituite. Si fabbrica ogni giorno, clandestinamente e impunemente, l’élite del potere.

I poveri vanno nelle scuole pubbliche. La classe media invece nelle scuole private mentre i figli dei grandi sono ospiti al Liceo Francese di Niamey. Calendario, programmi, insegnanti, ritmi, salari, vacanze e persino la protezione militare è assicurata. Questo ed altro per le elite al potere nel Niger. Il primo passo e poi il successivo sarà all’estero, negli Stati Uniti, in Canada o in Inghilterra. Il potere è nelle loro mani, non ci sono tentativi di insurrezione. Nella quiete politica tutto congiura per non disturbare il guidatore. Le elezioni sono semplici formalità che svuotano le casse dello stato e quelle della democrazia. Affamare il popolo, imbonirlo di aiuti umanitari e tenerlo lontano dal potere è un unico progetto che finora ha funzionato a pennello. I docenti, specie i precari, non ricevono il salario da mesi. Aule invisibili e programmi che solo sulla carta sembrano funzionare. Ci sono tanti Niger quanti sono gli esclusi dal sistema dominante.

Ci sono una settantina di sindacati per qualcosa come ottantamla lavoratori dell’educazione. Altrettante porzioni di potere da conquistare, proteggere e difendere. Sindacati acquistati, venduti e messi al bando, proprio come la stampa scritta che nessuno legge. C’erano le lotte per l’indipendenza, la democrazia e la dignità. Tutto al macero con la complicità delle cancellerie occidentali che sostengono l’attuale regime. Peggio per i poveri, in fondo se la sono cercata: sono nati in Niger e di preferenza in campagna. La miseria è un’arma interessante del potere che si avvale dell’indigenza per conservarsi e prosperare.Don Milani credeva nella parola e nella rivoluzione di cui solo i poveri hanno l’esclusiva. Oggi arrivano le ONG che spoliticizzano la realtà e la rendono funzionale ai mendicanti umanitari. Le crisi arrivano in tempo e caso mai non sono difficili ad inventarsi. Poi si confezionano in fretta migranti dietro le reti da pesca.

La lettera non è stata scritta nel Sahel, terra di svago per gli imprenditori del terrore. Don Lorenzo ha fatto la sua parte e ha lasciato pochi eredi. Le parole della scuola di Barbiana però rimangono. Sono forse solo i migranti che le prendono sul serio e le portano lontano per scomodare i poteri. La storia recente del Paese è una linga filastrocca di rimpianti, tradimenti ed disattese promesse elettorali. E loro, le parole, camminano con l’ostinazione e la fragilità dei deboli. Le scuole chiuse, gli studenti che fanno i picchetti e i poveri resi invisibili del potere dominante. La lettera alla professoressa è scritta tra una polvere e l’altra che il vento dimentica. Una lettera ancora da scrivere eppure già scolpita nelle mani. Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli….tentiamo di educare i ragazzi a più ambizione. Diventare sovrani. (Scuola di Barbiana).

 

mauro armanino, dal Sahel, novembre 016

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