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Germania: verso la proibizione del Soccorso Rosso?

Stando a un servizio pubblicato la scorsa settimana da Focus online, il Ministro degli interni tedesco Horst Seehofer (CSU) avrebbe intenzione di proibire l’organizzazione Rote Hilfe, rimessa in piedi negli anni ’70, dopo il bando che nel 1933 aveva colpito la sezione tedesca del suo predecessore storico, il Soccorso Rosso Internazionale, sciolta dai nazisti quando contava oltre un milione di aderenti. Rote Hilfe offre oggi consulenze e sostegno a chi è colpito da sentenze penali per attività politica di sinistra. Secondo il Bundes Amt für Verfassungsschutz (BfV: Ufficio federale per la Difesa della Costituzione, l’Intelligence interna) Rote Hilfe sarebbe oggi “il gruppo di estrema sinistra” in più rapida crescita in Germania, che conta membri e sostenitori anche tra deputati di Die Linke al Bundestag e ai Landtag.

Sul sito web del BfV della Renania-Palatinato, il “Linksextremismus” è così caratterizzato: “Gli estremisti di sinistra vogliono eliminare il vigente ordine statale e sociale della Repubblica federale e sostituirlo con un sistema socialista-comunista o con una società senza potere. Prendono a fondamento le teorie marxiste-leniniste e anarchiche”. Inoltre, sia le “organizzazioni rivoluzionarie marxiste”, sia gli “anarchici, che comprendono i cosiddetti autonomi”, si contrappongono allo stato di diritto democratico e all’ordine liberal-democratico”. Amen.

A proposito della minacciata proibizione di Rote Hilfe, il presidente del DKP (Deutsche Kommunistische Partei) Patrik Köbele ha dichiarato che Seehofer intende procedere contro l’organizzazione “perché aiuta coloro che, lottando contro fascisti, guerrafondai e monopolisti, sono minacciati di azioni penali e di Berufsverboten”, la famigerata interdizione dai pubblici uffici dell’epoca nazista. E’ il caso di ricordare che, dopo che nel 1957 il Kommunistische Partei Deutschlands (KPD) era stato messo fuori legge e nel 1968 i comunisti si erano riorganizzati nel DKP, nel 1972 il governo socialdemocratico di Willy Brandt aveva reintrodotto la misura “cautelare” (solo formalmente eliminata, e non dappertutto, nel 1991) che di fatto colpiva chiunque fosse iscritto al DKP. Seehofer, “non solo da quando è Ministro degli interni” ha detto ancora Köbele, intende “smantellare i diritti democratici. Le nuove leggi di polizia minacciano chiunque si impegni per una società migliore; quindi il BfV si indigna per il fatto che Rote Hilfe sostiene coloro che i Pubblici Ministeri bollano come criminali”.

Il sito web del BfV federale, alla pagina sui propri “Campi d’azione”, oltre all’estremismo di sinistra, cita anche quello di destra, straniero, islamico, lo spionaggio e così via. Così, è detto che gli “Estremisti di sinistra sono nemici dichiarati della nostra Costituzione” e sono persone che presentano “tutte o alcune delle seguenti caratteristiche: fede nel marxismo-leninismo come guida “scientifica” per l’azione; inoltre, a seconda dell’impronta del partito o del gruppo, ricorso alle teorie di ideologi quali Stalin, Trotskij, Mao Zedong e altri; fede nella trasformazione socialista o comunista della società attraverso un rovesciamento rivoluzionario o cambiamenti rivoluzionari a lungo termine; fede nella dittatura del proletariato o in una società senza potere (anarchici); fede nella violenza rivoluzionaria”, ecc.

Se qualcuno nutrisse dubbi sull’effettivo atteggiamento tedesco nei confronti, tanto per dirne una a caso, dei nazisti ucraini, a cui si offre anzi assistenza sanitaria nelle strutture ospedaliere della Bundeswehr, ecco che nella sezione dedicata a “Estremismo straniero (non islamico)” campeggiano bandiere del PKK con il ritratto di Öcalan, evidentemente il primo della lista tra gli “estremisti stranieri che mettono in pericolo gli interessi esteri della Germania”.

Trattando specificamente del “Rote Hilfe”, si dice che è sostenuto da estremisti di sinistra di diversi orientamenti ideologico-politici e conta circa 8.300 membri. Al centro della sua attività sta quasi esclusivamente l’azione di estrema sinistraAntirepression“. Fulcro del suo lavoro è l’assistenza ai violenti “di tutto lo spettro della sinistra. Rote Hilfe offre ai criminali estremisti di sinistra consigli pratici per la difesa nelle azioni penali”.

Henning von Stoltzenberg, del Consiglio federale di Rote Hilfe, ha dichiarato che l’organizzazione prende sul serio le voci di proibizione, sia che provengano veramente dal Ministro Seehofer, sia che Focus abbia veicolato un avvertimento della destra: in caso di divieto, ha detto, “ci difenderemo legalmente e politicamente. Vediamo tali attacchi verbali come parte dell’attuale svolta a destra. Nella sua storia, Rote Hilfe è stato bandito una sola volta: dai nazisti; non credo che le forze conservatrici vogliano inserirsi in questa tradizione”.

Ma che le forze “conservatrici” possano mirare a qualcosa di ben più allarmante, lo mostrano i loro legami coi gruppi neonazisti e razzisti. L’immagine della presa sociale dei movimenti xenofobi, soprattutto in alcune aree della ex DDR, dove più pesanti sono stati i risultati sociali della deindustrializzazione post-1989, può essere rappresentata da Chemnitz, considerata il modello delle attività criminali dei gruppi razzisti e apertamente nazisti, quali, per dirne alcuni, Nationalsozialistischer Untergrund, Nationaldemokratische Partei Deutschlands, Die Rechte, Der III. Weg, Weiße Wölfe Terrorcrew. Così come Hans-Georg Maaßen (rimasto a capo del BfV dal 2012 allo scorso settembre, poi “promosso” a consigliori di Seehofer e infine, l’8 novembre, “convinto” al congedo anticipato, per i suoi legami con Alternative für Deutschland) può essere considerato il modello dei legami tra quei gruppi nazisti e numerosissimi elementi, a ogni livello, dell’apparato giudiziario, militare e politico.

Proprio alla vigilia del “pensionamento” di Maaßen, René Heilig scriveva su Neues Deutschland che lo scandalo sollevato attorno alla sua figura è servito anche a “coprire il contesto della vicenda. Dopo i cortei a Chemnitz, Köthen, Dortmund e in altre città, Maaßen ha nuovamente minimizzato il pericolo per la democrazia e lo stato di diritto rappresentato da estremisti e terroristi di destra.

Anche nel rapporto sull’attività dei Servizi per il 2017, il Ministro Seehofer ha parlato di “decrescita dell’attività criminale estremista di destra”. Ma l’arresto a settembre di sospetti terroristi di destra di “Revolution Chemnitz” ci dice che il pericolo non è affatto scongiurato”. I dati di un paio di mesi fa indicavano che tra i circa 19.000 aderenti al Reichsbürgerbewegung (Movimento dei Cittadini del Reich: non riconoscono l’odierno stato tedesco, ma solo il reich coi confini del 1937) e al “Selbstverwalter” (Autogovernati; sostengono che il territorio nazionale è costituito dalla loro casa e arriva al massimo al recinto del giardino), almeno un migliaio deteneva armi regolarmente registrate.

Heilig scrive che tra gennaio e ottobre 2018, su circa 12.000 reati attribuiti all’estrema destra, ci sono stati 641 “atti violenti”, tra cui 5 tentativi di omicidio, con 557 feriti; oltre 900 attacchi antisemiti e antiislamici.

A sinistra, una timida risposta arriva con la campagna Soko-Chemnitz.de, lanciata dal gruppo di artisti del “Zentrum für politische Schönheit”, che ha presentato ieri a Berlino il sito web in cui sono raccolte foto e informazioni di oltre 2.000 partecipanti alle manifestazioni nazi-razziste dei mesi scorsi. “Non possiamo più lasciare la denazificazione alle forze dell’ordine”, ha detto Philipp Ruch, capo del collettivo artistico; la destra ha “mostrato la propria forza a Chemnitz e la politica ha reagito in modo esitante”.

In relazione alla minaccia di chiusura di Rote Hilfe, la portavoce di Die Linke, Ulla Jelpke, ha dichiarato che “in tempi di crescente svolta a destra e di politica repressiva, il suo divieto “sarebbe una manovra politicamente calcolata per indebolire la resistenza”. E per stroncare ogni opposizione in un paese in cui, mentre la previsione di bilancio per il 2019 prevede un aumento di 4,7 miliardi al Ministero della difesa, per un totale di 43,23 miliardi di euro, nel 2017 gli occupati (in qualsiasi modo) hanno accumulato 2,1 miliardi di ore di straordinari, di cui solo la metà pagate, consentendo così alle aziende, denuncia Die Linke, di risparmiare oltre 36 miliardi di euro. Un paese in cui l’uomo più ricco gode di un patrimonio doppio della cifra stanziata dal governo federale per i 6,4 milioni di cittadini costretti a sopravvivere con le regole schiavistiche del Hartz IV, mentre quasi 1/5 della popolazione è colpito da “povertà o esclusione sociale”.

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