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Turchia. Il “sistema Imrali”

Non una punzione, ma un metodo di controllo e comando

Il tentativo di intendere la carcerazione in isolamento come espressione negativa della disposizione di un divieto, non rendono giustizia alla materia. La debolezza di questo tentativo sta nel voler spiegare potere e politica nel contesto di riflessioni giuridiche. Appare più promettente spiegare il concetto di isolamento sulla base dei suoi aspetti positivi, quindi come tecnica di controllo e comando. Questo allo stesso tempo è una critica, o meglio un’autocritica, rispetto al livello sul quale finora abbiamo condotto la discussione sul tema.

Quale concezione del diritto, quale politica sta dietro all’isolamento a Imralı? Nonostante i numerosi insuccessi dell’isolamento dobbiamo chiedere: a cosa porta? Cosa provoca? A quali scopi serve?

Le carceri turche sono una parte delle strutture giuridico-politiche complessive del Paese. Mentre il sistema carcerario inizialmente può apparire come qualcosa che riguarda la punizione (privazione della libertà) e risocializzazione (meccanismi collegati), i suoi metodi di esecuzione ricordano piuttosto l’attuazione pratica di convenzioni giuridiche che comprendono misure di costrizione complessive.

Queste convenzioni comprendono tra l’altro premi, stimoli e sanzioni che devono impedire che i detenuti manifestino un certo atteggiamento o determinate modalità di comportamento. Così al detenuto vengono concesse ad esempio più visite o possibilità simili, fino a quando si comporta «bene». Nel caso di comportamenti indesiderati possono essere prese misure che vanno dal negare diritti esistenti, fino alla reclusione continuativa nella cella del carcere.

Imralı è parte di un simile sistema carcerario? In un certo senso non è mai stata parte di un sistema che si basa sulle suddette convenzioni giuridiche. Le caratteristiche asimmetriche che sono parte della struttura, hanno reso Imralı fin dall’inizio qualcosa che si trovava al di fuori, o piuttosto in contraddizione con il diritto esistente. A livello tecnico, fisico e giuridico non è né parte del sistema carcerario né completamente indipendente dallo stesso.

Imralı è sempre stata espressione di una tecnica di potere estremamente efficace, nuova e straordinaria che risente del fatto che non è né costituita in modo veramente rispondente allo stato di diritto né esclude del tutto il principio dello stato di diritto. L’ipotesi di Agamben, «la questione se gli avvenimenti nel campo rispondano o meno allo stato di diritto è priva di significato», è calzante anche rispetto alla situazione sull’isola di Imralı. La relazione di Imralı con i principi del diritto è strettamente collegata alla circostanza che l’isola è un luogo nel quale il diritto è abrogato.

L’isola di Imralı non è esclusivamente un luogo dove si trova un carcere. Sta per un sistema con il quale viene attuato un regime di punizione del tutto nuovo. Tutto sull’isola è allineato a questo sistema. L’isola è stata resa un luogo spopolato. Il suo ambiente è stato dichiarato zona militare chiusa. Dal punto di vista metaforico, un’isola offre le condizioni geografiche più favorevoli per l’istituzionalizzazione di misure così straordinarie.

Un’isola non è né fuori né dentro; la sua particolarità è l’isolamento. L’isolamento fisico che dura da venti anni rappresenta una parte di qualcosa di più grande. Significa l’interruzione di qualsiasi relazione con il mondo esterno, politica di isolamento, morte, e una vita che è limitata il minimo. In questa situazione viene impedito il rapporto con la società, ma resta in essere con il sistema di potere. Per via dell’intensità della legislazione di emergenza adottata, è perfino particolarmente intenso.

La vita in queste condizioni da un lato è caratterizzata dal potere assoluto percepibile fino all’ultima cellula della persona. Dall’altro, da una condizione di sospensione al limite della totale assenza di diritto. Tutte le persone (compresi i dipendenti pubblici) che mettono piede sull’isola si devono sottomettere a questo sistema. Lo stato di eccezione non tollera eccezioni.

Die Insel Imralı ist nicht ausschließlich ein Ort, an dem sich ein Gefängnis befindet. Sie steht für ein System, mit dem ein völlig neues Bestrafungsregime umgesetzt wird. Alles auf der Insel ist auf dieses System ausgerichtet.

Su Imralı il sistema non ha spedito Öcalan in un luogo che è prioritariamente «un luogo sicuro». La vera intenzione sta nel fatto di isolarlo, di renderlo «altro», individualizzarlo, osservarlo costantemente e in un certo modo disgregarlo. Il sistema di Imralı quindi non dovrebbe essere ridotto solo a punizione grave, vendetta o alla costrizione all’ubbidienza (anche se questi elementi naturalmente determinano una parte dell’insieme). Il reale obiettivo del sistema consiste nel fatto di separare, di spezzare e di rendere il detenuto uno strumento arrendevole.

Proprio per questa ragione non intendiamo il sistema di isolamento a Imralı come metodo di punizione, ma come metodo di controllo e di comando. Parte di questo metodo è la sorveglianza e la registrazione di tutti gli incontri con i famigliari, avvocati o delegazioni, la documentazione aperta o nascosta di qualsiasi colloquio tra i prigionieri sull’isola, la sorveglianza video e audio permanente delle singole celle e le visite mediche quotidiane.

Queste misure non sono solo misure precauzionali o di intimidazione. Sono piuttosto tecniche per mezzo delle quali vengono raccolte e analizzate informazioni per usarle allo scopo di governare e influenzare nelle fasi di scontro politico. Si tratta di una funzione a doppio binario, con la quale da un lato si vogliono raccogliere informazioni dal prigioniero, e allo stesso tempo vengono raccolte informazioni su di lui. Il diritto di disporre di tutte queste informazioni e di analizzarle, trova la sua ragione nel potere di coloro che se ne occupano (e sembrano poco intenzionati a condividere queste informazioni con altri).

Un altro aspetto dei metodi di comando, è il controllo sulle possibilità attraverso le quali il prigioniero può procurarsi informazioni. Così l’accesso a un televisore a Imralı è stato vietato per quindici anni (a differenza di tutte le altre carceri del Paese). Per molto tempo non è stato permesso che Öcalan conservasse nella sua cella contemporaneamente più di tre libri. Quotidiani venivano messi a disposizione solo dopo essere stati scelti, censurati, e in parte conservati per diverso tempo.

Veniva quindi deciso cosa poteva sapere il prigioniero e cosa no. Dopo incontri con gli avvocati venivano avviate indagini e procedimenti. Öcalan, con riferimento a singole frasi da lui usate durante i suoi colloqui con gli avvocati, è stato punito con 200 giorni di arresti in cella. Se gli avvocati arrivavano a Imralı per colloqui, non venivano ammesse delegazioni politiche o di altra natura.

Se invece venivano ammesse delegazioni del genere a Imralı, gli avvocati non potevano vistare l’isola. Una misura [in atto] durante i primi quindici anni di carcerazione a Imralı è il simbolo perfetto per tutto questo: una radio che era stata messa a disposizione di Öcalan nella sua cella, era sintonizzata sul canale statale ufficiale e il tasto per la scelta dei canali era smontato. La politica di limitazione a Imralı è sempre stata mantenuta con estrema cura.

Imralı è un’istituzione giuridica che serve da prototipo per metodi effettivi di potere e controllo

È impossibile concepire Imralı come un sistema che è stato solo ordinato dall’alto e completamente pianificato preventivamente. Senza dubbio molti dettagli già prima della carcerazione dei Öcalan erano regolamentati in modo da poter attuare determinati obiettivi. Ma con il tempo Imralı è diventata anche una tecnica di comando che si è sviluppata a partire da se stessa, si è ampliata e che è stata estesa ad altri ambiti della vita sociale.

Anche se intendiamo Imralı come parte di un sistema giuridico, non possiamo evitare di notare quanto segue: Imralı è un’istituzione giuridica che serve da prototipo per gli effettivi metodi di potere e controllo in Turchia. L’esistenza continutiva di Imralı come regime di stato di eccezione per un periodo di venti anni, ha reso possibile che lo stato di eccezione, ossia l’eccezione fossero estesi ad ambiti del tutto diversi. Imralı rappresenta il cuore, ossia la base di questo sviluppo.

Per la prima volta tinteggiatura democratica del sistema giuridico in essere a Imralı è stata rivelata: la parità di diritti formale e l’obiettività giuridica non avevano più alcun ruolo.

1. Sulla parità di diritti formale: La parità di diritti formale davanti alla legge viene garantita dal fatto che la giurisdizione può essere usata in modo cieco rispetto all’oggetto giuridico, quindi in modo uguale nei confronti di qualsiasi persona. Ma negli ultimi 25 anni in Turchia abbiamo vissuto come a Imralı la giurisdizione è stata tagliata su misura su ogni singola persona. Sono stati aggiunti regolamenti di stato di eccezione rispetto a leggi esistenti che verranno ricordate come «leggi Öcalan».

Questi regolamenti di eccezione sono stati adottati ininterrottamente ed esclusivamente sull’isola carcere di Imralı. Un esempio per questa regolamentazione è il diritto del cliente ad avere colloqui segreti con i suoi avvocati. L’eccezione su Imralı tuttavia indica che durante le visite è sempre presente un responsabile statale e che i colloqui vengono registrati. Questa regolamentazione in Turchia è stata emanata come reazione a una sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che aveva criticato un trattamento ingiusto del detenuto Öcalan.

Con l’inasprimento della legislazione sull’ergastolo nell’anno 2005, da un giorno all’altro è cambiato lo status di centinaia di detenuti condannati a morte in Turchia. Vennero trasferiti dalle celle dove erano stati fino ad allora, in celle singole. Dietro a questo c’era l’intenzione di legittimare la prassi a Imralı e di estenderla alle altre carceri del Paese. Il meccanism che si occupava costantemente della creazione di nuove eccezioni è stato affinato al punto che qualsiasi modifica legislativa nel Pease veniva verificata rispetto a quali effetti avrebbe potuto avere sul sistema Imralı. Ogni volta il sistema veniva nuovamente verificato rispetto al fatto che restasse adeguato alla funzione di esclusione. Questa esclusione si è sviluppata in una cultura necessaria per mantenere in piedi l’intero sistema.

Un esempio particolarmente facile da ricordare è l’amnistia per gli studenti e le studentesse dell’anno 2011. Lo Stato era pedantemente intenzionato ad evitare che Öcalan potesse trarre profitto dall’amnistia. L’amnistia è quindi stata esclusa a priori per reati motivati politicamente. Questa prassi inizialmente è stata ancora presentata come regolamentazione eccezionale, ma nel tempo si è sviluppata in una legislazione sull’amnistia per studenti e studentesse per i e le quali era stato escluso qualsiasi tipo di reato politico.

Tutti i regolamenti eccezionali che nel corso degli scorsi dieci – quindici anni a Imralı, sono stati usati contro una persona, nell’ambito dello stato di emergenza proclamato circa due anni fa, si sono sviluppati in giurisprudenza generale: provvedimenti giuridici specifici per singoli individui o gruppi sociali.

2. Legalità/oggettività: Dal 2005 tutti gli incontri a Imralı si sono svolti sotto la supervisione di rappresentanti statali e sono stati registrati. La documentazione dei contenuti dei colloqui è stata praticata senza la corrispondente base giuridica, ma in compenso motivata con la seguente interpretazione molto ampia della seguente regolamentazione legale: «I documenti di avvocati da considerare sospetti possono essere sequestrati

L’allargamento di misure legali attraverso la ridefinizione del diritto esistente, in realtà non è prevista. Eventualmente, i diritti in questo modo possono essere estesi. Ma di nuovo a questa interpretazione non è stata prestata davvero attenzione. Dal luglio 2011 non sono più stati ammessi avvocati a Imralı. L‘isola così era completamente chiusa. Anche questa misura non si fondava su alcuna base legale o decisione di un magistrato. Era semplicemente una decisione di un qualsiasi responsabile di un ente. In base ad indicazioni burocratiche sono state interrotte le visite degli avvocati in un carcere. Prendere come riferimento la pratiche anziché le leggi, rapidamente è diventata la prassi amministrativa ampiamente diffusa.

Basti ricordare i coprifuoco degli anni 2015 e 2016 proclamati in dozzine di province. Si è trattato della proclamazione ufficiosa dello stato di emergenza, senza però dirlo esplicitamente. Come di preciso allora si è svolto tutto questo? Su quale base legale erano fondate le misure di allora? Attraverso l‘estensiva interpretazione del paragrafo 11/C21 della legge sull‘amministrazione delle province, per mezzo di una direttiva burocratica il governatore della provincia ha proclamato coprifuoco in numerose città che in questo modo venivano isolate dal mondo esterno. Praticamente tutti i diritti previsti nella costituzione, per milioni di persone sono stati revocati attraverso un‘unica decisione burocratica.

Parlo proprio di questa tecnica di controllo e comando. E proprio questo intendo, quando parlo di allargamento di tattiche e tecniche introdotte a Imralı a tutta la società. Il discorso giuridico senza dubbio offre il contesto per un discorso certo ed estremamente legittimo. Ma se ci limitiamo esclusivamente a questo tipo di discorso, in un certo modo diventiamo vittime di un discorso superficiale e negativo.

Di fronte a noi c‘è un sistema di potere che ha rinunciato a qualsiasi concezione legale e si è invece votato alla completa distruzione della stessa. Io sono dell’avviso che il centro di questo abbandono si è sviluppato almeno nel corso degli ultimi 25 anni a Imralı. Parliamo di una forma egemonica, che al bisogno spinge il diritto su un binario morto, e di un apparato di potere che viene mantenuto in vita munito di un‘autorità straordinaria. Questa autorità non conosce il principio della divisione dei poteri e si trova sotto il controllo della burocrazia, si è arrogata perfino il potere del diritto.

Spazi che non sono legati al discorso su diritti umani validi in tutto il mondo

Possiamo intendere le strutture a Imrali come un cambio di paradigma nel diritto penale. In cosa esattamente consiste questo cambiamento? Si tratta di creare spazi che non sono legati al discorso su diritti umani validi a livello mondiale. Questo discorso dalla Seconda Guerra Mondiale in poi è servito a mettere limiti all‘uso della violenza da parte dello Stato.

Un altro esempio per questo tipo di nuovi spazi che sono stati creati, è Guantánamo. Nel corso della «guerra contro il terrorismo» proclamata dagli USA gennaio 2002, in tutto il mondo furono arrestate persone accusate di appartenenza ad organizzazioni jihadiste come al-Qaida, o ai talebani. Furono portati nel campo militare statunitense Delta, cioè un piccolo pezzo di terra a Cuba, che da un secolo è affittato – o forse è meglio dire occupato. Ai media furono fatte pervenire riprese che mostravano i detenuti nel campo con abiti arancioni, catene ai piedi, occhi bendati e accovacciati a terra.

Gli USA si rifiutarono di accettare questi detenuti come prigionieri di guerra. Allo stesso tempo si argomentava che, dato che i detenuti non si trovavano su territorio statunitense, non potevano avvalersi dei diritti umani fondamentali come [quelli che valgono] nel caso di cittadini e cittadine statunitensi. L‘incarcerazione non era avvenuta in base alla decisione di un magistrato, ma per decisione del Presidente USA di classificarli come «terroristi». Non ebbero diritto a un processo equo, nessun contatto con avvocati e furono esposti ai più diversi metodi di tortura. Tutte queste misure rappresentavano un chiaro distacco da tutti quei diritti fondamentali che durante il 20° secolo ancora erano considerati inviolabili.

Nel marzo 2002, John Yoo, Segretario di Stato al Ministero della Giustizia, ha chiarito a cosa doveva servire Guantánamo: «Per il governo si tratta di creare un nuovo regime di diritto2 Nel caso del cittadino britannico Ferroz Abbasi, una corte d‘appello britannica ha stabilito che il detenuto sulla base di «buchi neri giuridici» era recluso arbitrariamente.3

Da allora Guantánamo è stata regolarmente definita «buco nero giuridico». Facendo riferimento alla nostra constatazione iniziale, possiamo quindi stabilire che per quanto riguarda quello che definiamo cambio di paradigma o nuovo regime giuridico, si tratta esattamente di questa creazione di buchi neri. Presidenti e politici cambiano, passano i giorni e le stagioni, finisce la vita e finiscono le generazioni; ma i buchi neri giuridici restano. E un buco nero tende sempre ad allargarsi. Una volta è un carcere, una volta un centro di raccolta, una regione o una città, un‘altra volta è un intero Paese ad essere trasformato in enorme buco nero giuridico.

Proprio per questa ragione il discorso giuridico e l‘apparato giuridico moderno non trovano risposte efficaci alle domande sollevate da Guantánamo e Imralı. I diritti umani devono proteggere il corpo umano da sofferenze e torture. Ma nel caso della continua sorveglianza e documentazione di reclusi, della privazione di informazioni che spettano loro di diritto, delle ampie tecniche di controllo e comando, qualsiasi discorso giuridico resta privo di risposta e li fa perfino trasformare in conniventi, o appendice del sistema.

Professionalizzazione del sistema Imralı

Ci sarebbero per esempio il CPT (Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura) e il rapporto pubblicato da questa istituzione nel marzo 2018.4 Anche se questo rapporto si presenta in modo molto accademico, diplomatico, giuridico, purtroppo soffre di qualcosa di sostanziale: carenza di valori morali ed etici e del corrispondente spirito. Invece di mettere in discussione l‘esistente, il CPT con questo rapporto partecipa al tentativo di professionalizzare il sistema a Imralı.

Andiamo a guardare le proposte razionali e giuridiche del rapporto. Nel rapporto al governo turco viene rappresentato che non ci si può aspettare dal CPT che venga dato credito a pretesti come «cattive condizioni del temo» o «danni al traghetto» per negare le visite a Imralı. Inoltre viene integrato: «Per le limitazioni che sono state attuate nell‘anno 2013 non c‘era alcun tipo di base nella legislazione turcaViene quindi chiarito che si è proceduto in modo illegale. Nel rapporto si trovano proposte: «Nel caso in cui l‘avvocato funga da latore di istruzioni, in casi particolari si può provvedere al fatto che al suo posto abbia accesso un avvocato indipendenteQuindi invee di criticare che le istituzioni limitano un diritto fondamentale, nel rapporto viene proposto di procedere in modo più razionale, di mantenere le apparenze e di ammettere un «avvocato indipendente». Un avvocato «indipendente»!

Anche la Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU), quindi un‘altra istituzione del Consiglio d‘Europa, segue un approccio simile. Dopo che nel luglio 2011 era stata vietata qualsiasi visita degli avvocati, i legali di Öcalan nell‘ottobre dello stesso anno si sono rivolti alla CEDU. La loro richiesta più importante era l‘accesso al loro cliente. Ma l‘isolamento e il rifiuto di visite degli avvocati dura da allora. Non solo la CEDU in questo caso non ha preso una decisione, negli ultimi sette anni non è stato nemmeno dato luogo alla trasmissione della richiesta degli avvocati al governo turco, chiedendogli una presa di posizione come in realtà sarebbe richiesto dalla procedura normale. Ma sull‘ [assenza di] posizione da parte della CEDU dal 2010 nel procedimento Roboskî, nel procedimento per i coprifuoco e nel procedimento Imralı, si potrebbe scrivere un articolo a sé, quindi in questa sede non entro ulteriormente nel merito.

Una situazione eccezionale viene istituzionalizzata

«Lo stato di emergenza per la giurisprudenza ha un significato analogo a quello del miracolo per la teologia» (Carl Schmitt, Teologia Politica).5 Parole migliori a questo proposito non si potrebbero trovare! Perfino se tutto ciò che è stato detto viene dimenticato, sono i miracoli quelli che continuano a vivere nella memoria della società. I miracoli si basano su una forza che trascende la natura e la società. Viene prodotto un nuovo stato di dominio nel quale uno stato di eccezione che si ripete continuamente, viene istituzionalizzato. Sono questi i metodi di controllo e comando politico-legali che rendono Imralı un centro di potere.

A Imralı questo stato di dominio viene sottoposto a un‘analisi complessiva, sulla base della quale Imralı viene reso un luogo della resistenza. Imralı negli scorsi venti anni è diventata un esempio straordinario per una pratica di resistenza contro un sistema di potere che mira al controllo di qualsiasi comportamento e a sua volta si sottrae a qualsiasi tipo di controllo; una pratica che manca di qualsiasi prevedibilità e così diventa totalmente incontrollabile. Questo aspetto sarebbe argomento per un‘analisi a sé.

Per questa ragione non basta che critichiamo solo l‘istituzione a Imralı e il suo status giuridico. Anche se in questo dovessimo avere successo, sarebbe un‘altra istituzione a prendere il posto di Imralı e noi dovremmo accettarlo così, come spettatori. Una via d‘uscita dall‘isolamento di Imralı per questo può essere ottenuta solo con una nuova regolamentazione giurdico politica.

(Fonte: https://www.gazeteduvar.com.tr/forum/2018/12/21/tecrit-ceza-degil-yonetim-bicimi/)

Tradotto e pubblicato in lingua tedesca per Kurdistan Report, marzo/aprile 2019:

http://www.kurdistan-report.de/index.php/archiv/2019/67-kr-202-maerz-april-2019/824-keine-bestrafung-sondern-kontroll-und-lenkungsmethode

* Tradotto e pubblicato in italiano su Rete Kurdistan

Note:

1 – (Artikel 11/C) I compiti e i doveri del governatore della provincia sono la pace e la sicurezza della persona, l‘immunità della persona, la sicurezza della vita, provvedere al benessere pubblico e all‘autorità dell‘ente di governo. Per ottenere questo, il governatore prende le necessarie decisioni e misure. Le disposizioni dell‘articolo 66 valgono per coloro che non rispettano le relative decisioni e misure.

2 – Si veda Philippe Sands: Hukuksuz Dünya, Verlag Alfa, Übers. B. F. Çallı, İstanbul aprile 2016, S. 242–243.

3 – ibidem. S. 261.

4 – https://www.coe.int/en/web/cpt/-/council-of-europe-anti-torture-committee-publishes-report-on-imral-prison-turkey-

5 – Carl Schmitt: Siyasal İlahiyat (Teologia Politica), Editore Emre Zeybekoğlu – Dost Kitabevi, 2016, S. 42.

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