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Golpe a Istanbul

Turchia: Commissione Elettorale annulla elezione del sindaco. Vista degli avvocati dal precursore del PKK Abdullah Öcalan. La Turchia politica lunedì è stata scossa da ben due colpi di timpano. Prima gli avvocati del fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), Abdullah Öcalan, recluso sull’isola carcere di Imrali nel Mar di Marmara hanno reso noto che per la prima volta dopo otto anni hanno potuto nuovamente incontrare il loro cliente. Da mesi migliaia di prigionieri del PKK, con uno sciopero della fame di massa iniziato 180 giorni fa dalla deputata di HDP Leyla Güven, chiedono che vengano revocate le condizioni di carcerazione in isolamento di Öcalan.

Poche ore dopo la conferenza stampa degli avvocati del fondatore del PKK, l’Alta Commissione Elettorale della Turchia (YSK) ha proclamato l’annullamento delle elezioni del sindaco di Istanbul del 31 marzo scorso. Ekrem Imamoglu, del partito kemalista CHP, le aveva vinte con la risicata maggioranza di 24.000 voti. La YSK ha seguito una richiesta del partito di governo religioso-nazionalista AKP del Presidente dello Stato Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo aveva ricondotto la perdita della metropoli da 15 milioni di abitanti, con la quale l‘AKP è strettamente intrecciato dal punto di vista economico, a »irregolarità e corruzione« nell’elezione. Alcuni scrutatori impiegati nei seggi non sarebbero stati dipendenti statali, la YSK ha motivato così la sua decisione, fissando come scadenza per le nuove elezioni il 23 giugno.

In alcuni distretti si sono verificate manifestazioni spontanee contro il »golpe«. Abitanti alla finestra hanno fatto rumore ed espresso la loro protesta sbattendo pentole. Lo stesso Imamoglu si è mostrato combattivo. Ha definito la decisione della YSK un »tradimento« e assicurato ai suoi seguaci esultanti: »Vedrete, vinceremo«. Il 31 marzo, Imamoglu, sostenuto anche dal partito fascista di opposizione IYI, aveva potuto battere il suo avversario, l’ex Presidente del Consiglio Binali Yildirim perché l’HDP, radicato nella popolazione curda, aveva rinunciato a presentare un [proprio] candidato sindaco e invitato a votarlo. Così milioni di curdi residenti a Istanbul anche nelle nuove elezioni restano determinanti.

In modo conseguentemente rapido all’interno di aree di opposizione nazionaliste, rispetto alla vista degli avvocati da Öcalan è sorto il sospetto che ci sarebbe un accordo tra Erdogan e il precursore del PKK per le nuove elezioni. In effetti il calcolo del governo, che all’apparenza ha dato seguito alle richieste dei prigionieri del PKK in sciopero della fame, dovrebbe consistere nel fatto di seminare sfiducia e di infilare in questo modo un cuneo nell’alleanza di opposizione. Se gli elettori curdi, nell’errata speranza in un riavvio del processo di pace, in occasione delle elezioni dovessero restare a casa o addirittura votare il candidato dell’AKP, la sua vittoria sarebbe certa.

Che la visita a Imrali, avvenuta già il 2 maggio, sia stata resa pubblica solo nel giorno della decisione della YSK, è stato motivato dagli avvocati con una dichiarazione di Öcalan e dei tre prigionieri che si trovano con lui, che sarebbe stata consegnata loro dalle autorità solo nel fine settimana. Gli avvocati l’hanno letta in un hotel sulla piazza Taksim di Istanbul, senza permettere domande sulla loro vista di un’ora da Öcalan. »Una pace dignitosa e una soluzione politica democratica per noi è al primo posto«, si afferma nella dichiarazione. A questo scopo sarebbero necessari negoziati anziché guerra e violenza.

Rispetto alla situazione in Siria del nord, dove i suoi sostenitori con le Forze Democratiche Siriane controllano ampie parti del territorio, Öcalan ha chiesto una soluzione attraverso garanzie costituzionali in una Siria unita. Allo stesso tempo ha sottolineato che in questo sarebbe necessario tenere conto delle riserve della Turchia.

Ocalan e gli altri prigionieri hanno tributato rispetto ai prigionieri e attivisti in sciopero della fame. Allo stesso tempo hanno sottolineato che non devono portare la loro azione a un punto in cui la loro vita è in pericolo perché »per noi la loro salute spirituale, fisica e psichica è più importante di qualsiasi altra cosa«.

Poche ora dopo la lettura della dichiarazione tuttavia, il portavoce dei componenti del PKK in carcere, Deniz Kaya, ha annunciato la prosecuzione dello sciopero della fame fino a quando il Ministero della Giustizia darà garanzie che le condizioni di isolamento di Öcalan saranno revocate. Questo annuncio può al contempo essere valutato come segnale che contrariamente a quanto temono le aree dell’opposizione, non c’è un accordo del movimento curdo con l‘AKP rispetto a nuove elezioni.

 

* tradotto e pubblicato da Rete Kurdistan

https://www.jungewelt.de/artikel/354367.türkei-putsch-in-istanbul.html

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    FINE DELL’ISOLAMENTO PER OCALAN ?

    (Gianni Sartori)

    Ma sarà poi veramente così? In molti lo speriamo, sinceramente.
    Il 16 maggio, giovedì – al 190° giorno di sciopero della fame di Leyla Giuven – è piombato un fragoroso annuncio del ministero della Giustizia turco. Le misure che finora hanno impedito agli avvocati di Ocalan di incontrare il loro assistito stavano per essere tolte.
    Il gruppo di avvocati e giuristi (gabinetto giuridico Asrin) che garantiscono la difesa dell’universalmente noto prigioniero politico curdo ha immediatamente emesso un comunicato-stampa in cui le autorità turche vengono sollecitate a “passare dalle parole ai fatti”.

    Dal testo del comunicato prodotto dagli avvocati:
    “Il Ministero dell’Interno ha dichiarato pubblicamente che le restrizioni giudiziarie in merito al diritto del nostro cliente, il signor Abdullah Ocalan, di incontrare i suoi avvocati erano state tolte e che la possibilità di visitarlo era stata assicurata.
    Come avevamo segnalato nel corso della conferenza stampa, avevamo incontrato il nostro cliente il 2 maggio (il primo incontro dopo otto anni di proibizione NDA). Avevamo inoltre precisato che il tribunale criminale di Bursa aveva, a seguito di un nostro ricorso, annullato la decisione giudiziaria che proibiva le visite degli avvocati.
    Nessun altro incontro è avvenuto dopo quello del 2 maggio, nonostante avessimo ogni giorno deposto richieste di visita (…). Vogliamo precisare che la fine di tali misure restrittive contrarie alla legge deve consentire le visite periodiche degli avvocati. Questo implica inoltre che tutti i diritti fondamentali del signor Ocalan vengano ristabiliti, in particolare il suo diritto di comunicare per lettera e per telefono”.

    Va anche ricordato che contemporaneamente il ministero della giustizia turco forniva la notizia di una visita nell’isola-carcere di Imrali del CPT (Comitato europeo per la prevenzione della tortura). La prima dal 2016.
    Su questo evento gli avvocati hanno dichiarato di aspettarsi che “il CPT si occupi direttamente della situazione e pubblichi al più presto le sue osservazioni e raccomandazioni in proposito”.
    Nel frattempo rimangono in vigile attesa.
    Come ricordavano gli avvocati, la decisione del ministero deriverebbe quindi sia da quella del tribunale di Bursa (in risposta al ricorso, l’ennesimo, degli avvocati della difesa) di annullare la precedente con cui le visite venivano proibite. Sia – e forse soprattutto – dalla visita del CPT. Sempre rinviata, ormai inaspettata.
    Da segnalare anche che continuavano ugualmente a rimanere inevase – sistematicamente rigettate in base a pretestuose misure disciplinari – le richieste di visita da parte dei familiari.
    Gianni Sartori

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