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Sudan. Basta con il massacro. Manifestazione a Montecitorio

L’Associazione dei Cittadini Sudanesi in Italia sta manifestando davanti a Montecitorio.

Con una lettera da consegnare al Presidente della Camera, desidera presentare il secondo appello urgente riguardo alle gravi e flagranti violazioni dei diritti umani in corso perpetrate dal Consiglio Militare Transitorio (CMT) in Sudan.

Nella lettera è scritto che: “Il nostro obiettivo è sollecitare la comunità internazionale a intraprendere azioni immediate per porre fine alle continue pratiche aberranti di uccisione dei civili sudanesi che resistono ormai dal 19 dicembre 2018 contro la dittatura militare nel paese. Vi esortiamo, a sostenere le richieste del popolo sudanese per la libertà, la pace e la giustizia, cessando ogni forma di sostegno al CMT sudanese appoggiato dalla milizia paramilitare dei Janjaweed, i cosiddetti Rapid Support Force (RSF) che sono già considerati responsabili di massacri, genocidio e crimine contro l’umanità nella regione del Darfur nel ovest del paese.
L’attuale CMT, guidato dal Generale Abdulfattah Al Burhan il comandante dell’Esercito sudanese e dal suo vice Presidente del CMT, il leader molto discusso dei RSF / Janjaweed, Mohamed Hamdan Hemedti salì al potere il 12 aprile 2019, come una risposta alla continua rivolta del popolo contro il regime dell’ex generale Omar Hassan Albashir, in alleanza con il Fronte Nazionale Islamico che è un partito politico radical-islamista, che rovesciò un governo democraticamente eletto. La mossa della nuova guida militare di Al Burhan e Hemedti è stata considerata come una chiara messa in scena che mira a stroncare la rivolta che dura dal 19 dicembre scorso. Come risposta a tale mossa ingannevole, il popolo coordinato dalla alleanza delle Forze della Dichiarazione di Libertà e di Cambiamento (FDLC) ha continuato il suo presidio iniziato il 6 aprile 2019 e durante il quale l’attuale CMT ha già commesso varie violenze sistematiche con lo scopo di disperdere i manifestanti accampati giorno e notte davanti al Quartiere Generale dell’Esercito Sudanese a Khartoum.

Il 3 del mese di giugno, le varie forze armate ( I janjaweed, esercito e le brigate segrete degli islamisti del ex regime e l’attuale CMT) hanno guidato un attacco contro i manifestanti del presidio durato 3 ore e durante cui sono morti più di 112 persone, alcuni corpi sono stati gettati nel vicino fiume Nilo per nascondere l’atroce crimine contro uomini, donne e bambini uccisi senza pietà quella mattina del 3 giungo, più di 400 sono i feriti contati. Durante l’attacco i cecchini delle brigate islamiste hanno mirato e ucciso tanti attivisti conosciuti come coordinatori del campo del presidio davanti al Qartier Generale.
Dopo la riuscita dell’operazione di dispersione del presidio davanti al Q. G., Il CMT continua a fare quotidianamente affidamento sull’oppressione e l’abuso dei diritti umani per rimanere al potere.
Queste violazioni includono, ma non sono limitate a:
• Esecuzione sommaria di ufficiali dell’esercito, di polizia e impiegati pubblici contrari all’uso di armi contro i manifestanti;
• Minacce pubbliche da parte dei leader militari di licenziamento dei cittadini che scioperano;
• Costrizione degli impiegati, sotto la minaccia delle armi, di recarsi forzatamente al luogo di lavoro;
• l’uccisione di giovani che hanno costruito barricate sulle strade dei quartieri per impedire l’entrata dei veicoli delle brigate di Janjaweed e delle brigate islamiste;
• il blocco del servizio internet dal giorno della strage del 3 giungo e fino ad oggi, per nascondere tutta l’atrocità e i crimini della continua strage nelle varie città del paese.
A metà dicembre del 2018 le manifestazioni pacifiche sono esplose in gran parte delle città del Sudan, con una partecipazione su larga scala di cittadini di ogni ceto sociale, in particolare giovani e donne. Le attuali proteste e sit-in sono state innescata dal deterioramento delle condizioni di vita e dalle ripetute violazioni dei diritti umani fondamentali ai danni dei cittadini sudanesi. I manifestanti hanno sollevato una serie di legittime istanze; richiedendo un cambiamento politico, un ritorno alla democrazia e al buon governo. Le violente misure di sicurezza adottate dalle autorità in risposta a queste giuste richieste hanno portato a un completo stallo politico. Questo approccio incentrato sulla sicurezza ha provocato gravi violazioni e finora ha causato la morte di 62 manifestanti pacifici, alcuni dei quali sono stati violentati e torturati a morte in strutture di detenzione. Inoltre, centinaia di manifestanti sono stati gravemente feriti o sono rimasti permanentemente disabili. Anche le proteste femminili sono sistematicamente soggette ad abusi sessuali da parte del personale di sicurezza del governo. Il numero di detenuti fino ad oggi è di circa 3.000 persone e questa cifra è in aumento mentre le proteste continuano e prendono slancio.
Il Consiglio Militare rifiuta di rispettare i diritti umani fondamentali, rifiuta di adotta le misure necessarie per aprire la strada ad un governo civile di transizione che attui le giuste riforme economiche e politiche. Tale situazione politica è peggiorata a seguito all’arresto e all’allontanamento dal paese di alcuni leader e rappresentati dei partiti e di movimenti di liberazione.


Considerando questa situazione; abbondantemente nascosta dai media globali e dalle organizzazioni per i diritti umani, invitiamo il Governo italiano a:
• Prendere un’immediata posizione volta a salvare le vite dei cittadini che continueranno a resistere in difesa del diritto ad una vita dignitosa e alla libertà democratica.
• Condannare con la massima fermezza le pratiche di uso della forza contro i civili pacifici.
• Invitare il Consiglio Militare in Sudan a rispettare gli obblighi derivanti dai patti internazionali sui diritti umani incluso l’ICCPR.
• Fare pressione sulla giunta militare del Sudan (CMT) per fermare l’uccisione, il pestaggio e l’incarcerazione di manifestanti pacifici;
• Avviare un’indagine internazionale indipendente sugli attacchi contro i manifestanti e condannare i responsabili delle azioni contro la popolazione inerme;
• Richiedere il rilascio incondizionato di tutti i detenuti politici rinchiusi secondo le regole dello stato di emergenza e tutti quelli arrestati dopo il 3 giugno;
• Appoggiare a livello internazionale e direttamente attraverso la diplomazia italiana la volontà del popolo sudanese di avviare il processo di transizione pacifica verso la democrazia e lo stato di diritto.
L’unica attuale via di uscita dalla crisi in Sudan è decisamente la costituzione di un governo di soli civili composto dalle varie forze politiche del paese, secondo la Dichiarazione di Libertà e cambiamento firmata dalla maggioranza dei partiti sudanesi ed anche lo scioglimento dell’attuale CMT e la costituzione di un Consiglio Civile con limitata partecipazione dei militari e fino alle elezioni democratiche dopo 3 anni”.

Associazione dei Cittadini Sudanesi in Italia

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