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Marocco: una polveriera sociale nel mondo multipolare

Voi vi siete accaparrati il Paese,

distribuendo le ricchezze ai ricchi stranieri.

Voi avete oppresso delle generazioni

Avete ucciso la pazienzaLa paura che avete creato

Voi ce l’avete imposta

Per regnare meglio

Fi bladi dalmouni, Aigles – Raja Casablanca

Martedì 30 Luglio il re del Marocco ha festeggiato i suoi vent’anni di regno.

Il 30 luglio del 1999 “M6” ascendeva al trono per succedere a suo padre, Hassan II, divenendo a 36 anni il 23° monarca della dinastia alauita, dopo 38 anni di un regime spietato.

Il monarca è il principale attore politico, nonché il “capo dei credenti”, factotum con la prima e l’ultima parola che ha “cooptato” il partito islamico moderato dentro il governo (PDJ), e ribadito nel suo discorso ufficiale la “fermezza” sulla questione del Sahara Occidentale, dopo che le due tornate di incontri sotto egida ONU si sono concluse con un nulla di fatto e le dimissioni dell’inviato ONU, Horst Köhler.

Il Marocco di “M6”, con i suoi 35 milioni di abitanti, di cui quasi la metà sotto i 15 anni, registra le maggiori diseguaglianze del Nord Africa, secondo i dati dell’ONG britannica Oxfam. Sono necessari 154 anni, ad una persona pagata con il salario minimo, per guadagnare quello che riceve in dodici mesi uno dei miliardari del regno.

Se nella UE l’immagine narrata del Regno è quella di un Paese in via di modernizzazione – simboleggiata dal Tanger Med (il più grande porto del Mediterranea, recentemente ampliato), dalla linea di altà velocità i due maggiori poli economici Casablanca e Tangeri, dallo sviluppo dell’industria automobilistica con Renault e PSA, poi di quella aereonautica – la realtà sociale è ben altra. Sebbene l’economia marocchina sia la quinta del continente ed il Marocco sia, dopo il Sud Africa, il maggiore investitore africano nel continente…

Dall’educazione alla salute, fino al mercato del lavoro, non è risparmiato alcun settore. Un fiasco dello stesso monarca già alcuni anni fa, in questo campo, venendo così meno alle su premesse, di essere il “re dei poveri”, vicino al popolo.

Anche tenendo conto del settore “informale”, che domina l’economia e che si attesta sul 40%, il tasso di disoccupazione è del 10% rispetto alla popolazione attiva. Più di 4 giovani su 10 (43%) tra i 15 e i 24 anni sono senza occupazione, di questi 17% sono diplomati. La “fuga di cervelli” è massiccia, per un Paese che si dissangua delle sue menti migliori: il gruppo di studenti stranieri più numeroso nelle università della Francia è quello marocchino. Che insieme agli altri studenti extra-UE sarà oggetto di aumenti stratosferici delle tasse di iscrizione ai corsi ordinari e dei master. Mentre un terzo della popolazione è analfabeta…

Le sue affermazioni dell’ottobre del 2017 erano state fatte in un contesto particolare nel picco delle inedite contestazioni (in 18 anni di regno) dell’Hirak, scatenatesi dopo la morte di un giovane pescatore Mohsin Fikri ad Al-Hoceïma – nel nord-est del Paese – mentre cercava di salvare 500 kg di pesce spada pescato illegalmente e sequestrato dalla polizia, rimanendo schiacciato da un compostatore della nettezza urbana.

L’ennesimo atto di ingiustizia arbitraria e di dispezzo da parte del potere: hogra in arabo.

Una regione segnata dalla marginalizzazione si ribellò per mesi; e se all’inizio questa mobilitazione venne tollerata, ben presto venne repressa e 400 manifestanti finirono in prigione e comminate pesanti condanne.

Uno dei leader della protesta Nasser Zefzafi, è stato condannato in appello a 20 anni di prigione, cucendosi la bocca con ago e filo in segno di protesta, mentre centinaia di marocchini marciavano per le strade di varie città.

L’hirak maghrebino era la cifra di uno “sviluppo ineguale” che si è accompagnato alla modernizzazione di una parte del Paese e di cui ha beneficiato solo una élite economica e politica.

Il Programma per le Nazione Unite per lo Sviluppo, apparso nel 2018 ha classificato il Paese al 123° posto contro l’85° della vicina Algeria.

A Jerada, una città di poco più di 40.000 abitanti alle porte del Rif, ex bacino minerario, la morte di due giovani fratelli morti annegati in una miniera clandestina di carbone, ha scatenato nel 2017 un movimento in tutta la regione.

Le richieste?

Pane, acqua potabile, lavoro, ed elettricità…

Sullo sfondo di un caro-vita che ha visto svilupparsi una forma efficace e duratura di boicottaggio di tre simboli della disparità sociale del regno l’anno scorso: il latte della Danone, l’acqua minerale Sidi Ali e il carburante della stazioni di servizio Afriquia.

Lanciata il 20 aprile dell’anno scorso questa campagna ha toccato tre simboli dell’oligarchia economica: la “Centrale Danone” è posseduta dalla multinazionale francese – dopo che la SNI la societò nazionale d’investimento non ne detiene più che una quota simbolica; la Sidi Ali è proprietà dell’influente ex patron della “Confindustria” marocchina (CGEM) Miriem Bensalah-Chaqroun; Afriquia è una delle filiali più prospere del gruppo Akwa, alla testa del quale vi è Aziz Akhannouch, il secondo uomo più ricco del Marocco (dopo il re), da 10 anni ministro dell’agricoltura e della pesca, e presidente del Rassemblement national Indépendent (RNI), secondo partito di governo e contro-altare agli islamisti, su cui il Palazzo scommette per le elezioni del 2021.

Il caso di Oùlmes, la cittadina di 9.000 abitanti in cui sfruttando le fonti la famiglia Bensalah ha trovato il suo Eldorado è la cifra di come la ricchezza detenuta da pochi sia la conseguenza della miseria dei più.

Oùlmes è lontana 160 km dal più vicino ospedale, la disoccupazione giovanile è alle stelle e lo sfruttamento eccessivo delle fonti a messo in ginocchio l’agricoltura di sussistenza locale.

Questa forma di lotta “anonima” che ha impensierito non poco l’establishment politico-economico che ha minacciato ripercussioni per le perdite subite, è stata senz’altro il risultato dell’evoluzione di una strategia di protesta in un clima di esacerbata repressione dopo l’Hirak del Rif, considerato che un “like” su un post è stato sufficiente per delle pesanti condanne.

Il FMI pressa i tecnocrati al potere per instaurare una austerità che si abbatte sulle condizioni di vita della popolazione, come in un documento del 30 novembre scorso, annesso al rapporto annuale del Fondo Monetario Internazionale sul Marocco, il ministro dell’economia ed il presidente della Bank al-Maghrib si sono impegnati formalmente al cospetto di Christine Lagarde a comprimere la massa salariale dello Stato ricorrendo a contratti precari anche nel settore pubblico…

E i premi mesi del 2019 hanno visto medici e insegnanti protestare contro i blocchi di stipendi e pensioni decisi dal FMI e avallati dal governo.

Le proteste incontrano una “teorica” apertura, come quella dimostrata durante la “primavera araba” marocchina (il Movimento 20 febbraio) – più narrata che effettiva – e delle promesse di cambiamento nel consolidato stile paternalista e nel ruolo di guida religiosa del re, che si traduce però in una repressione feroce, che fa tornare in mente gli “anni bui” del regno del padre caratterizzati dall’uso sistematico della tortura, carceri segrete e lunghe detenzioni degli oppositori.

Ieri come oggi la Francia, e l’Unione Europea tutta, chiudono gli occhi, tanto che Amina Bouyach – appena nomita dal Re – ha dichiarato nella sua prima uscita pubblica all’agenzia spagnola EFE che: “non ci sono prigionieri politici in Marocco”, una sortita che ha suscitato le vive reazioni della società civile considerato che attivisti, giornalisti e blogger sono nelle carceri marocchine.

14 supporter marocchini del Maghreb di Tétoun che avevano brandito le bandiere spagnole per protestare contro la morte di uno studente chiamato Hayat, ucciso dalla Marina marocchina colpendolo alle spalle durante il tentativo di attraverso del Mediterraneo, sono stati condannati l’ottobre scorso da un anno a dieci mesi di prigione: “oltraggio alla bandiera”, “manifestazioni non autorizzata”, “distruzione di beni pubblici e privati”…

I sondaggi possono talvolta essere un indice importante che misura un malessere che cova tra le ceneri, e forse questo è il caso del barometro del mondo arabo pubblicato alla fine giugno dalla BBC, secondo cui il 44% degli intervistati – 14% in più di tre anni fa – desiderano emigrare, una percentuale che sale al 70 tra coloro che hanno meno di trent’anni, mentre circa la metà (il 49%) desiderano un cambiamento politico rapido nel loro paese, la percentuale più alta della regione.

Sarà anche alla luce di questo che “M6” ha promesso, al rientro, un rimpasto di governo e la creazione di una Commissione Speciale per cambiare indirizzo allo sviluppo nazionale.

Come afferma Gilles Keppel, il dinamismo marocchino lo rende: “il pivot d’una verticale economica atlantica che va dai Paesi Bassi al Golfo di Guinea” considerando che il Regno è stato rintegrato nell’Unione Africana nel 2017, migliorando la sua capacità di penetrazione nel Continente, ed un elemento di stabilità rispetto alle più agitate Tunisia e Algeria: vicino dai rapporti burrascosi a cui ha di nuovo teso una mano nel suo discorso per il ventennale.

Il Marocco è una pedina fondamentale per le strategie della UE di contenimento dell’immigrazione; il regno ha ricevuto per questo circa 140 milioni di euro per il 2018. Come ha scritto un osservatore dei rapporti ispano-marocchini, “Madrid si è trasformata nell’avvocato di Rabat a Bruxelles”, viste le continue minacce del Regno sull’“apertura dei rubinetti” dell’immigrazione, di cui è il principale gendarme nell’area, insieme alla guardia costiera libica.

Allo stesso tempo il Regno è una pedina fondamentale nella strategia anti-jihadista, ed un alleato francese importante, considerando tra l’altro il fatto che l’Esagono è il primo investitore straniero in Marocco; i legami franco-marocchini, dopo un temporaneo raffreddamento nell’era Hollande, hanno trovato un nuovo slancio con Macron, presente all’inaugurazione in pompa magna della TAV marocchina.

Ma Rabat, affidabile alleato degli USA e trampolino di lancio per la politica di “normalizzazione” di Israele nell’area (tra l’altro ha da poco ricevuto pubblicamente un uomo del golpista venezuelano Guaidò), intrattiene sempre più rapporti anche con la Russia e la Cina.

Dopo Algeri, per cui la Russia svolge una funzione di mediatrice con Rabat, il Marocco ha firmato un rapporto di partenariato strategico, incrementando scambi commerciali, e relazioni diplomatiche, tanto che l’anno prossimo sarà il Regno ad ospitare il sesto forum di cooperazione russo-arabo, sancendo un rinnovato ruolo di Mosca nel Nord-Africa, che va appunto dall’Egitto alla monarchia, che ha tra l’altro firmato con Rabat un memorandum d’intesa per l’energia nucleare.

A Tangeri è in costruzione un parco industriale di 2.000 ettari che ospiterà 200 multinazionali con una forte presenza cinese, mentre a Rabat c’è un centro logistico Huawei.

L’”Hub” di Tangeri diventerà dunque importante per la “Nuova Via della Seta”, se si svilupperà l’auspicato rapporto con Trieste, che insieme a Genova è il porto italiano su cui punta la Repubblica Popolare.

Tanger Med è attivo dal 2007. Posto a 14 kilometri dalla Spagna, è vettore di ingenti investimenti internazionali, è uno degli hub con relativo retroterra logistico e industriale (insieme alla zona economica del Golfo di Suez – SCZone) che stanno riconfigurando la geografia degli interessi economici all’interno della rivoluzione logistica in corso.

Tra il clienti di questo scalo portuale, a cui si unisce la zona franca – dove tra l’altro la Renault assembla la Dacia – gestito dalla Tanger Med Special Agency ci sono: Adidas, 3M, Decathlon (che ha qui il suo secondo centro logistico al mondo dopo Singapore), mentre nella Tanger Free Economic Zone operano 750 imprese con 65.000 lavoratori e il Tetouran Shore offre servizi d’outsourcing per l’Europa.

Come abbiamo ribadito subito, questo modello di sviluppo non produce ricchezza se non per una limitata élite, prona ai servizi delle multinazionali occidentali e delle oligarchie europee, non è un caso che le parole iniziali dei supporter del Raja (“Nel mio Paese colpito dall’ingiustizia”) siano diventate virali ed uno dei maggiori indici di malessere dei giovani “a sud del Mediterraneo” così come altri tifosi hanno dato il là alle proteste in Tunisia ai tempi della “Rivoluzione dei Gelsomini” e al recente Hirak algerino…

Ci hanno lasciati

Come degli Orfani

Regoleremo i nostri conti”.

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1 Commento


  • Chouaib

    M6 grande figlio di potana dal mondo

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