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Bolivia. Intervista a Evo Morales

Il presidente deposto della Bolivia Evo Morales concede un’intervista all’emittente HispanTV dopo la sua rinuncia e l’esilio in Messico e denuncia l’agenda golpista contro di lui.

Morales, di 60 anni, è stato il primo presidente indigeno della Bolivia. Il suo mandato come presidente è cominciato nel 2006 ed è durato fino alla sua rinuncia forzata del 10 novembre, nel mezzo di un assalto golpista e violento dell’opposizione, che non ha voluto riconoscere la sua vittoria elettorale per un nuovo mandato, cioè fino al 2025.

Poco dopo, Morales è partito per il Messico, paese che gli ha concesso asilo, però con l’intenzione di rientrare presto i Bolivia “con più forza ed energia”. Il suo ritorno al paese lo chiedono i suoi sostenitori che dalla sua rinuncia scendono in strada per condannare il golpe di Stato realizzato dall’opposizione di destra del paese.

Nell’intervista che condividiamo qui di seguito, l’ex governante indigeno individua la mano nascosta dell’imperialismo, con gli USA in testa, dietro il golpe contro di lui, anche se ancora manca ai golpisti la capacità di far finire lo Stato Plurinazionale, a causa della resistenza del popolo.

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Il colpo di Stato in Bolivia e il deposto presidente del paese continua ad essere in primo piano nell’informazione. Oggi parliamo con Evo Morales e lo facciamo per sapere di prima mano cosa pensa dell’attuale situazione. Benvenuto. Come va?

Molte grazie per questo contatto, per questa intervista, come sempre disposto a esporre le preoccupazioni e impressioni su quello che succede in Bolivia.

Il piacere è nostro di conversare con Lei e aggiornare i nostri ascoltatori su quello che pensa il presidente della Bolivia. Posso dire il presidente, ex presidente, deposto presidente? Come preferirebbe che la chiamassimo in questa intervista?

Considerando il colpo di Stato, io sono l’ex presidente, anche se i giuristi mi dicono che sono ancora presidente, perché l’Assemblea Legislativa Plurinazionale non ha approvato la mia rinuncia.

Allora parliamo anche con Evo Morales, l’uomo di carne e ossa, che ha guidato il paese per quasi 14 anni. Evo, il Che Guevara diceva che “all’imperialismo, neanche un pochettino così”; e mi chiedo perché Evo Morales ha avuto fiducia nell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e ha chiesto una revisione del processo elettorale del 20 ottobre, quando si sapeva di istruzioni, di dati, di dettagli, e persino nome e audio, per abbatterlo. E tutto questo 30 giorni prima del golpe. Perché ha avuto fiducia nell’imperialismo, Evo Morales, nell’Organizzazione degli Stati Americani?

Vede, Luis Almagro, che rappresenta l’OSA è una volpe travestita da agnello. Lo dico perché il 17 e 18 maggio è venuto in visita in Bolivia e varie volte ha apprezzato la crescita economica della gestione pubblica che abbiamo fatto e diceva persino che sono il miglior presidente della Bolivia, mentre io mi considero il presidente della migliore Bolivia della nostra storia.

In maggio di quest’anno, ha detto che Evo era “abilitato legalmente” per il quarto mandato. Ho pensato che parlasse con molta responsabilità, pubblicamente, davanti al popolo e al mondo intero. Mi sono fidato, però dietro le accuse di frode c’era il colpo (di Stato), me ne sono accorto forse troppo tardi.

Per questo ho chiesto una revisione elettorale per verificare l’elezione, e così alla revisione elettorale si somma il colpo di Stato domenica mattina all’alba. Bene, capisco le sue riflessioni e commenti, e anche le parole o messaggi del Che.

Credo ora che abbiamo accumulato più esperienza nella gestione pubblica, ma fondamentalmente per la liberazione dei popoli. Non bisogna cedere all’impero, né fidarsi in niente. Questa è la mia esperienza vissuta, prima come dirigente sindacale e poi come presidente de ex presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia.

Evo, Lei è andato in Messico per evitare quello che oggi stiamo vedendo in Bolivia, una violenza e una repressione smisurata. Tornerà la pace a La Paz, a El Alto, in tutta la Bolivia?

Nella mia gestione, dal 21 ottobre al 10 novembre, neanche un morto per arma da fuoco. Abbiamo salvaguardato la vita. Siamo difensori della vita. Per me al di sopra di qualsiasi diritto dei popoli e delle persone, diritti collettivi, diritti individuali, prima c’è il diritto alla vita.

Per questo ci siamo dimessi, con Álvaro, affinché non ci fossero aggressioni e violenza, razzismo, fascismo. E invece in 10 giorni del colpo di Stato, 33 morti per arma da fuoco. Volevamo evitare questo. Perciò è una preoccupazione. Ma voglio anche dire molto sinceramente, contattando e chiamando compagne e compagni, la lotta pacifica per la vita, per la democrazia e per la patria, fondamentalmente continuerà e ho molto desiderio di tornare. Mi manca molto il lavoro che facevo.

Dal lunedì alla domenica, dalle 5 del mattino alle 11, 12, e persino l’1 di notte, tutto per la patria. Nuovamente voglio confermare che sono arrivato alla Presidenza per la patria e non per i soldi. Sono arrivato alla Presidenza con la verità e l’onestà. Vi dico che mai chiederei ad alcun organo dello Stato che mi aiuti o che faccia una frode. Non sono un delinquente, e meno che mai un corrotto.

Siccome non possono dimostrare né corruzione né alcun delitto, mi accusano ora di essere un terrorista, un sovversivo, dicono persino che mi processeranno come razzista e per discriminazione. Queste accuse che inventano, immaginate, queste accuse che inventano, ora sono già in mano all’Interpol.

La stanno pure accusando d’incitazione alla violenza e ha già la targhetta azzurra dell’Interpol nei paesi alla frontiera con la Bolivia. Che mi può dire di questa azione del governo di fatto?

Vede, se si tratta di incitazione alla violenza, perché non processano il blocco civico nazionale Santa Cruz? “Fuori Evo”, questa non è sedizione?! “Dimissioni di Evo”, il giorno di lunedì 4, come fare per non avere un’iscrizione di Evo.

Dal 21 in poi, con lo sciopero civico, con la violenza promossa da Carlos de Mesa, poiché avevano perduto, hanno fatto bruciare i seggi elettorali, gli atti dello scrutinio, le case di fratelli dirigenti e autorità del governo dipartimentale e dei governi municipali, dirigenti sindacali, hanno bruciato la casa di mia sorella. E questo non è violenza? questa non è sedizione!? Per la destra mobilitata è tutto legale. Popoli che difendono con messaggi di solidarietà, i propri dirigenti, questo invece è sedizione, evidentemente.

Mi hanno appena informato dalla Bolivia che stanno facendo pressione, minacciando fino a prendersi, momentaneamente il difensore del popolo. Questa non è sedizione!? e la Polizia dice che è suo diritto protestare, però quando i poveri e gli umili protestano, è sedizione. Quando quelli che ostentano il potere economico protestano, è legale e umiliano il popolo boliviano. Usano la Bibbia contro la famiglia. Pregano per far odiare il popolo boliviano.

Lei mi chiede di Santa Cruz. Manifestazione, ore a pregare Gesù Cristo, e dopo dicono “Evo, bastardo”, fanno gridare a migliaia. E questo non è sedizione? E questo non è cospirazione!? Questo è pure discriminazione e razzismo. Però stanno accusando me di essere razzista e discriminatore. Che il popolo lo sappia, che il mondo lo sappia. Dai mezzi di comunicazione, noi abbiamo combattuto abbastanza contro il razzismo e la discriminazione, proprio affinché ci sia unità e intesa tra fratelli boliviani e boliviane.

Evo, da quello che Lei mi sta dicendo ora, vuol dire che se Lei fosse rimasto in Bolivia, se non avesse accettato l’asilo politico che le ha offerto il Messico, oggi questa conversazione sarebbe totalmente impossibile. Dove sarebbe Evo Morales a quest’ora, in questo momento in Bolivia?

Bisognerebbe chiederlo ai rappresentanti golpisti, a Camacho e a Carlos de Mesa. Quello che posso raccontare sono tre situazioni in cui mi sono trovato l’8 e 9, oppure 9, 10 e 11 di novembre. Il 9 ho viaggiato verso la zona del tropico di Cochabamba e la sicurezza, dopo l’atterraggio nell’aeroporto di Chimoré, mi ha detto: “Presi[dente], ho questi messaggi e chiamate telefoniche”. Il messaggio diceva: “Consegnateci Evo!”. E per la chiamata che hanno detto? Dateci 50 palos grandes.

Io ho chiesto in che consistono questi palos grandes. Hanno risposto: 50.000 dollari. Prima del mio arrivo a Chimoré, l’aeroporto internazionale, un gruppo di poliziotti voleva occupare l’aeroporto, ma c’era il personale dell’aeroporto e i militari hanno cercato di prevenire questa occupazione. Prima situazione.

Seconda. La domenica, quando sono arrivato a Chimoré nuovamente, dopo essere partito dalla città di El Alto, il pilota mi ha portato direttamente al terminal militare e non al terminal commerciale o civile. Io ho chiesto cosa stava succedendo. Il pilota mi ha detto che aveva istruzioni di portami là e che chiudono l’ingresso del terminal commerciale. In quel momento, ho visto circa 10 o 15 carri a tutta velocità sulla pista per la fretta di salvarmi da questo fatto.

E poi i militari ci informano, prima che io mi dimetta, che erano già pronti in uniforme, armati e ben equipaggiati, nel terminal militare. E infine voglio dire dopo di tante operazioni il lunedì… prima ho chiesto che l’aereo arrivasse alle 11, l’hanno sospeso. Alle 3, e poi alle 3 e 15 hanno sospeso di nuovo e alla fine è arrivato l’aereo alle 9 e 25 a Chimore. Migliaia di compagni hanno aspettato tutto il giorno 11 mila, 12 mila, e poi la notte…. in 6000-7000. Siamo entrati nell’aereo del Messico, siamo andati avanti, arriviamo alla fine della pista per alzarci il volo e il generale terzo — con che coscienza …— comunica al pilota, che era un generale, che era scaduto il suo permesso di volo. Dalla fine della pista, dietrofront e andare fino la terminal commerciale.

Evo, abbiamo seguito le notizie e anche il percorso del suo aereo fino a quando non è arrivato in Messico e la nostra emittente ha offerto tutti questi dettagli agli ascoltatori. Ma ora vorrei riprendere l’argomento del golpe. Esisteva, di fatto, esiste un movimento contro il Suo quarto mandato e, sembrerebbe aver acquisito forza lì in Bolivia. La domanda è questa: la sua equipe di lavoro, o Lei stesso, non ha calcolato bene la forza dell’opposizione che già da mesi prima delle elezioni parlava di una frode elettorale?

Ha ragione. Io stesso non credevo che avessero organizzato con anticipo il colpo di Stato, anche se una lavoratrice di La Paz, tre settimane prima delle elezioni aveva ascoltato che nella riunione dei comitati civici della Ciudad de La Paz si diceva: facciamo un golpe e nominiamo un nuovo presidente. Io ho brevemente riferito al Gabinetto, e, naturalmente, nessuno ci credeva, neanche io lo credevo. Questo che significa? Si sono preparati con anticipo, usando la frode, misconoscendo o esautorando la legittimità e la legalità del Tribunale Supremo Elettorale e così alla fine è iniziato il golpe.

Vedi, anche se avessi vinto con oltre il 50 %, avrebbero fatto il golpe, perché non mi perdonano i benefici sociali, con la lotta democratica, la rivoluzione democratica culturale, abbiamo nazionalizzato le risorse naturali. E, peggio ancora, non mi perdonano che un indio possa dimostrare che un altro mondo è possibile con politiche economiche, con programmi sociali, con progetti produttivi, con un investimento in capo allo Stato boliviano.

Per questo non è ben visto da altre classi sociali in Bolivia? Che è successo nel paese? In questi 14 anni, come il suo Governo, le sue politiche hanno influito nel cambiare la mente dei boliviani e integrarne il pensiero, non solo con le azioni, affinché tutti i boliviani fossero in uguali condizioni?

Questo è un tema di fondo. Nuovamente si vede lotta di classe. Non perdonano a noi umili, ai movimenti indigeni, i movimenti sociali, prima di tutto di aver recuperato la patria; e in secondo luogo, di aver dimostrato che la Bolivia ha molte speranze, non è vero che la Bolivia muore, come dicevano al momento di cominciare con il neoliberismo. Quando ormai non comandano più la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, ecco che questi gruppi ne risentono. Il peggio è che questi gruppi che ostentano il potere economico, alleati alla Polizia, alleati alle Forze Armate e, soprattutto, alleati all’OSA del presidente Almagro, fanno un colpo di Stato.

Ma l’economia della Bolivia non era tra le peggiori economie della regione, I dati parlano da soli: la Bolivia è cresciuta significativamente. Che succede allora?

Certo, è proprio per questo: hanno una mentalità razzista, fascista e golpista. Non perdonano che noi umili, i movimenti indigeni possiamo dimostrare che abbiamo cambiato la Bolivia. Loro vorrebbero, ma non l’hanno mai potuto fare. Le ricordo solamente un dato importante: in 180 anni, dal 1825 al 2005, sono arrivati a creare 9miliardi di dollari di PIL. A dicembre dell’anno scorso, dopo il ciclo dal 2006 al 2018, siamo arrivati a 40,8 miliardi di dollari. Per quest’anno era previsto un minimo di 43 miliardi di dollari. Il prossimo dicembre o gennaio vedremo con quanto va a finire, con questo conflitto provocato. Ripeto nuovamente: Camacho […], alcuni cacicchi, alcuni imprenditori, non tutti, non accettano che noi possiamo cambiare la Bolivia.

E ora, Evo, i cosiddetti “democratici”, democratici seduti lì sul trono, continueranno a vedere la Bolivia come lo Stato plurinazionale che Lei ha difeso, al quale Lei ha dato visibilità?

Dovranno cambiare la Costituzione per chiudere con lo Stato plurinazionale. Sono sicuro che i golpisti non potranno, però getteranno le basi per farlo, sotto il dominio, con il mandato, degli Stati Uniti. Immaginate l’umiliazione della Wiphala che è la bandiera, simbolo originario, millenario, dall’esistenza d’interazione e la liberazione. Rispettiamo e onoriamo molto la bandiera boliviana, la bandiera boliviana viene dal 1825, ma l’hanno cambiata già tre volte, […] la Wiphala è millenaria.

Questo è proprio un attacco all’elemento indigeno, a Evo Morales, e collateralmente a tale aggressione, alle mie sorelle e fratelli contadini. Perciò io voglio solo dirvi che non potranno cambiare. Per questo tanta resistenza e in 10 giorni 33 morti sparati; per questi ammazzati nessuno è stato processato, nessuno giudicato, neanche uno carcerato, mentre dirigenti sociali, autorità, ex autorità erano in dura lotta per il bene dei boliviani e delle boliviane, e hanno già mandati di carcerazione sulle spalle. Vengono processati, questa è la profonda differenza. Chiedo alla comunità internazionale di dire la verità ed esprimere anche solidarietà ai patrioti che difendono la vita e la democrazia.

É già evidente l’avvicinamento degli Stati Uniti, rivelato dalle notizie, e pure il ristabilirsi delle relazioni con Israele; si parla dell’espulsione dei diplomatici venezuelani e il ritiro di medici e altri collaboratori cubani. Lei crede che tutto questo corrobori l’ipotesi che dietro ci siano gli Stati Uniti, il neoliberismo e che le tendenze attuali che stanno risorgendo in America Latina siano indicate, ordinate dal nord del continente?

Ne sono convinto. Molto più che convinto. Non c’è dubbio. Preciso soltanto che vogliono nuovamente imporre il modello economico del Fondo Monetario Internazionale e il mondo sa già come questo ci danneggi. Con questo tipo di azioni cercano di dividere i boliviani, dividerci per dominarci, e dominarci per saccheggiare, rubare le nostre risorse naturali. Però il popolo è cosciente: lavoratori, mobilitazioni patriottiche, il movimento indigeno, distinti settori sociali, per recuperare il potere politico del pane per il popolo.

Voglio dirvi in maniera molto sincera, con Evo o senza Evo, la lotta continuerà, una lotta pacifica, per tornare giustamente a quello che abbiamo fatto prima.

Sono state convocate nuove elezioni, anche se ancora non ci sono dettagli su questa nuova elezione. Le chiedo se il Movimiento Al Socialismo è realmente pronto per rinnovare la leadership di Evo Morales. Questa leadership è durata quasi 14 anni. A questo proposito, Evo, Lei ha lavorato su questa nuova leadership, un sostituto per il dopo, per il futuro?

Prima voglio dire che il Movimiento Al Socialismo, strumento politico per la sovranità dei popoli, parteciperà alle elezioni. Sono in contatto permanente, con le sue riunioni, dei movimenti sociali, dei vari settori. Sono in contatto nelle riunioni che stanno facendo d’urgenza, d’emergenza, giustamente per tornare a recuperare la patria e continueremo ad aiutare come possiamo, però voglio che sappiate che proprio per pacificare, per aiutare alla soluzione ho rinunciato alla mia candidatura, anche se continuo ad essere il presidente, sono il presidente eletto al primo turno verso il bicentenario, ha fatto un sacrificio per la Bolivia, uno sforzo per la Bolivia, rinunciando alla mia candidatura per questa elezione come presidente.

La mia forza sociale, indigeni, contadini, operai, lo ripeto nuovamente, ho tante chiamate, tanti contatti che confermano la partecipazione e speriamo di sorprendere come sempre di nuovo anche in queste elezioni nazionali. Abbiamo bisogno di tempo per concordare. Praticamente, non si tratta di scegliere, ma di concordare con i miei compagni militanti, i movimenti sociali, specialmente il movimento indigeno “originario”, queste consultazioni dipartimentali sono chiave per rafforzare il nostro movimento economico – scusate, politico – e in questa maniera garantire la stabilità e lo sviluppo sociale ed economico della nostra amata Bolivia.

Ma non resta molto tempo perché, secondo quanto si dice, ci sono circa cinque mesi per questa nuova tornata elettorale e secondo quelli del governo di fatto, Lei già non ha i requisiti per essere candidato a una nuova tornata elettorale.

Prima di tutto, costituzionalmente sono abilitato. Secondo, ci sono dei precedenti in giurisprudenza: quando uno rinuncia prima di aver terminato il su mandato, è abilitato anche per essere candidato. Ripeto, nuovamente, è un sacrificio personale tutto per la Bolivia, tutto per l’unità e fondamentalmente tutto per pacificare. Per questo ho rinunciato alla mia candidatura. Questo non significa che il MAS non parteciperà. Parteciperemo e aspettiamo. Sono profondamente convinto che nuovamente avranno una grossa sorpresa, come è stato nelle ultime elezioni del 20 ottobre di quest’anno.

Ma Evo Morales potrà arrivare nella sua patria, perseguitato dall’Interpol, con tutte le minacce che ha, con tutta la violenza che sta regnando nel paese? Tornando Evo Morales si placherebbe o attizzerebbe il fuoco in Bolivia?

Beh, io non so se si placherebbe. Ma lo sa il Dipartimento di Stato degli USA, che comanda il governo di fatto della Bolivia; ha detto elezioni pulite, libere e trasparenti. In elezioni pulite, libere e trasparenti non ci possono essere perseguitati politici, non ci possono essere esiliati, non ci possono essere fratelli e sorelle che non possano avere comportamenti liberi. Per favore!

Questa è un’altra prova della dittatura mediante il colpo di Stato. Non si capisce, non ci possono essere elezioni pulite se non si permette a Evo di tornare in Bolivia. Perché tanta paura di Evo? Io non sono un corrotto, non sono un delinquente, che me lo dimostrino; i “processi sono processi politici”, processi politici per cosa? terrorismo? sedizione? Per alzare la voce contro il colpo di Stato? Questo per me non è delinquenza, ma non importa. Voglio che sappiate che, per istruzioni degli Stati, Uniti la destra boliviana non vuole che io ritorni e voglio creare istituzioni internazionali come l’Interpol, diverse, che non siano strumenti dell’impero.

Qualsiasi istituzione, qualsiasi organismo che difenda i più umili, la gente povera. Questo è un altro peccato che ho commesso: tanti programmi sociali, una politica economica per cambiare la matrice economica della Bolivia. (Lei stesso commentava i risultati di questa gestione). Nuovamente voglio dirle che loro avrebbero voluto farlo, ma non hanno potuto e gli indios, i movimenti sociali hanno dimostrato che la Bolivia ha molta speranza. E’ il delitto più grande che ho commesso. Perciò non ho paura del modo in cui ritornerò e di essere detenuto e quello che mi succederà […] quella responsabilità prima è della destra golpista, razzista e fascista e poi dell’impero nordamericano.

Evo, per terminare, poniamo in contesto tutto quello che sta succedendo e guardiamo il continente: il Cile è nelle strade, la Colombia è in fiamme. Tutta questa situazione in America Latina sta mettendo in fila una serie di fatti e accadimenti non di ora. Ricordiamo pure quello che è successo a Correa, quello che è successo a Cristina Fernández, a Lula da Silva. Che mi può dire di questo, per chiudere il nostro dialogo? Lei in Messico, noi qua a Teherán.

Ci sono popoli come in Cile, come in Colombia, Ecuador, che difendono la libertà, la dignità, l’identità dei popoli, la sovranità e indipendenza degli Stati, ci sono anche quelli come in Bolivia che, mentendo e facendo grossi investimenti, attentano contro noi di sinistra, i progressisti, gli antimperialisti che abbiamo dimostrato che un’altra Bolivia è possibile, un altro mondo è possibile senza sottometterci all’impero nordamericano.

Finché esisterà il capitalismo, che è il peggior nemico dell’umanità, della gioventù e delle nuove generazioni, il capitalismo è il nemico della Madre Terra, pertanto, finché esisterà, la lotta continuerà, così come si sono sollevati in altri paesi vicini in Sudamerica.

In Bolivia, ripeto nuovamente, è questione di tempo, per la seconda volta ripeto, con Evo o senza Evo, continueremo a garantire la liberazione del popolo boliviano. La destra con l’appoggio di Israele, degli Stati Uniti si preparerà, però, quando il popolo si ribella, non esiste impero al mondo che possa fermare un popolo che si ribella per la verità, per la giustizia e, soprattutto, per l’indipendenza e la dignità del popolo boliviano.

Si sente ottimista, ha fiducia nel popolo, nella maggioranza indigena che lo sostiene in Bolivia che il Movimiento Al Socialismo ritorni al protagonismo e all’Amministrazione del paese?

Ne sono convinto. È questione di tempo…

Ma di molto tempo? Di lungo, medio termine? Di che tempo stiamo parlando, Evo?

Penso che, a breve termine, sapendo che questo governo di fatto implementerà politiche neoliberiste, nuovamente si andrà a sottomettere al Fondo Monetario Internazionale e il 70 o 80 o 90% del popolo boliviano lotta in modi diversi naturalmente, ma questo popolo si farà rispettare da qui a breve con governi di fatto e soprattutto con la politica economica che viene da fuori.

La ringrazio per il tempo dedicato a HispanTV, dal nostro centro mondiale di Teherán. La più gradita conversazione che abbiamo avuto nelle ultime ore è stata questa con Lei.  A nome di tutta l’equipe sappia che guardiamo con attenzione alla sua situazione lì in Messico, a quello che sta succedendo in Bolivia e trasmettiamo al mondo la realtà di quello che accade nello Stato plurinazionale. Un abbraccio, stia bene.

Molte grazie, altrettanto. Voglio dire che mi sento molto bene di salute, benché triste, però come sempre forte per tornare in qualsiasi momento nel mio paese e desidero, come sempre dare il mio apporto, con la mia esperienza, per rafforzare la lotta per la liberazione dei popoli della Bolivia e per il mondo. Molte grazie.

Molte grazie. Ricordi che i golpe insegnano, dice un ritornello della mia Cuba. Un abbraccio per Evo Morales e un saluto molto cordiale per tutte gli ascoltatori di HispanTV.

Il colpo di Stato in Bolivia e il deposto presidente del paese continua ad essere in primo piano nell’informazione e anche nella nostra emittente continuerà a fare notizia. Continuate a seguirci. Grazie per essere stati con noi.

tqi/ktg/ask/nii/

HispanTV*

http://www.resumenlatinoamericano.org/2019/12/01/bolivia-entrevista-exclusiva-de-evo-morales-a-hispantv-texto-completo/

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