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Il Report sulle elezioni del 28 luglio in Venezuela

Rita Martufi, cofondatrice del Capitolo Italiano della Rete in difesa dell’umanità (REDH), Luciano Vasapollo e Salvatore Izzo, hanno redatto un Report sulla loro esperienza.

Come nel 2018, anche quest’anno abbiamo partecipato, in quanto delegati della Rete in difesa dell’umanità (REDH), al processo elettorale in Venezuela, insieme ad oltre 900 altri osservatori internazionali provenienti da 109 paesi.

Crediamo che non abbia davvero precedenti una presenza così massiccia e composita di “accompagnatori” per garantire la regolarità delle elezioni. Ciascuno di noi si è recato volontariamente in Venezuela previo un contatto con le ambasciate di Caracas nei paesi di provenienza, il che significa che non c’era una uniformità di criteri per la selezione né particolari indicazioni da parte del governo venezuelano.

Ovviamente ci univa tutti una profonda solidarietà verso uno stato che rivendica la propria autodeterminazione osteggiata da illegittime sanzioni economiche che sono applicate da USA e UE proprio allo scopo di suscitare malcontento nella popolazione per condizionare gli elettori e favorire una eventuale vittoria elettorale dell’opposizione.

E’ importante sottolineare l’eterogeneità degli “accompagnatori internazionali” per affermare che il giudizio di ciascuno di noi sul processo elettorale non era in alcun modo condizionabile.

Anche tra la decina di italiani presenti erano rappresentati militanti di partiti e sindacati tra loro non alleati in patria e professionisti di settori del tutto diversi: docenti universitari, giuristi ed esperti di sistemi elettorali, giornalisti indipendenti, sindacalisti di varie sigle.

Una composizione variegata che rifletteva la complessità delle qualifiche accademiche e professionali dei 900 osservatori, che tuttavia hanno lavorato insieme in un clima di collaborazione e grande rispetto reciproco, anche nelle rilevanti diversità di appartenenze politiche e culturali. Accanto a marxisti e socialisti umanitari c’erano moltissimi cattolici ma anche credenti di altre confessioni e religioni non cristiane.

Siamo arrivati nella giornata del 23 luglio e abbiamo subito sperimentato un’accoglienza cordiale, in particolare una affettuosa solidarietà verso chi di noi (il vaticanista Salvatore Izzo) è portatore di una ridotta mobilità, che ha richiesto un notevole ma sempre sorridente impegno dei giovani volontari venezuelani cui eravamo affidati per le questioni logistiche.

Le attività preliminari

Nei primi due giorni abbiamo approfondito il funzionamento del sistema elettorale e incontrato alcune autorità venezuelane che volevano ringraziarci per la nostra presenza, tra le quali anche il presidente Nicolas Maduro.

In Venezuela il processo elettorale si compie tramite il voto elettronico in urne digitali, con tastiere simili ad un semplice telefono cellulare, in cui ogni partito ha un numero e l’elettore digita il numero e vota il partito scelto. Per quanto riguarda l’elezione del Presidente, ogni partito indica il proprio candidato Presidente.

In queste elezioni venezuelane, in totale, l’elettore ha trovato sulla scheda elettorale 24 partiti politici, di cui 13 hanno indicato Maduro come candidato Presidente, 3 hanno indicato il candidato dell’estrema destra e altri 8 partiti hanno indicato i restanti candidati.

I 10 candidati alla presidenza erano:

– Nicolás Maduro (Partito Socialista Unito del Venezuela, sinistra);

– Edmundo González Urrutia (Piattaforma Unitaria Democratica, destra): principale candidato dell’opposizione, ex ambasciatore venezuelano in Algeria e Argentina, soprannominato “Ammazzapreti” per aver partecipato a violenze e omicidi in El Salvador all’epoca dell’assassinio dell’arcivescovo Romero;

– Antonio Ecarri (Alleanza della Matita, centro): ex consigliere comunale del municipio di Chacao;

– Luis Eduardo Martínez (Azione Democratica, centrosinistra): deputato e rettore dell’Università Tecnologica del Centro;

– José Brito (Prima il Venezuela, centro): ex deputato;

– Daniel Ceballos (AREPA, Partito Digitale Rinnovazione e Speranza, destra): ex sindaco di San Cristóbal;

– Javier Bertucci (Il Cambio, centro): deputato e pastore evangelico;

– Benjamín Rausseo (Contare, centrodestra): comico;

– Claudio Fermín (Soluzioni, centrosinistra): ex sindaco del comune di Libertador;

– Enrique Márquez (Centrati, centro): ex deputato ed ex vicepresidente del Consiglio Elettorale Nazionale

Nei giorni conclusivi della campagna elettorale abbiamo potuto constatare che le emittenti televisive hanno offerto il medesimo spazio a tutti i candidati, coprendo tutti i comizi ed eventi di chiusura di ciascuna campagna e offrendo spazi contingentati per le interviste e dichiarazioni di ciascun candidato. Questo è stato fatto con scrupolo anche dall’emittente pubblica VTV.

Il voto è stato espresso liberamente e non è alterabile perché è raccolto in due diverse modalità

Domenica 28 luglio gli osservatori sono stati distribuiti sul territorio dell’intero paese per seguire l’andamento del voto che non ha evidenziato particolari criticità, anzi si è generalmente constato una certa soddisfazione dei cittadini nel poter esprimere il proprio voto scegliendo il candidato presidente, quale che fosse.

Molti seggi sono stati “invasi” da bambini che accompagnavano i loro genitori a votare. La sensazione che si coglieva nelle ore precedenti al voto era di una maggiore serenità nella popolazione rispetto alle precedenti elezioni del 2018, quando tra l’altro c’era una grave carenza di merci nei negozi, anche quelli di generi alimentari, mentre in quest’occasione si vedevano negozi ben forniti e un clima molto più disteso, che in effetti non lasciava presagire poi la drammatica evoluzione della situazione a cui abbiamo assistito dopo il voto.

Il voto venezuelano ha due riscontri, uno digitale elettronico e uno analogico tradizionale.

Dopo aver digitato la preferenza, che viene registrata nel sistema elettronico dell’urna, l’elettore ottiene una ricevuta cartacea, che viene inserita in un’urna tradizionale per il riconteggio manuale. Alla fine della votazione, l’atto ufficiale che conteggia i voti nell’urna digitale è registrato e – nel 54% dei casi scelti aleatoriamente, per legge – viene effettuato anche il riconteggio manuale, per confermare che il dato digitale sia stato conforme al risultato analogico.

Nei casi in cui l’opposizione denunci irregolarità, anche il restante 46% dei voti viene ricontato e confermato anche manualmente. Ed è quello che è avvenuto in queste elezioni pur nella difficoltà dovute ai continui attacchi informatici ai sistemi di comunicazione che permettono le verifiche dei dati elettorali dettagliati di tutti i municipi del paese.

Gli attacchi informatici

Tra domenica 28 luglio e lunedì 29 luglio, secondo i grafici e i dati pubblicati dall’esperto informatico Kenny Ossa, il Venezuela è stato uno dei paesi con il maggior numero di attacchi informatici al mondo.

Numerose istituzioni venezuelane hanno subito attacchi informatici provenienti dall’estero, come parte di un piano organizzato per impedire l’accesso alle informazioni diffuse dallo Stato sulle elezioni presidenziali e successivamente sul ritorno alla tranquillità dopo i colpi di stato compiuti da gruppi violenti e ricchi di estrema destra, avvenuta il 29 e 30 luglio.

Una delle istituzioni più colpite è stato il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), con lo scopo di impedire la trasmissione dei conteggi elettorali e seminare dubbi sulla trasparenza delle elezioni presidenziali.

Questi attacchi al sistema elettronico del CNE hanno causato il ritardo della divulgazione completa dei dati. In ogni caso già a mezzanotte del 28 luglio erano stati confermati l’80% dei risultati e la vittoria di Maduro risultava certa [lo scarto rispetto al secondo candidato più votato era irrecuperabile con i voti ancora non confermati, ndr].

In totale sono state colpite almeno 25 istituzioni statali, compresa la compagnia aerea statale Conviasa. La maggior parte degli attacchi è stata lanciata da tre indirizzi IP di Singapore (rispettivamente 675, 68 e 6). Altri sono stati perpetrati da indirizzi IP situati negli Emirati Arabi Uniti (255), Stati Uniti (90), Francia (78), Hong Kong (6), Bulgaria (5), Turchia (3) e Regno Unito (2).

Infine, attacchi sono arrivati da sei indirizzi IP situati a Singapore: 586, 67, 64, 54, 6 e 1. Questi non sono stati gli unici, poiché altri sono stati sventati anche da indirizzi IP di Hong Kong (6), Bulgaria (3), Malesia (1) e Paesi Bassi (1).

Grazie al lavoro degli esperti venezuelani, negli ultimi sette giorni sono stati inoltre respinti 810 attacchi da indirizzi IP situati a Singapore, 766 negli Emirati Arabi Uniti, 522 dalla Cambogia, 205 dai Paesi Bassi, 95 dagli Stati Uniti, 78 dalla Francia, 57 dalla Bulgaria, 22 dalla Germania e 10 da Hong Kong.

Attraverso il suo account sulla rete sociale X, il collettivo di hacker Anonymous ha ammesso di aver lanciato massicci attacchi contro i siti ufficiali dello Stato venezuelano. Secondo il gruppo, gli attacchi hanno colpito 235 siti ufficiali.

Secondo il presidente Nicolás Maduro, è stata attaccata anche la piattaforma Sistema Patria, utilizzata da milioni di venezuelani per ricevere bonus di protezione sociale, gestire carburante e pagare servizi.

I patti che non sono stati mantenuti dall’opposizione

Rispetto alle garanzie di un regolare svolgimento delle attività del voto, il 17 ottobre 2023, era stato siglato un accordo tra governo e opposizione in Venezuela. I negoziati si erano svolti alle Barbados, nei Caraibi, alla presenza di rappresentanti di Brasile, Stati Uniti, Messico, Paesi Bassi, Russia e Colombia. Paesi che hanno inviato i propri osservatori internazionali che hanno avuto manforte da quelli provenienti da altri 100 paesi del mondo.

Riguardo alle accuse di brogli denunciate dall’opposizione di destra venezuelana e da governi che in diverse latitudini si riconoscono in quelle posizioni, va detto che tali calunnie sono ormai diventate una costante. Infatti, in tutte le altre precedenti elezioni le stesse opposizioni avevano fatto esattamente la stessa cosa.

Dopo le ultime elezioni del 2018 Juan Guaidò – che non era stato nemmeno candidato – si dichiarò eletto al posto di Maduro sulla base della transizione dei poteri al presidente dell’Assemblea Nazionale prevista in caso di impossibilità o decadenza del presidente.

Per qualche anno vari paesi, con in testa gli USA, riconobbero Guaidó come legittimo presidente eletto. Si verificarono tentativi di colpi di stato da parte di alcuni reparti militari, che furono sventati, e successivamente Guaidó fu dimenticato ed abbandonato dai suoi propri sostenitori e anche dagli USA, perché coinvolto in scandali di corruzione e appropriazioni di fondi che dovevano beneficiare i “poveri venezuelani frodati da Maduro”.

Oggi, si ripercorrono le stesse strade. E di nuovo si inverte l’onere della prova. È lo Stato, con le sue istituzioni e i suoi accordi stipulati anche con le opposizioni, rappresentate nelle istituzioni stesse, che è costretto a dimostrare di non aver compiuto frodi – cosa che sta oltretutto facendo, con i dovuti e necessari tempi.

Mentre invece l’opposizione eversiva che accusa lo Stato di frode, anche in questo caso, non presenta neanche uno straccio di prova che supporti l’accusa di irregolarità. E non le presenta perché non le ha.

Attacchi al potere elettorale

Il Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), riconosciuto come il quinto potere della Costituzione venezuelana, ha denunciato attacchi diretti contro la sua struttura che è stata invasa e devastata da un gruppo di esagitati subito dopo la proclamazione dell’elezione di Maduro.

Il presidente del CNE, Elvis Amoroso, ha spiegato che l’attacco informatico è stato combinato con atti violenti promossi dall’estrema destra, tra cui l’incendio della sede del CNE e dei centri di trasmissione e accoglienza. Ciò avrebbe avuto lo scopo di provocare un blackout elettorale, eliminare la documentazione elettorale ufficiale e impedire che venisse utilizzata per dimostrare che le elezioni presidenziali hanno goduto di affidabilità e trasparenza.

L’aggressione agli osservatori internazionali

Nel pomeriggio di lunedì 30 anche noi osservatori abbiamo subito aggressioni dirette. Infatti sono stati attaccati e inseguiti alcuni nostri bus che tornavano dal Centro Elettorale Nazionale o da altre località anche fuori Caracas.

La sensazione comune era che il passaggio dei bus fosse atteso ad alcuni incroci per fermarli e danneggiarli, creando il panico nei passeggeri. E insieme a sassate i bus hanno ricevuto anche colpi di arma da fuoco, tirati da giovani sbandati – i “guarimbas” – assoldati per 150 dollari ciascuno, che poi hanno speso per comprarsi dosi di droga, come accertato dalla polizia.

Ma il peggio è arrivato qualche ora dopo: nella notte tra lunedì 29 e martedì 30, mentre alcuni gruppi tentavano l’assalto di Palazzo Miraflores per uccidere Nicolas Maduro, e si spargeva il terrore per le vie di Caracas, sono stati infatti attaccati anche due alberghi dove risiedevano gli osservatori internazionali, il Melia e il Marriot, contro i quali sono stati esplosi colpi di pistola, ed è stato circondato l’Europa Building che per la sua posizione su una collinetta è risultato il più difendibile.

La nostra piccola delegazione di REDH era ospitata proprio in questo albergo. E nella notte siamo stati avvertiti di quello che stava succedendo e del rischio di una invasione da parte dei teppisti.

I giovani che curavano la logistica erano terrorizzati ed uno di loro, Iainer Gonzalez, è stato mancato per pochi cm da un proiettile che evidentemente era diretto proprio a lui che ricopriva il ruolo di coordinatore delle attività degli osservatori residenti in quel medesimo hotel.

Secondo quanto ricostruito dalle prime indagini, lo scopo degli attacchi agli hotel era sequestrare le personalità più conosciute tra gli osservatori internazionali arrivati da 109 paesi per garantire il corretto svolgimento delle operazioni di voto. Sette nomi, tra i quali quello del nostro capodelegazione del capitolo italiano della Rete in difesa dell’umanità (REDH) Luciano Vasapollo, figuravano nella “lista nera”.

Ci sono stati, evidentemente, momenti di tensione per gli osservatori che, tutti quanti, giustamente, si sono sentiti in pericolo, ed hanno indubbiamente subito disagi perché per ragioni di sicurezza si è organizzato un trasferimento anticipato all’aeroporto, che era più facilmente controllabile, dove poi hanno dovuto attendere molte ore la partenza dei loro aerei.

Lo spettacolo al quale abbiamo assistito dai bus che ci portavano verso l’aeroporto era del resto inquietante per i segni dei combattimenti urbani della sera e della notte precedenti, lo stesso aeroporto mostrava all’esterno di essere stato fatto oggetto del lancio di centinaia di sassi.

Il bollettino degli omicidi e dei danni compiuti dai teppisti assoldati dall’opposizione è molto eloquente: 14 persone uccise da gruppi violenti, tra questi ci sono passanti morti: persone che stavano tornando a casa, che sono state attaccate e hanno avuto i loro veicoli bruciati; tra gli altri ci sono 2 soldati della FANB uccisi; più di 45 feriti da azioni di gruppi violenti; 3 ospedali attaccati e assediati; 15 farmacie attaccate e distrutte, oltre alle vessazioni nei confronti del personale sanitario del Sistema Unificato di Attenzione Farmaceutica SUAF; devastati 6 centri diagnostici completi; un centro sanitario ad alta tecnologia; 30 ambulatori; colpite 12 università del Paese, compresa la UCV; 7 scuole di formazione iniziale; 21 scuole primarie; 34 scuole superiori; 6 centri di stoccaggio alimentare e supermercati CLAP; una stazione radio comunitaria; 11 stazioni della metropolitana di Caracas; un treno incendiato a Valencia; 38 unità di autobus; 27 monumenti profanati e statue divelte, tra cui quelle di Bolivar, Chavez, del cacique Coromoto e del beato medico Jose Gregorio Hernandez; devastate 10 sedi del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), alcune con persone all’interno; distrutto un centro di depurazione a Nueva Esparta; violate 10 sedi militari, come la caserma San Jacinto di Aragua; attaccata la sede del Ministero delle abitazioni a Chacao, con proiettili e bombe molotov, con il pericolo di colpire e uccidere i lavoratori del Ministero delle abitazioni con i loro figli e figlie, che si trovavano lì perché erano in vacanza; infine 10 sedi del Consiglio elettorale nazionale in altrettanti Stati.

Avevano intenzione di incendiare la sede principale, ma gli è stato impedito di farlo.

Lunedì, hanno lanciato due raffiche per assaltare il Palazzo presidenziale di Miraflores. Quando sono stati contenuti in piazza O’Leary, hanno sparato contro la sede del CNE a El Silencio.

Elvis Amoroso ha salvato la vita a 60 osservatori internazionali, che si trovavano nella tenda degli osservatori internazionali in Plaza Caracas e hanno ricevuto un “bagno di proiettili da teppisti e delinquenti”. Il GNB ha protetto gli osservatori, le guardie in servizio alla sede del CNE, hanno fatto una controffensiva e catturato 20 membri dei comanditos.

I teppisti, inoltre, hanno bruciato gli uffici dei sindaci di Carirubana e Quíbor, tra gli altri; hanno bruciato gli uffici dei sindaci di Carirubana e Quíbor.

Hanno distrutto la piazza pubblica di El Valle e la stazione della metropolitana di El Valle. Hanno attaccato lo zoo di Maracay. La VenApp parla infine di 5.000 minacce ad altrettanti leader popolari. E si teme possa verificarsi nelle prossime settimane una serie di omicidi, in particolare contro le donne impegnate come dirigenti del PSUV.

Ci sono stati oltre 1500 arresti per atti terroristici e incitamento all’odio. “Si tratta – hanno dichiarato le autorità – di elementi che generano violenza, in genere addestrati in Colombia”.

In conclusione, dobbiamo in coscienza sottolineare che da parte del Governo – per quello che è a nostra conoscenza, ed è facilmente constatabile sulle fonti aperte – c’è stato costantemente un tentativo di dialogo con l’opposizione e ripetuti inviti alla calma sono stati rivolti alla popolazione, rivolgendosi dopo le elezioni in particolare proprio agli elettori degli altri candidati, con l’assicurazione che le loro istanze non sarebbero state lasciate cadere.

Ugualmente da governi che solidarizzano con il Venezuela nella rivendicazione dell’autodeterminazione di questo bellissimo paese, ferito da tentativi fascisti di impossessarsi delle sue ricchezze – sono arrivati inviti alla pacificazione e al dialogo. Il clima positivo che avevamo constato fino alla vigilia del voto può essere ripristinato se tali appelli saranno accolti.

Il Congresso Mondiale contro il Fascismo, il Neofascismo e altre forme similari

Dopo aver accompagnato il processo elettorale come osservatori certificando la regolarità della rielezione di Nicolas Maduro, e aver assistito attoniti alle incresciose proteste dell’opposizione scivolate subito in episodi di violenza incontrollata, con un tentato assalto al Palazzo Miraflores per sequestrare o uccidere Maduro e diversi assalti a militanti e dirigenti del Psuv, ma anche ai bus e agli alberghi che ospitavano noi osservatori, come delegazione del Capitolo italiano della Rete in difesa dell’umanità, fondato da Luciano Vasapollo e Rita Martufi, eravamo dunque ripartiti da Caracas con la sensazione che quei gruppi di violenti (peraltro nella maggior parte formati da sbandati ingaggiati con un compenso di 100 dollari da spendere in dosi di droga) avrebbero potuto creare ulteriori disordini.

Ma quasi subito è emersa la scarsa consistenza numerica delle manifestazioni a sostegno dell’opposizione, appena 3mila persone, mentre per Maduro sono scesi in piazza in circa un milione.

Sono seguite la sentenza della Corte Suprema, che ha validato le elezioni del 28 luglio e ringraziato gli osservatori internazionali per la correttezza del loro servizio, e la fuga in Spagna del candidato dell’opposizione che si era auto-proclamato vincitore sulla base non dei voti ricevuti ma di un ben poco affidabile sondaggio telefonico effettuato da un istituto USA.

Quanto accaduto ha disvelato l’esistenza di una strategia eversiva cui hanno concorso alcuni personaggi dell’opposizione venezuelana (una leader pregiudicata e un ex diplomatico compromesso con regimi autoritari in altri paesi dell’America Latina) in concerto con il Dipartimento di Stato USA.

Si tratta di espressioni convergenti dell’ideologia fascista che assume nel mondo di oggi i volti orribili dell’Imperialismo che nega la sovranità dei popoli e delle nazioni e del Neocolonialismo che depreda i loro territori.

Per questo, proprio dopo gli incidenti di fine luglio, il presidente del Venezuela ha promosso un Congresso Mondiale contro il fascismo, il neo fascismo e altre forme di oppressione (che si è tenuto nei giorni scorsi al Centro Congressi de La Carlota, adiacente alla base militare che nel gennaio 2019 respinse il tentativo di golpe di Juan Guaidò che voleva impadronirsene) concluso dal presidente Maduro con l’annuncio della creazione di un’Internazionale antifascista, anticoloniale, antimperialista, che lotta per un mondo nuovo.

Ed è a questo atto politico, importante per le ricadute che avrà in Venezuela e più in generale nel mondo, che come delegazione del Capitolo italiano della Rete in difesa dell’umanità (REDH), fondato da Luciano Vasapollo e Rita Martufi, cui aderisce anche FarodiRoma, integrata questa volta da un membro della segreteria della Rete dei Comunisti, Giampietro Simonetto, abbiamo potuto partecipare su richiesta del PSUV, accogliendo l’invito a tornare in Venezuela a poco più di un mese dalla precedente missione.

Mentre in occasione del servizio svolto di accompagnamento al processo elettorale, nonostante l’aggressione subita il giorno successivo alla proclamazione dei voti espressi validamente, i media e il governo italiani avevano ignorato la nostra presenza in Venezuela invece di offrirci sostegno, questa volta, in occasione della nostra partecipazione al Congresso internazionale, ci siamo ritrovati attaccati da un quotidiano della destra, con due articoli successivi che reiterano in pratica l’accusa di un’adesione acritica all’esperienza del socialismo bolivariano, preso di mira in queste settimane da una poderosa campagna di discredito orchestrata da media filoatlantisti in diversi paesi, tra cui il nostro.

La tentazione sarebbe stata quella di non rispondere nemmeno ad accuse tanto false quanto ridicole rivolte in particolare al prof. Vasapollo. Ma si tratta in realtà di difendere, con la nostra onorabilità, soprattutto il sogno di Hugo Chavez di una democrazia partecipativa in un paese dove sia pienamente rispettata la dignità delle persone, come in un mondo giusto e in pace deve avvenire con quella dei popoli.

Dignità che in entrambi i livelli viene calpestata da un’ideologia violenta, quella della sopraffazione, che sottende all’ordine internazionale, come vediamo con la guerra in Medio Oriente, l’attacco militare alla Russia e quello commerciale alla Cina, il bloqueo che da 60 anni strangola Cuba e le sanzioni che cercano di piegare il Venezuela, per rovesciare un governo legittimamente eletto, come peraltro gli USA fanno anche ai danni di altri paesi.

Ecco allora la necessità di informare sull’accoglienza calorosa che abbiamo ricevuto dal presidente Maduro personalmente e dalla sua vice Delcy Rodriguez, nonché dai ministri dell’Interno e degli Esteri Deosdado Cabello e Yvan Gil, come sulle attività che abbiamo svolto anche in questo secondo viaggio, quando abbiamo partecipato al Congresso Mondiale contro il fascismo, il neofascismo e altre forme di oppressione simili, dove Vasapollo ha tenuto una delle relazioni principali. Un onore condiviso con solo una quindicina di delegati su 1200.

Prima dell’apertura del Congresso c’era stata, come attività preparatoria, la partecipazione alla presentazione dell’iniziativa al popolo venezuelano riunito al livello locale nelle comuna, in assemblee dove si è riflettuto su quanto accaduto alla fine di luglio in diverse località del paese, nelle quali atti di violenza hanno danneggiato strutture pubbliche come scuole o ambulatori, luoghi peraltro che simboleggiano la cura verso i più deboli da parte della comunità.

All’indomani del Congresso, dove c’era stato un cordiale scambio di saluti con il presidente del Parlamento Jorge Rodriguez, poi, la nostra delegazione è stata ricevuta in Parlamento da deputati dell’Assemblea Nazionale con i quali c’è stato un proficuo scambio di opinioni.

A tali incontri politici ha fatto seguito un’attività accademica, presso l’Università Sperimentale Simon Rodriguez, dove, su invito della rettrice Alejandrina Reyes, il prof. Vasapollo, dottore hc di questo ateneo nonché di diversi altri in America Latina e decano di Economia alla Sapienza, ha tenuto una lectio magistralis riservata ai docenti della Facoltà di Economia, con i quali si è confrontato sulle prospettive di sviluppo legate all’ormai imminente ingresso del Venezuela nei BRICS e alla attuale fase di de-dollarizzazione di molte economie non occidentali.

Lo stesso Vasapollo ha poi sintetizzato le sue opinioni di studioso in interviste a emittenti nazionali venezuelane come VTV e continentali come TeleSur e RadioSur. E’ stata intervistata anche Rita Martufi nella sua qualità di ricercatrice in campo sociale ed economico.

Entrambi hanno illustrato le dinamiche che si sono create a livello internazionale con l’attacco fascista al Venezuela, perpetrato con il il blocco e le sanzioni, sottolineando il grande lavoro che si sta facendo per migliorare le condizioni di vita dei cittadini attraverso le cosiddette missioni (che hanno assicurato vitto adeguato e case dignitose a 5 milioni di famiglie venezuelane), la lotta all’inflazione e gli sforzi, che hanno avuto successo, per diversificare la produzione e dipendere sempre meno dalle importazioni arrivando ad esportare di più.

Si tratta di una corretta pianificazione che attraverso un grande sviluppo dell’economia locale respingerà la guerra economica mossa dall’esterno e che vorrebbe imporre al Venezuela nuove forme di colonialismo e neo colonialismo, facendo vincere l’imperialismo e il fascismo a livello internazionale.

Il Venezuela saprà vincere la guerra economica come le trame golpiste ugualmente eterodirette, e i tentativi ripetuti di colpi di stato e di fomentare i disordini interni con le guarimbas assoldate e i mercenari fatti entrare clandestinamente nel paese.

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