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“Indignati” oggi in piazza anche in Italia

 

Quando gira una crisi economica globale, nessuna febbre è più contagiosa della rivolta. Pacifica, urbana, giovane, consapevole dei rischi e dei problemi. Ma rivolta. Gli studenti spagnoli all’estero hanno iniziato subito a organizzare una propria mobilitazione in appoggio ai coetanei connazionale in quel di Madrid (e altrove). E hanno trovato subito appoggi anche italiani entusiasti. Al punto da far temere un successo «eccessivo» e non non «nazionale». Di qui la richiesta avanzata da SpanishRevolution Rome: «RAGAZZI ITALIANI, questa protesta è SPAGNOLA, degli SPAGNOLI ALL’ESTERO, che vogliamo dare sostegno a quelli che stanno a Madrid e nel resto della Spagna. noi vogliamo cambiare il nostro sistema politico e per questo è stata convocata. siete benvenuti se venite a darci appoggio, ma se avete altri slogan, dovete fare la vostra protesta». Dove si vede che il globalismo della rete (e dei problemi creati dai tagli al welfare o dalla «scomparsa del futuro») ancora incontra qualche difficoltà «nazionalista» di razionalizzazione. Queste comunque le piazze giù attive (altre potrebbero aggiungersi col passare delle ore) e le relative pagine Facebook.

“Qui ci si sta organizzando per altre date: http://piratenpad.de/oprevolution. Intanto presto andrà online: italiarevolution.it.”

Roma: http://www.facebook.com/event.php?eid=200201816690771

Venerdi 20 Maggio, Piazza di Spagna 20:00

Torino: http://www.facebook.com/event.php?eid=131004580310473

Venerdi 20 Maggio, Piazza Castello 20:00

Padova: http://www.facebook.com/event.php?eid=218407484854642

Venerdi 20 Maggio, Prato della Valle 18:00

Milano: http://www.facebook.com/event.php?eid=173239149398460

Venerdi 20 Maggio, Piazza Duomo 19:30

Bologna: http://www.facebook.com/event.php?eid=103351939756452

Venerdi 20 Maggio, Piazza Nettuno 20:00

Pisa – Piazza Garibaldi

Venerdi 20 maggio, 19:30

Palermo: http://www.facebook.com/event.php?eid=202081266501333

Venerdì 20 Maggio, Teatro Massimo 20:00

Bari: https://www.facebook.com/event.php?eid=146163702122284

Venerdì 20 Maggio, Piazza Ferrarese 20:00

Napoli:

Venerdì 20 maggio, Piazza Plebiscito, ore 20

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Voci dalla Spagna in rivolta: “Vogliamo tutto, lo vogliamo adesso!”

da infoaut.org

Le mobilitazioni di massa di questo 15 maggio (15M) spagnolo hanno visto oltre 130 mila persone scendere in piazza in 60 città del paese, per esigere “un’uscita sociale dalla crisi capitalista”: più di 40mila persone hanno animato le strade di Madrid, diverse migliaia a Barcelona, e poi Malaga, Alicante, Murcia, Valencia fra le (tante) altre.

Nell’aria gli stessi slogan che riecheggiano ormai da tempo nelle piazze di tutta Europa (e oltre): “Non siamo merce nelle mani di politici e banchieri!”, “Questa crisi non la paghiamo” e “Basta corruzione, passiamo all’azione”! Voci univoche di un soggetto politico multiforme, il cui obiettivo comune sta nella critica e nell’opposizione al capitalismo e ai suoi effetti devastanti su individui e territori, così come nella denuncia della corruzione politica e nella difesa dei diritti sociali.

Lanciate dalla piattaforma politica Democracia Real Ya, nata pochi mesi fa dal coordinamento di vari gruppi e associazioni, tra cui il movimento universitario Juventud sin futuro, le manifestazioni hanno visto scendere in piazza disoccupati/e, precari/e, lavoratori e studenti, “indignat* organizzat*” in un movimento intergenerazionale e trasversale dal punto di vista sociale e politico. La piattaforma, sul cui sito è visibile un manifesto che ne espone obiettivi e prospettive, è nata come iniziativa sul web proprio dal dissenso alle “riforme antisociali” (come la recentemente approvata Legge Sinde, atta a “difendere la proprietà intellettuale” sul web) ed in contrapposizione ai modelli corrotti della classe politica e finanziaria al potere: speculatrice, totalmente cieca rispetto ai bisogni reali della popolazione e rispetto alle istanze sociali di casa, lavoro, cultura, salute, educazione.

L’imminenza delle elezioni amministrative, che il prossimo 22 maggio riguarderanno più di 8000 comuni spagnoli – e delle autonomiche, per 13 delle 17 comunità autonome – fa sì che il dissenso venga riportato con forza sulla classe politica in toto, declinando questo “Qué se vayan tod@s” in uno specifico “No les votes!” (non votarli!), un appello all’astensionismo che riunisce nello stesso disprezzo PP, PSOE e qualsiasi altro partito, perché “senza il nostro voto non sono nulla”.

“Senza casa, senza lavoro, senza pensione, senza PAURA!” è uno degli slogan più ripetuti da questo movimento, che trova le proprie fondamenta nella rete sociale allargata fra realtà molteplici, e nei social network il proprio altoparlante – Facebook e Twitter in testa. I diversi livelli di lotta e organizzazione si intrecciano, ed il seguito che gli eventi stanno avendo in rete (#spanishrevolution e #acampadasol erano Trending Topics mondiali nella giornata di ieri) viene efficacemente riportato sulla piazza a livello di partecipazione e determinazione. L’intelligenza di questo movimento sta proprio nella capacità di servirsi degli strumenti della rete sfruttandone al massimo le capacità organizzative e comunicative, unitamente al lavoro politico di (ri)costruzione di legami sociali contro l’atomizzazione delle relazioni. Ne esce riconfigurata anche la dimensione spaziale: gli spazi pubblici tornano ad essere luoghi di aggregazione, di riappropriazione e partecipazione politica.

Così la manifestazione di domenica a Madrid è spontaneamente sfociata nell’occupazione della centralissima Plaza di Puerta del Sol, dove circa un centinaio di manifestanti hanno dato vita un presidio permanente trasformandola in un luogo assembleare, con la volontà di rimanere sul posto fino alle elezioni del 22M. “Dalla Puerta del Sol si organizza la resistenza per la dignità e il diritto a decidere del nostro futuro” scrive l’utilizzatore di uno dei tanti spazi in rete che raccontano la protesta. Fra gli obiettivi primari della acampada madrilena anche la scarcerazione immediata dei 19 arrestati in seguito ai disordini della manifestazione del pomeriggio, momenti che hanno visto i manifestanti praticare blocchi stradali per le vie del centro (in zona Tirso de Molinas) e la polizia utilizzare proiettili di gomma e caricare anche i manifestanti che stavano seduti a terra sulla Gran Vìa.

Il silenzio imbarazzante dei media generalisti sugli avvenimenti viene ben compensato dalla narrazione sui social network, dove naturalmente la protesta viaggia veloce per la rete; oltre ad affollare sempre più la piazza madrilena i twitter riescono ad organizzare in tutto il paese altre “acampadas permanentes”: Barcellona, Valencia, Siviglia, Granada, Bilbao fra le altre (tutte rintracciabili su twitter tramite gli hashtag #acampadavalencia, #acampadagranada, etc).

“L’idea iniziale era concentrare il maggior numero di persone in un luogo importante della città, tenendo conto dell’efficacia che questa strategia ha avuto nelle rivolte di alcuni paesi del mondo arabo” così uno dei manifestanti madrileni, riportando all’attenzione quello che è un sentimento comune: la vicinanza e la complicità con le rivoluzioni dell’oltre Mediterraneo, ma anche con le più “modeste” mobilitazioni europee – Italia, Grecia, Portogallo le più menzionate; con un occhio di riguardo al (forse) meno conosciuto “modello islandese”.

Intanto nel pomeriggio di oggi arriva la notizia del rilascio di tutti gli arrestati, su cui pendevano le accuse di resistenza e danneggiamento durante il corteo di domenica. Dalle 12 di questa mattina un presidio formato da centinaia di persone si era riunito sotto il tribunale per chiederne l’immediata liberazione.

Nel frattempo, nonostante lo sgombero subito questa notte (fra lunedì e martedì) dall’acampada di Madrid i manifestanti rilanciano dandosi appuntamento nella stesso luogo alle 20 di questa sera, per riprendersi la piazza e ribadire la propria determinazione a proseguire la lotta, fino alla messa in atto del cambiamento. La piazza al momento è vigilata da decine di agenti, con l’ordine di impedire qualsiasi accampamento durante la nottata. “Ci hanno cacciato dalla Puerta del Sol, ma in quanto luogo pubblico, trasformato in assemblea aperta e partecipativa, continua ad essere nostra”. Mentre una rete di avvocati si è già organizzata per offrire assistenza legale a livello nazionale, resistono e si moltiplicano anche le acampadas in molte altre città della Spagna. Con un occhio al 22 maggio e uno al futuro.

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Jaleo!!! Di fronte alla convocazione della piattaforma “Democrazia Vera Subito” per il 15 maggio 2011

Le manifestazioni sono gli atti più significativi peri movimenti popolari e sociali quando vogliono rivendicare pubblicamente i propri obiettivi. E’ per questo che al momento di programmare una manifestazione dobbiamo individuare obiettivi precisi:

Vogliamo solo scendere in strada per farci vedere o vogliamo realmente che ci ascoltino?

Per questo motivo dobbiamo organizzarci di modo che, quando scendiamo in strada, sappiamo quali proposte abbiamo e dove volgiamo dirigere le nostre rivendicazioni.

Questo lavoro lo ha fatto e lo fa il sindacato indipendente e di classe andaluso dei lavoratori (SAT) e il SOC. Allo stesso modo lo ha fatto Jaleo!!!, ottenendo delle vittorie come il recente boicottaggio della campagna Juveandalus a Granada, un evento che invitava la gioventù andalusa ad arruolarsi nell’esercito. Questo lavoro è quello che ha elaborato la classe lavoratrice per più di 150 anni e le fasce popolari di tutto il mondo per costruire un mondo migliore.

Teniamo sempre presente che i diritti non sono mai stati regalati: SONO SEMPRE STATI CONQUISTATI. Non serve una manifestazione spontanea, ma abbiamo bisogno di un vero movimento popolare organizzato perché cessino gli attacchi alle fasce popolari mentre i banchieri i politici i militari e i padroni continuano ad arricchirsi di più, e mandando in miseria migliaia di persone.

Per questo appoggiamo pubblicamente le 8 rivendicazioni di “Democrazia vera subito” ma riteniamo necessario continuare con il lavoro di organizzazione per un vero e proprio movimento popolare.

Per finire dobbiamo dire chiaro e forte che non può esistere nessuna rivendicazione che accomuni destra e sinistra, visto che gli interessi sono palesemente opposti. Non possiamo considerarci “apolitici” e portare avanti rivendicazioni politiche. Non siamo di centro e non fare differenze tra destra e sinistra è pericoloso. Nella storia è già successo con i fascisti negli anni 30 e 40: Primo de Rivera, fondatore della Falange diceva: non siamo di sinistra neanche di destra, e tanto meno di centro…

Se teniamo veramente alle rivendicazioni portate avanti da questa piattaforma, non possiamo che essere di sinistra. La sinistra significa il cambiamento, la giustizia sociale, i diritti, la terra per chi la lavora…

Questo è quello che volgiamo e non lamentarci ancora!

E’ per questo e per molte altre ragioni, che come Jaleo!!! diciamo:

-di fronte al sindacalismo concertativo, dobbiamo rivendicare i sindacati di classe: e noi appoggiamo il SAT!

-di fronte ad una politica corrotta marcia e mafiosa: cerchiamo la democrazia popolare e partecipativa.

-di fronte all’istituzionalismo di questo sistema capitalista chiediamo di rafforzare le organizzazioni sociali e popolari.

-di fronte all’imperialismo non solo USA, ma anche della UE e della Spagna: rivendichiamo una Andalusia libera e una fratellanza dei popoli liberi.

-di fronte al capitalismo che ci impone il PSOE e il PP, rivendichiamo un socialismo vero, democratico e popolare

 

Giovani andalusi/e indipendentisti

Jaleo!!!

contacto@jaleoandalucia.org

www.jaleoandalucia.org/

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Dichiarazione del Comitato Esecutivo del PCPE sulle mobilitazioni iniziate il 15 Maggio

Le mobilitazioni iniziate il 15 M rispondono a una strategia di abbassamento della tensione sociale per evitare risposte con contenuto di classe.
In una fase come questa bisogna rispondere con organizzazione, organizzazione e organizzazione.

Le mobilitazioni iniziate questo 15 maggio con lo slogan “Democrazia reale ”, nascono dal livello di esasperazione di una parte importante della base sociale, di fronte alle conseguenze della crisi capitalista sulle condizioni di vita, in special modo sulla classe operaia e i settori popolari, e fra questi in particolare sulle fascie di popolazione giovane.

Il PCPE analizza questa situazione con attenzione, e produce questo comunicato con l’intenzione di far si che questo movimento –dalle origini confuse- non distragga la classe lavoratrice e blocchi il procedere del processo di confronto/scontro con le radici profonde della crisi capitalista. Lo sviluppo dei fatti  ci sembra punti a far sfogare una parte dell’esasperazione sociale, di modo che poi la situazione ritorni sotto il controllo del blocco dominante, che continuerà con le politiche antipopolari per cercare di risalire la china della crisi sistemica, mantenendo il consenso sociale che c’è stato fino ad ora.
Quando si tratta di inquadrare questo movimento, la nostra analisi mette in evidenza 3 elementi principali:
-si tratta di un movimento che colpisce la linea di sviluppo della lotta di classe;
-si tratta quindi di un movimento interclassista;
-si tratta di un movimento di chiara conformazione ideologica piccolo-borghese;

LA MARCIA INDIETRO DELL’ORGANIZZAZIONE DELLA CLASSE LAVORATRICE

La debolezza dello strumento sviluppato storicamente dalla classe lavoratrice, sotto forma di Partito Comunista, ampliamente impiantato nella società e combattivo; così come la mancanza dello sviluppo di un progetto sindacale di classe con l’appoggio ampio della classe operaia, fanno parte del terreno incolto dal quale nasce questo movimento.
La acutizzazione della lotta di classe in Spagna è un fatto oggettivo, sistematicamente nascosto dal blocco di potere. La situazione che è derivata dalla crisi va a colpire settori con buona formazione professionale e valida formazione intellettuale della classe lavoratrice; soprattutto giovani, che vedono non solo le speranze di miglioramento offerte loro dal capitalismo ampiamente disattese, ma anche il peggioramento delle proprie prospettive. Di fronte a questa situazione, e alla mancanza dell’elemento soggettivo rivoluzionario, questi settori della società cercano una via d’uscita del proprio malcontento in espressioni riformiste e piccolo borghesi, facilmente manipolabili da parte del sistema stesso per evitare l’aumento della coscienza e la possibile esplosione sociale nel segno di una trasformazione della società.
Sotto un programma di taglio riformista, che porta avanti visioni idealiste come che la crisi sia frutto in parte del cattivo funzionamento dei meccanismi “democratici” di un paese come la Spagna (del tutto assimilabile agli altri paesi UE), o dei meccanismi di “controllo finanziario”, e quindi rivendicazioni –raccolta nelle Propuestas-, che vanno dalla richiesta di buoni per le imprese che abbiamo pochi contratti a termine, l’esigenza della piena applicazione della Legge dei Contratti, la Tassa Tobin, la riforma della Legge Elettorale o l’inclusione di “meccanismi che garantiscano la democrazia interna ai partiti”, tutto questo attraverso l’utilizzo di termini come “classe politica”, che partono da una concezione distantissima dalle nostre rivendicazioni più basilari. Questo orientamento idealista e possibilista non mette per nulla in dubbio la validità del sistema capitalista, ma vorrebbe solamente riformarlo per farlo meglio
funzionare.

POSIZIONI CONTRO L’ORGANIZZAZIONE COMBATTIVA DELLA CLASSE LAVORATRICE

Queste rivendicazioni riformiste, sottoscritte tranquillamente da Izquierda Unida e dal Partito Comunista di Spagna nella loro logica di andare verso un capitalismo dal volto umano (a volte dicono addirittura “socialismo”), “attraverso l’ampiamento della democrazia”, si uniscono a una serie di posizioni apertamente volti a minare l’organizzazione del movimento operaio: il Partito e il Sindacato. Approfittando della cattiva immagine dei partiti borghesi (anche se, ad esempio nel Paese Valenciano, tutte le statistiche pronosticano una vittoria schiacciante del CAMPS pur con tutti i casi accertati di corruzione) e i sindacati maggioritari, si fa tabula rasa e si stende sul tavolo un discorso antipartito e antisindacato, che recuperano le posizioni più sinistre relative alla non necessità di organicità, di strutture e che parlano di organizzazione “orizzontale” attraverso le “reti sociali”.
La militanza comunista ha abbastanza esperienza accumulata, attraverso decenni di lotta, da sapere perfettamente che le idee non vivono senza organizzazione, e soprattutto le colorate idee di un movimento che dice voler affrontare faccia a faccia il potere costituito; ogni volta ci si dota di armi più sofisticate per impedire ogni possibile eruzione senza controllo in momenti di tensione simile a quello odierno.
Sappiamo anche che i discorsi che parlano di “inorganicità” sono pensati per togliere prestigio e mettere all’angolo la possibile influenza dei Partiti Comunisti, dando credito allo spontaneismo, al movimentismo e all’orizzontalismo, elementi che si dimostrano sempre falsi nella pratica e molto utili a determinati settori sinistri. Nel concreto, ogni militante comunista con una certa esperienza in “ambiti unitari”, ha subito simili esperienze e sa dove portano: impossibilità della proposta di un discorso ideologico comunista, manipolazione delle assemblee, etc. In questo caso, l’utilizzo delle cosiddette “reti sociali” è un elemento che trae in inganno ed è utile a determinati settori interessati nel togliere prestigio e credibilità alle forme di organizzazioni della classe operaia.

CONTINUARE CON L’ORGANIZZAZIONE DELLA CLASSE OPERAIA

Noi che militiamo per la rivoluzione non possiamo dare copertura, diretta o indiretta, a posizioni che attaccano direttamente l’essenza del partito leninista di nuovo tipo. Anche se ci saranno altri posizionamenti ideologici che –addirittura proclamandosi eredi di Lenin-, si lecchino i baffi alla vista di quell’elemento.
D’altra parte, il PCPE non assume le posizioni di stampo postmoderno sulla fine della classe lavoratrice e la sua disgregazione in distinti settori: precari, sub salariati, disoccupati. Queste posizioni tendono a dividere la classe lavoratrice e facilitano il lavoro degli elementi più reazionari, facilitando a sua volta le posizioni che vogliono separare i “lavoratori privilegiati” e i “lavoratori non privilegiati” su due fronti nemici. Il grado di sfruttamento della classe lavoratrice non si definisce unicamente in base alla propria remunerazione salariale o al tipo di contratto, ma in base alla sua posizione di schiavitù nella catena di estrazione del plusvalore da parte della borghesia.
Tutti gli indizi fanno intendere che questo tipo di movimenti –che approfittano della situazione oggettiva di frustrazione sociale che colpisce ampi settori della classe e del popolo-, servono come valvola di sfogo in un momento nel quale le conseguenze della crisi capitalista stanno diventando visibili per ampi settori della classe lavoratrice, e condivisi anche da settori della piccola borghesia che si vedono destinati alla proletarizzazione. Il compito dei comunisti in questo caso non può essere quello di rafforzare gli strumenti di questi movimenti ne quello di accodarsi ciecamente a qualunque movimento, ma di portare affondo l’offensiva ideologica e dedicare lavoro pratico all’irrobustimento del Partito Comunista come referente della classe lavoratrice organizzata e cosciente del proprio ruolo rivoluzionario. Se non si lavora su questa linea, per di più frutto di un dibattito realizzato nel nostro 9° Congresso, si perde l’orientamento
delle condizioni concrete nelle quali si sviluppa la lotta di classe nel nostro paese, e come incanalarla verso il superamento delle limitazioni della classe operaia a rispondere alla situazione.
Il PCPE denuncia la posizione delle organizzazioni riformiste che, carenti di ogni tipo di criterio scientifico, si sommano in maniera opportunista a questo processo. Allo stesso tempo, questo movimento è appoggiato da settori imprenditoriali di estrema destra. Questa assoluta confusione ideologica è totalmente inutile e condannata alla scomparsa una volta passato l’attacco di febbre momentaneo.
Un elemento che aumenta ancor più la nostra incredulità di fronte a questo processo è l’ampio eco mediatico che sta avendo. Siamo sorpresi, vista l’abituale attitudine dei mezzi di comunicazione ufficiali di fronte alle mobilitazioni e alle manifestazioni che contestano il sistema. Si tratta di un movimento che va molto bene al potere in questo momento nel quale esiste un rifiuto dei partiti e dei sindacati, perché permette di rompere la spina dorsale del movimento operaio. Questo movimento sta attraendo settori che fino ad oggi non si erano mobilizzati di fronte a nessuno degli attacchi verso la classe operaia e che, di fronte all’evidente stanchezza che porterà questa mobilitazione, finiranno per tornare a casa con una soggettività disfattista e refrattaria all’organicità.

CONTINUEREMO A LAVORARE PER COSTRUIRE UN FORTE REFERENTE DI CLASSE CHE RAPPRESENTI LO SCONTENTO SOCIALE

È inevitabile che i militanti comunisti si confrontino ideologicamente con questo tipo di processi. Il Partito Comunista non può essere parte attiva della diffusione di un messaggio che attenta alla sua stessa natura, ne essere vittima di febbri momentanee condensate dalla sconfitta e con orientamento riformista. La nostra militanza non darà forza a quel orientamento politico.
I militanti del Partito –intervenendo ai margini di questo movimento- deve avere la capacità di diventare referente di chi, con buona volontà, partecipa a queste iniziative credendo che lo porteranno a posizioni di lotta nel proprio interesse di classe; ma in nessun caso deve dare credito a questo movimento. Un processo di elevazione della coscienza di classe passa sempre attraverso iniziative transitorie che distraggono dalla corretta linee frazioni della classe in cerca di risposte alle proprie inquietudini; se il Partito è in grado di localizzare a queste frazioni della classe, e stabilirvi delle interlocuzioni, potrà intervenire per portarle su posizioni rivoluzionarie.
Difenderemo sempre l’azione autonoma del Partito cercando l’irrobustimento delle correnti rivoluzionari del movimento operaio. La borghesia, con le sue arguzie, non impedirà che la classe lavoratrice spagnola avanzi verso posizioni rivoluzionarie e verso la ricerca di una via d’uscita socialista rivoluzionaria all’attuale crisi strutturale del sistema capitalista.

Madrid 19 di maggio del 2011-05-19

Comitato Esecutivo PCPE

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