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Pensioni da fame. E in futuro sarà peggio

 E il futuro sarà peggiore
Conti dell’istituto ancora in attivo. Le donne le più colpite. Giovani senza futuro

 

Il sistema previdenziale è in equilibrio e le pensioni delle giovani generazioni non sono a rischio: parola di Antonio Mastrapasqua. Ma nel Rapporto annuale presentato ieri dal presidente dell’Inps c’è la conferma che l’equilibrio non si coniuga con l’equità e che milioni di persone sono a rischio di povertà: oltre la metà delle pensioni (il 50,8%) erogate dall’Inps, infatti, non arriva a 500 euro al mese. La quota sale al 79% se si considera la soglia dei 1.000 euro lordi mensili. Al di sopra di questa cifra c’è un 11,1% che incassa tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili e al top un 9,9% il cui assegno mensile supera i 1.500 euro.
Come al solito a stare peggio è la popolazione femminile in generale con pochi anni di lavoro e retribuzioni mediamente più basse di quelle maschili. I dati Inps, infatti, segnalano che per quanto riguarda le pensioni da 500 a 1.000 euro mensili, continuano a prevalere le pensioni femminili con il 30,5% rispetto al 24,9% delle pensioni maschili. Ovviamente tutta altra musica per le pensioni di importo più elevato: le pensioni dei titolari maschi presentano pesi percentuali nettamente più significativi: il 18,9% tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili (contro il 5,6% per le donne) e il 20,2% con importi superiori ai 1.500 euro mensili a fronte di appena il 2,6% per le pensioni erogate alle donne.
Dai numeri del rapporto emerge una crescita del 73% per quanto riguarda le pensioni di anzianità per le quali lo scorso anno sono stati liquidati 174.729 trattamenti a fronte dei 100.880 registrati nel 2009. La causa di questa esplosione delle pensioni di anzianità è semplice: la crescita ha seguito un anno, il 2009, nel quale a causa del passaggio dei requisiti da 58 a 59 anni a fronte di 35 di contributi il numero di pensioni di anzianità era stato molto basso. In pratica nel 2010 si è recuperato il «blocco» del 2009. Per quest’anno, invece, in presenza di un nuovo «scalino» con l’elevazione da 59 a 60 anni dell’età minima, ma anche per l’entrata in vigore della finestra mobile l’Inps prevede una nuova flessione. Secondo il governo, l’età di pensionamento per anzianità deve seguitare a salire anche se lo scorso anno l’età media dei nuovi pensionati è salita a 58,3 anni per i lavoratori dipendenti e a 59,1 per gli autonomi.
Accanto ai numeri più significati del Rapporto, da segnalare la dichiarazione di Mastropasqua secondo il quale «l’equilibrio e la stabilità raggiunte dal sistema non sono stati conseguiti a scapito delle giovani generazioni. La pensione ci sarà – ha sostenuto – anche per i giovani. Ma la qualità della loro pensione di domani si costruisce oggi, agganciata sempre più al destino del sistema paese». Ma anche il presidente dell’Inps ha lanciato un grido di allarme: la crescita economica è troppo bassa e in queste condizioni le pensioni future non saranno un granché. Mastropasqua ha anche lanciato un secondo messaggio: è necessario ribadire ai giovani e ai meno giovani che bisogna lavorare più a lungo e andare in pensione più tardi. Come ha specificato, la fuga dal lavoro è un approccio incompatibile con l’allungamento dell’età anagrafica. Poi ha aggiunto: «non è mai troppo presto per pensare alla pensione ma non è mai troppo tardi per lasciare il lavoro, anche quando è discontinuo e flessibile». Insomma, accontentatevi di bassi salari perché quando andrete in pensione starete ancora peggio. Non a caso il ministro del lavoro Maurizio Sacconi, intervenendo alla Relazione annuale della Covip, la Commissione di vigilanza sui Fondi pensione, che pure si è svolta ieri, ha sottolineato che «è sempre più importante, se non necessaria, per le giovani generazioni» la costruzione di una pensione integrativa. Ma ha evitato di spiegare come milioni di giovani possano costruirsela con gli stipendi di fame attualmente pagati.
Infine, dal Rapporto Inps emerge che nel 2010 sono cresciuti del 2,9% gli assegni di invalidità civile e complessivamente la spesa «in termini di pensioni, assegni e indennità» è stata «pari a 16,570 miliardi di euro» lo 0,7% in più dell’anno precedente.
Da il manifesto del 26 maggio 2011

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