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Confindustria: contratti aziendali invece del nazionale

“Le scelte di Confindustria sono ispirate all’unico criterio di creare le migliori condizioni perché le aziende possano essere competitive oggi, nell’attuale contesto globale. Per questo nel 2009 abbiamo firmato il Protocollo sui livelli contrattuali al costo di una non facile rottura con la Cgil. Per questo diciamo da tempo che laddove, come nel caso della Fiat, vi sia un contratto aziendale che ha il consenso della maggioranza dei lavoratori, tale contratto deve essere considerato valido per tutti e deve poter sostituire il Ccnl”.

“Condividiamo pienamente la richiesta di Fiat di avere un sistema in cui i contratti stipulati con una maggioranza dei lavoratori siano pienamente vincolanti per tutte le organizzazioni presenti in azienda. Come noto, siamo anzi pronti a definire un accordo in questo senso con le organizzazioni sindacali che possa essere poi recepito dal legislatore. Sarebbe un passaggio importante nella modernizzazione delle relazioni industriali, cui contiamo di lavorare in piena sintonia con Fiat”, aggiunge il vice presidente.

“Alla luce di queste considerazioni, riteniamo che l’appartenenza a Confindustria non indebolisca Fiat, anzi la rafforzi. Non vediamo controindicazioni, nè sul piano delle strategie di fondo nè sotto il profilo strettamente tecnico-giuridico. Al riguardo, facciamo notare che la Fiat, come qualunque altra azienda, può essere associata a Confindustria pur avendo un proprio contratto aziendale sostitutivo rispetto al Contratto collettivo nazionale di lavoro. Non lo impedisce nessuna regola interna al sistema Confindustria. Nè lo può impedire – conclude Bombassei – la legge o la giurisprudenza, dal momento che Confindustria è un’associazione del tutto volontaria”.

Immediata anche la risposta del principale competitor della Fiat in questa stagione, Maurizio Lndini, segretario generale della Fiom, quasi ogni giorno in contrasto di linea con il nuovo segretario generale della Chil, Susanna Camusso (a suo tempo allontanata proprio dalla Fiom durante una trattativa con la Fiat, considerata dall’allora segretario Sabattini tutt’altro che gestita nell’interesse dei lavoratori). “Confindustria finalmente getta le maschera: vuole cancellare i contratti nazionali nel nostro paese, e chiede una legge per permettere ad un’azienda di farlo. Vuole insomma un regolamento delle libertà”,
“Bombassei sta offrendo a Marchionne una cosa che sa che non vale, e chiede addirittura una legge che ora non esiste. Quindi chiede in sostanza di non rispettare le leggi attuali”. “Se Bombassei pensa che ognuno può fare come gli pare, mi sembra che vada contro gli interessi degli associati di Confindustria e anche contro gli interessi del Paese”. Più probabile, a nostro modesto avviso, che vada contro gli interessi del paese e a favore di quelli degli imprenditori. Ma capiamo le ragioni della retorica davanti ai microfoni dei media mainstream, ovvero la necessità di scavare un contraddizione nel campo avversario, per quanto piccola sia.

Tuttavia, se anche è verissimo che tutta Confindustria, e soprattuto la sua la “metalmeccanica” (Federmeccanica) sta soffrendo da un anno le forzature di Marchionne, sembra proprio che la linea scelta, alla fin fine, sia quella di “massimizzare il vantaggio” che il panzer Fiat ha creato sfondando le trincee della difesa del contratto nazionale. E quindi di lasciare che la Fiat applichi il contratto che vuole, pur essendo le imprese non multinazionali italiane più disponibili ad adottare la contrattazione nazionale come prevalente. Naturalmente, al prezzo di un drastico impoverimento…

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