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L’incredibile Fiat: ricatto o fuga

L’articolo che proponiamo qui di seguito, preso da “il manifesto” di oggi, ci sembra decisamente esplicativo.

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Da Grugliasco a Termini, ricatto e fuga

Francesco Piccioni

C’è una multinazionale che da un anno e mezzo gira per i propri stabilimenti italiani con una sola frase in bocca: «o si fa come dico io, e voglio da voi garanzie certe, oppure me ne vado». Si chiama Fiat, è sorta qui ed è stata nutrita con soldi pubblici e reti autostradali per un secolo. Ma ora ha la testa altrove…

Quello che sta accadendo nella trattative sulla ex Bertone di Grugliasco segue questo schema con qualche novità. Formalmente il Lingotto conferma di voler fare l’investimento molte volte promesso – costruire qui due modelli della Maserati (la Bertone era una famosa «carrozzeria» per auto sportive, con manodopera di alta professionalità), ma ad ogni step chiede una «garanzia» superiore, ben sapendo di star chiedendo l’impossibile. «Altrimenti…», senza doverlo ripetere sempe, è pronta ad andarsene.
Qui ha imposto, come a Pomigliano e Mirafiori, il «referendum-ricatto». Lo stabilimento – con gli addetti da anni in cassa integrazione – è a stragrande maggioranza sindacalizzato con la Fiom. E proprio qui la scelta sul «voto» è stata lacerante. Alla fine le Rsu hanno dato indicazione per il «sì», con la morte nel cuore, e subito dopo si son dimesse. Ma la Fiat – cone la complicità diretta degli assolutamente minoritari Fim, Uilm e Fismic, impedisce che si voti per il rinnovo delle rappresentanze. Il «modello Pomigliano», infatti, prevede solo Rsa nominate dai sindacati firmatari. E la Fiom non ha firmato il «contratto aziendale».
Non basta nemmeno questo, però. Nell’incontro di ieri ha posto una nuova condizione: «la Fiom firmi l’accordo, altrimenti…». Al niet scontato dei metalmeccanici di Landini, i dirigenti della Fiat hanno posto una subordinata: «la Fiom rinunci ad adire alle vie legali», ovvero a chiedere al giudice che vengano rispettati contratti nazionali e leggi dello Stato. Al nuovo «no» ha chiesto addirittura che i delegati Fiom presenti si dichiarassero disposti, anche solo a voce, a rinunciare alle cause. «Altrimenti…».
Interruzione della discussione e aggiornamento a mercoledì (si è all’interno di una procedura di cassa integrazione).
Intanto, a Pomigliano, i delegati Fiom hanno preparato un «libro bianco» per raccontare «gli episodi di discriminazione e la violazione dei diritti degli operai della Fiat, da inviare alla Procura della Repubblica». «Dopo la sentenza di condanna della Fiat per atteggiamento antisindacale – spiegano – non permetteremo che l’azienda si vendichi discriminando i nostri iscritti, utilizzando la paura dei lavoratori di non essere richiamati in fabbrica come arma di ricatto». Si faranno sentire anche in occsione dellafesta di inaugurazione della nuova Panda, in cui è prevista la presenza anche di Giorgio Napolitano.
Ma la panoramica italiana non sarebbe completa se non parlassimo di termini Imerese. A un passo dall’ultimo appuntamento prima della chiusura, Fiat ha buttato sul piatto l’ennesima piccola provocazione. Ha annunciato che il lavoro nello stabilimento palermitano terminerà il 23 novembre. Da quella data in poi solo cassa integrazione. Il rientro in fabbrica è previsto per oggi, la produzione andrà avanti per altri 4 giorni, fino a mercoledì. Poi lo stop alle linee su cui viene assemblata la Lancia Ypsilon.
Per la Fiom «è un modo per mettere pressione proprio in vista della riunione ministeriale di mercoledì». «Andremo all’incontro al ministero sapendo che tra dieci giorni la Fiat chiuderà per sempre – conclude Roberto Mastrosimone, segretario provinciale e dipendente Fiat – e senza un ministro, dunque senza la presenza politica». In qualche modo, precisa Enzo Masini, responsabile nazionale del settore auto per la Fiom, «si sapeva, ma non è che Fiat possa solo annunciare la chiusura, ci sono ancora problemi di cui porta appieno la responsabilità».
A Termini c’è infatti in ballo la reindustrializzazione del sito produttivo, con l’impegno della Regione e di Invitalia, quindi del governo. C’è la Dr del costruttore Di Risio (che già assembla auto cinesi in Molise) pronta a subentrare. Ma è una società che sta tentando il «salto di dimensione», quindi potenzialmente ancora fragile. Nel suo piano ha dichiarato di esser disposta ad assumere 1.311 degli oltre 1.600 dipendenti Fiat attuali, ma la Fiom chiede la certezza che ciò avvenga prima della conclusione del periodo di avvio (24 mesi). Se Fiat lascerà lo stabilimento in «uso gratuito» al subentrante, ci sarà una facilitazione. Così come se discuterà della mobilità incentivata dopo la cig (che permetterebbe a una parte dei dipendenti di arrivare all’età pensionabile). Dettagli, piccoli scogli, minuzie per una multinazionale. Ma che vengono sfruttate, anche qui, per imporre diktat e «far capire chi comanda».

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