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Accordo su Termini. Fiat tirchia, ma cede

La Fiat voleva sganciare molto, ma molto meno, di quanto non avesse mai fatto in tutte le altre occasioni dello stesso genere. E nemmeno mediare. Però ha dovuto mollare quei maledetti 5 milioni in più (ridicolo che un’azienda di questa dimensioni posa considerare 5 milioni una cifra su cui impuntarsi…), facendo per questo scomdare anche l’ex banchiere “vicino di casa” (IntesaSanPaolo risulta dalla fusione anche della “banca di famiglia”, l’ex San Paolo di Torino) e ora ministro, Corrado Passera.

Un modo per ribadire “chi comanda” e far diventare il modesto impegno finaziario per incentivare la “mobilità lunga” (per quei lavoratori troppo giovani per arrivare all’età pensionabile, troppo anziani per rientrare nei piani di assunzione del subentrante) quasi un proprio gesto di “liberalità”, anziché un obbligo contrattuale.

Ha dovuto cedere e questo è un bene. Ha ceduto a metà, e questo non va bene.

 

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Intesa a Termini, così Fiat
Francesco Paternò
Buona la prima, per il governo e la sua mediazione, pessima l’ultima della Fiat, che ha chiuso la vertenza per Termini Imerese mettendo meno soldi per la mobilità dei lavoratori, come non ha mai fatto in precedenza. L’accordo verrà firmato giovedì 1 dicembre e aprirà contestualmente la strada all’acquisizione della ormai ex fabbrica della Fiat da parte della molisana Dr Motor. Un futuro tutto da scrivere e con non poche incertezze sull’impegno del prossimo proprietario, ma che oggi dà almeno una speranza a circa 2.000 lavoratori dello stabilimento siciliano e del suo indotto.
«L’integrazione dell’assegno di mobilità uguale per tutti e la mediazione del governo sono stati possibili soltanto grazie ai presidi dei lavoratori e delle lavoratrici di Termini», ci dice Maurizio Landini, segretario generale della Fiom. «La Fiat ha perso l’occasione per giocare un ruolo di responsabilità sociale come avrebbe dovuto. C’è stata una diversità, invece, in questo governo, che ha fatto una mediazione importante. Il precedente stava con la Fiat ogni volta che si presentava alla trattativa».
La bozza di intesa, da mettere nero su bianco in tempo per giovedì prossimo, è arrivata ieri pomeriggio al ministero per lo Sviluppo dopo oltre quattro ore di trattative fra governo e azienda per i soldi da mettere sul tavolo per accompagnare tutti i circa 640 lavoratori alla pensione. La prima reazione in Sicilia è stata la fine del blocco della fabbrica da parte dei lavoratori, che per due giorni hanno impedito alle ultime Lancia Ypsilon di prendere la via del mercato, in attesa di un accordo romano.
All’intesa, mancavano 6 milioni di euro per coprire gli assegni integrativi di circa 200 lavoratori, che, in mancanza degli incentivi, non si sarebbero dimessi e dunque non avrebbero permesso a Dr Motor di subentrare alla Fiat. Il Lingotto ha tenuto il piede sul freno fino a due giorni fa, quando il neoministro per lo Sviluppo Corrado Passera, pare con una telefonata all’amministratore delegato Sergio Marchionne, ha convinto l’azienda a sganciare il resto. Dopo un anno e mezzo di trattative estenuanti, l’esordio di Passera è sicuramente un buon segno, considerando anche lo zero del governo precedente, da Claudio Scajola prima dello scandalo-casa in regalo, al successore Paolo Romani, per non dire del titolare del lavoro Maurizio Sacconi. Ma gli effetti positivi del filo diretto tra l’esecutivo Monti e Marchionne rischiano di finire qui, perché la Fiat ha deciso di tirare dritto con la disdetta unilaterale dei contratti. Un argomento su cui il governo ha detto per ora poco e nulla.
Il problema è il comportamento dell’azienda, che anche attraverso la fase finale di questa trattativa ha mandato messaggi di guerra. Chiusa la fabbrica senza appello, ha chiuso l’intesa concedendo incentivi per la mobilità appena superiori all’80 per cento – e non il 100% – del suo tabellario interno. Non era mai successo prima nella storia delle relazioni sindacali del Lingotto, nemmeno nella recente chiusura della fabbrica Cnh (trattori) di Imola. Un segnale che fa pensare male per il futuro prossimo, anche alla luce della crisi dei mercati italiano ed europei dell’auto per il 2012.
Per la riqualificazione di Termini Imerese, la palla passa ora a Dr Motor che, in base agli accordi, «assumerà gli altri lavoratori della fabbrica», ha confermato ieri l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, advisor del ministero per l’operazione. Cui Landini chiede, insieme alla Regione Sicilia, «un controllo sulla gestione e sull’applicazione» dell’impegno di Dr Motor.

da “il manifesto”

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